Aumentano i suicidi tra i giovani
Circa tre milioni di italiani, cioè il 5% circa della popolazione, vive una condizione di disagio psicologico che si chiama depressione. Un dato impressionante. Quando gli italiani hanno ritirato dai balconi le lenzuola con la dicitura “andrà tutto bene”, finita la pandemia, le cose sono andate peggio. La depressione, pur latente, ha raggiunto molti più individui. Fino a raggiungere la quota appena definita. Se la percentuale di italiani depressi può apparire allarmante, un altro dato, espresso in termini assoluti lo è sicuramente molto di più. Nella fascia che va dall’adolescenza fino ai venticinque anni di età, dopo gli incidenti stradali purtroppo estremamente comuni tra adolescenti e ragazzi poco accorti in strada, la seconda causa di decesso è il suicidio. I nostri ragazzi, ancor prima di diventare adulti compiono l’estremo gesto rinunciando alla vita.
Il nemico invisibile
L’Italia è un paese abituato a stare nella parte alta delle classifiche internazionali per molti aspetti, nel più dei casi forse aspetti negativi, ma non è, storicamente, un paese di insofferenza cronica e depressione con dati record sui suicidi. Quei primati, il bel paese, li ha sempre lasciati ad altre bandiere. Oggi però ci troviamo a prendere atto di una condizione diffusa di disagio psicologico anche sotto il cielo splendente dello stivale. Un disagio psicologico infido, che prende per mano le persone e le conduce ad un insano gesto che, in molti casi, lascia esterrefatti famigliari, amici e conoscenti. Striscia sotto una condizione di apparente normalità, senza farsi identificare e senza lasciare avvicinare nessuno che possa fare una diagnosi e proporre un aiuto.
Lo stigma del disturbo di salute mentale
Tra l’infimo stato di depressione e le riconosciute disabilità psichiche con quadro clinico chiaro ed accertato dal servizio sanitario, in quei contesti in cui a soffrire in particolare e razionale maniera sono le famiglie, come la schizofrenia ed altre patologie, c’è un lungo elenco di disturbi poco conosciuti o rigettati per uno stigma in Sicilia molto più forte che in altre regioni italiane. Ci si vergogna, di sé o del familiare, si pensa di poterne uscire da soli, senza sostegno alcuno, si temono conseguenze professionali o affettive, ci si incammina da soli verso un baratro. In Sicilia, non senza difficoltà ed a cavallo tra due legislature, un disegno di legge ha trovato l’approvazione dell’Assemblea regionale: lo psicologo di base.
Nuovi strumenti in Sicilia, ma da implementare o ancora da attuare
Un medico, come l’istituzionale medico di base cui chiedere aiuto per un mal di pancia o un virus, cui potersi rivolgere per uno stato di disagio psicologico. Il Ddl che ha introdotto lo psicologo di base è stato firmato, seguito, spinto fino alla votazione finale da Marianna Caronia, oggi come nella scorsa legislatura deputato dell’Ars. Appena qualche settimana addietro è stato invece approvato in Sicilia il Ddl per il contrasto al fenomeno delle dipendenze patologiche da sostanze stupefacenti con cui la Sicilia, prima regione in Italia, mette in campo l’obbligo di riconoscere e contrastare la crescente diffusione di crack. Primo firmatario del Ddl il deputato Ismaele La Vardera.
Uno strumento previsto dal regolamento dell’Ars segna un nuovo corso politico regionale
Il regolamento dell’Assemblea regionale siciliana consente ai parlamentari uno strumento di lavoro definito “intergruppo parlamentare”. Meraviglie, talvolta sconosciute, del nostro ordinamento. L’intergruppo è stato usato già in questa legislatura nel caso del Ddl per il contrasto al crack. I parlamentari che hanno aderito al progetto di lavoro hanno operato trasversalmente per competenze, commissioni parlamentari, partiti. L’intergruppo infatti è “trans partitico”. In altre parole, non importa l’appartenenza al gruppo di partito ma al gruppo di lavoro per il raggiungimento dell’obiettivo. Già nel gruppo interparlamentare per il contrasto al crack, sulle dipendenze patologiche, avevano preso parte La Vardera, al tempo del gruppo Sud chiama Nord, Valentina Chinnici del PD, Roberta Schillaci del M5S ed altri deputati senza vincoli di vessillo.
Uniti da sensibilità senza limiti di partito politico
Nella sala Pio La Torre di Palazzo dei Normanni, detta Sala Rossa, ieri è stato presentato nel contesto di una assemblea civica un nuovo gruppo di lavoro interparlamentare. A costituirlo sono sette parlamentari non nuovi a questo genere di trasversale collaborazione per obiettivi. Si tratta di Valentina Chinnici del Partito Democratico, Roberta Schillaci del Movimento 5 Stelle, Maria Anna Caronia della Lega, Ismaele La Vardera oggi al gruppo Misto, Ersilia Saverino del Partito Democratico, Carlo Gilistro del M5S e Vincenzo Figuccia della Lega.
L’obiettivo, per questo gruppo trasversale in seno all’Ars, è un intervento in materia di salute mentale. La presentazione del gruppo è infatti avvenuta in assemblea civica e non in conferenza stampa, perché la prima sessione di lavoro dei parlamentari è stata una raccolta di informazioni provenienti da medici, associazioni, famiglie ed altri attori del mondo della salute mentale che possono fornire informazioni chiare su cosa serve e cosa non funziona.
Gli obiettivi primari dell’intergruppo e quelle voci inascoltate delle famiglie
“L’intergruppo parlamentare sulla salute mentale ha come primo obiettivo quello di portare la voce delle associazioni, delle famiglie, dei familiari che vivono in un contesto di solitudine spesso enorme, perché intorno alla salute mentale sappiamo che spesso c’è uno stigma che coinvolge anche le famiglie, e portare tutte le istanze di associazioni e familiari nei luoghi e nei luoghi dove si decidono le politiche per la salute mentale”. Lo ha spiegato ieri la deputata Valentina Chinnici al Quotidiano di Sicilia che ha seguito l’avvio dei lavori del nuovo gruppo. “Ci sta molto a cuore soprattutto l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità mentale – prosegue Chinnici – perché su questo siamo ancora molto, troppo arretrati”.
Il budget di salute, questo sconosciuto
“L’obiettivo dell’intergruppo è quello di dare delle risposte a dei bisogni che sono sempre crescenti”, ha affermato Roberta Schillaci. “Tre milioni di italiani sono in depressione e il 17%, media nazionale che vale anche per la Sicilia, ha problemi di salute mentale”, ricorda la deputata spiegando che l’obiettivo principale è “quello di creare intanto un tavolo tecnico sinergico tra i vari assessorati, che in maniera frammentaria danno delle risposte”.
In effetti, sotto certi aspetti, la Sicilia è una regione anomala in cui ci sono le armi – che non ci sono in altre regioni – ma mancano le truppe e talvolta la volontà di far funzionare le cose è carente. Ne è esempio il budget di salute mentale. Uno strumento tarato su quattro obiettivi primari – migliorare la salute psichica; contrastare l’istituzionalizzazione; migliorare il funzionamento psico-sociale; favorire l’inclusione della persona e la sua partecipazione attiva alla comunità – introdotto in Sicilia con la legge regionale 17 del 16 ottobre 2019.
La ineludibile necessità di “sopperire alla inefficienza delle istituzioni”
Marianna Caronia, deputata e membro della II commissione bilancio, questo lo sa bene ed è conscia della necessità di ampliare le risorse per la salute mentale in Sicilia. Un primo obiettivo, raggiungibile nel breve-medio termine di cui Caronia vuole assumersi l’impegno, vorrebbe essere uno stanziamento di risorse finanziarie per ulteriori quindici milioni di euro rispetto agli attuali sette milioni circa che devono coprire l’istituzione dello psicologo di base. Mentre sul budget di salute il meccanismo è diverso e prevede direttamente una quota dei bilanci delle ASP, pari allo 0,2%, obbligatoriamente destinati al budget di salute. L’obiettivo del gruppo, ha precisato Roberta Schillaci, è di “fare sinergia e cumulare le risorse per dare degli strumenti adeguati alle famiglie che negli anni sono state sempre più abbandonate” mentre le associazioni cercavano “di sopperire alla inefficienza delle istituzioni”.
Servono fondi, personale medico e superare lo stigma
“Io mi batterò perché venga rimpinguato il fondo, perché ci possa essere davvero una copertura del territorio maggiore rispetto a quella che inizialmente è stata prevista”, ha dichiarato al QdS Marianna Caronia che pone poi l’attenzione sulle donne “che partoriscono in una situazione di grande dolore e disagio, per la morte prematura del loro nascituro, che porta ad un numero altissimo di suicidi”. Caronia ricorda che appunto il 15 ottobre è la Giornata mondiale del BabyLoss, a dimostrazione del fatto che il fenomeno è diffuso e riconosciuto su scala globale ma forse troppo poco attenzionato in Sicilia. “Quindi – prosegue Marianna Caronia – è chiaro che le esigenze legate alla salute mentale sono talmente variegate e così ampie che necessitano di approfondimento su vari campi”. Per questo la deputata sostiene con determinazione l’importanza dello psicologo di base, che possa attenzionare la salute mentale tanto quanto un medico generico attenziona la salute fisica.
Il disastro del servizio sanitario e le figure professionali che non ci sono
“Chiaro, sotto gli occhi di tutti, che il nostro modello organizzativo regionale non funziona ed ha tante criticità”, ci dice Ersilia Saverino. “Alcune noi le conosciamo, le dobbiamo approfondire, perché è normale che parlare e confrontarsi significa anche questo”, prosegue la deputata spiegando che “oggi abbiamo chiuso un punto sul budget di salute e su questa difficoltà nel riconoscere la multiprofessionalità; perché il nostro piano strategico della Regione Siciliana prevede una multiprofessionalità, cioè la reale presa in carico di un soggetto con disturbi psichici deve prevedere la multiprofessionalità”. Nella suddetta multiprofessionalità ci sono varie figure professionali che in teoria dipingono un sistema sanitario evoluto ed efficiente, ma che di fatto scarseggia proprio a causa di una importante carenza di personale. Dal 20% di medici psichiatri mancanti in pianta organica, passando per infermieri ed altre figure specializzate fino ad arrivare al mediatore culturale dovrebbe essere presente nelle strutture sanitaria, tenuto conto che in Sicilia al primo gennaio 2022 risultano censiti 184.000 stranieri residenti, pari al 3,7% della popolazione.
Salute mentale, dipendenze patologiche, smartphone: il triangolo delle Bermuda sociale
Tra i costituenti del gruppo interparlamentare c’è anche Carlo Gilistro, medico pediatra, autore e promotore del disegno di legge regionale sulla regolamentazione dei dispositivi elettronici – quali smartphone ed altri di pare genere – in uso ai bambini. “Regolamentare l’uso dei dispositivi digitali per i bambini è fondamentale, perché permette di andare alle origini dei problemi”. Il deputato e pediatra ritiene infatti che “la maggior parte dei problemi comportamentali, mentali, alimentari, aggressioni, ansie, rischio suicidario, può provenire anche dall’utilizzo smodato di queste apparecchiature”. Il Quotidiano di Sicilia, in una inchiesta condotta nel corso di questo mese e pubblicata il 16 ottobre, aveva già riscontrato una correlazione tra l’uso improprio dei dispositivi come gli smartphone da parte dei bambini e la “educazione alla dipendenza patologica” di essi, predisposti in tal modo già in tenera età all’utilizzo di strumenti di evasione dalle frustrazioni che poi si possono cambiare con sostanze stupefacenti, che a loro volta possono acuire una condizione di disagio psicologico, di inadeguatezza, di paura del confronto con la vita, e condurre appunto alla seconda causa di decessi nei giovani: il suicidio.
La speranza di bissare un successo votato all’unanimità
Su certi temi la Sicilia è tristemente arretrata. Soprattutto, già ampiamente dimostrato anche dal Quotidiano di Sicilia, sui livelli essenziali di assistenza. Su altri, in questa bizzarra terra, pare avanguardia pura. La Trinacria è variegata ed estrema come la sua tavolozza colori. Sul fronte del contrasto al crack, e più in generale alle dipendenze patologiche, la Regione Siciliana ha messo la freccia sorpassando tutte le altre regioni italiane. La legge varata dall’Ars il 25 settembre ha infatti imposto l’obbligo di interazione tra assessorati per strutturare una rete di prevenzione, sostegno e cura dei soggetti con dipendenze patologiche, e per istruire questo sistema che coinvolge tre assessorati e istituzioni di vario titolo, in prima sede sono stati stanziati già 11,2 milioni di euro. Uno dei protagonisti della spinta iniziale, che ha poi prodotto il Ddl approvato all’unanimità in Sala d’Ercole, è il deputato Ismaele La Vardera, che ha lavorato insieme ad un intergruppo parlamentare con colleghi parlamentari – di altri partiti – adesso impegnati sulla salute mentale.
La best practice trasversale dell’interguppo trans partitico all’Ars
“L’intergruppo si sta rivelando una delle risorse di questo parlamento, utilizzato dai deputati, e sono contento che l’intergruppo sul crack ha dato vita poi anche ad ulteriori proposte come questa sulla salute mentale”, dichiara al QdS La Vardera chiarendo che si ha davanti “una nuova sfida, ardua, complicata, ma dobbiamo occuparcene, perché quello della salute mentale è un tema che riguarda tutti noi, soprattutto i giovani e gli adolescenti che spesso e volentieri non hanno gli adeguati supporti e poi si arriva anche a sfociare nelle dipendenze”. I due temi, afferma Ismaele La Vardera, “sono assolutamente correlati”. L’obiettivo, afferma il deputato, è quello di arrivare ad “un disegno di legge composito” co lo stesso percorso di quello fatto per il crack, “presentarlo, chiedere le risorse adeguate e cominciare a far parlare di un tema spesso considerato tabù”.
Una best practice, come lo stesso La Vardera ha definito l’ausilio regolamentare dell’intergruppo parlamentare, per risolvere quanto spesso è già in teorico programma ma che per ragioni diverse risulta assente o non accessibile quale servizio alla cittadinanza. Su temi come le dipendenze patologiche e la salute mentale, i dati attualmente in possesso delle istituzioni e dei gruppi di ricerca mirati presentano una pentola a pressione che potrebbe esplodere in qualunque momento con conseguenze sociali devastanti, e per i quali l’unico strumento con cui scampare un disastro che costerebbe alle casse dello Stato fondi di portata insostenibile è la prevenzione.
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