Con l'archiviazione dell'accusa di istigazione a delinquere, Matteo Salvini, nei confronti di Carola Rackete, resta accusato soltanto del reato di diffamazione
Il gip di Milano Sara Cipolla, accogliendo la richiesta del pm Giancarla Serafini, ha disposto l’archiviazione dell’accusa di istigazione a delinquere contestata a Matteo Salvini, scaturita dalla denuncia di Carola Rackete, l’ex comandante della Sea Watch 3, presentata nell’estate del 2019 e relativa ad alcune esternazioni del leader della Lega, difeso dal legale Claudia Eccher, sui suoi profili social e con le quali attaccava l’attivista tedesca.
Salvini per quelle frasi, invece, è già a processo con l’accusa di diffamazione nei confronti di Rackete, assistita dall’avvocato Alessandro Gamberini.
Le “espressioni” usate da Matteo Salvini sono “manifestazione di pensiero” e non “contengono alcuna espressione, parola idonea ad incoraggiare, ad istigare in concreto gli utenti a porre in essere condotte delittuose” nei confronti di Carola Rackete. E i “molteplici” post sui social che sono seguiti, dai contenuti “gravemente offensivi e minacciosi”, non sono “diretta conseguenza delle espressioni proferite” dal leader della Lega.
Lo scrive il gip di Milano Sara Cipolla. La denuncia per entrambi i reati, diffamazione e istigazione a delinquere, era stata depositata il 12 luglio 2019 alla Procura di Roma e gli atti erano poi stati trasmessi a Milano, dove risiede l’ex ministro dell’Interno. Nella querela Rackete lamentava di essere stata definita, tra l’altro, “sbruffoncella”, “fuorilegge” e “delinquente”. Il gip fa notare che la “legittimità” della manifestazione del pensiero di Salvini, attraverso quelle frasi, “è oggetto di altro procedimento penale”, ossia il processo per diffamazione, e che dunque non può fare altre valutazioni “in questa sede”.
Nell’udienza di 4 giorni fa, a seguito dell’opposizione all’archiviazione da parte del legale di Rackete, il pm aveva ribadito che non era ravvisabile il reato di istigazione a delinquere contestato a Salvini. Mentre l’avvocato Gamberini in aula aveva sostenuto di nuovo che quelle parole sono state pronunciate “non solo come leader della Lega – ha spiegato – ma soprattutto come ministro dell’Interno, con un ruolo istituzionale ben preciso. Per questo le condotte sono ancora più gravi”. Il difensore Claudia Eccher aveva, invece, depositato una memoria in cui, riguardo alla diretta Facebook del 3 luglio 2019 e al comizio della Lega a Barzago di 15 giorni dopo, aveva sostenuto, riportandosi alle argomentazioni del pm, che le “frasi del senatore non avevano alcun effetto istigatore, ma erano una critica politica”.
Nella querela Rackete – arrestata per poche ore per aver violato gli ordini delle autorità italiane e aver portato, la sera del 29 giugno di due anni fa, la Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa per fare sbarcare 40 migranti – lamentava di essere stata definita, tra l’altro, “sbruffoncella”, “fuorilegge” e “delinquente”, sottolineando che si sarebbe trattato di un “puro strumento propagandistico e istigatorio di un ‘discorso dell’odio’, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale”. Per il pubblico ministero, però, in quelle affermazioni non si ravvisavano profili di istigazione a delinquere ma solo di diffamazione, accusa per la quale l’ex inquilino del Viminale è stato già mandato a giudizio con citazione diretta. Non è ancora stata fissata la data del processo.