Savatteri, la Sicilia declinata al plurale - QdS

Savatteri, la Sicilia declinata al plurale

redazione

Savatteri, la Sicilia declinata al plurale

giovedì 08 Luglio 2021

L’identità della Sicilia non può che essere cangiante, contraddittoria, esposta al paradosso

di Marina Scalia
Docente di Filosofia e Storia

Si è soliti pensare alla Sicilia, in virtù del suo status di Isola, come a un bozzolo ripiegato in sé stesso, in paziente attesa di schiudersi nella sua riconoscibile identità, senza bisogno alcuno di rivolgersi a tutto quanto Isola non è. Eppure, proprio per il fatto di trovarsi incontestabilmente “in mezzo” – ad altre terre, altri popoli, altre idee che spirano verso di lei dall’Europa e dall’Africa – l’identità della Sicilia non può che essere cangiante, contraddittoria, esposta al paradosso.

Di questa complessità ha voluto farsi carico Gaetano Savatteri nel suo libro “I siciliani”. Pubblicato dalla Laterza nel 2005 e riproposto in più edizioni, il libro cerca di ricostruire l’identità siciliana, facendo riferimento ad elementi che riguardano la storia locale, ma soprattutto alle personalità che hanno abitato e vissuto l’Isola. Così, da una parte ci si chiede quanto costò alla Sicilia aver perso l’appuntamento col Rinascimento e la Riforma, con l’ideologia della Rivoluzione francese secondo cui le idee cambiano il mondo. Dall’altra si discende dalla storia alle storie degli uomini, uomini grandi che hanno fatto grandi cose, da Savatteri spogliati della loro aura di intoccabilità e ridisegnati nella loro umanità più essenziale. Incontriamo Sciascia nel suo lento scacchiere delle abitudini, Verga nella noia di piazza Stesicoro, Giovanni Falcone come Uomo dello Stato, ma “in una terra che non ama lo Stato e che da esso si sente di volta in volta tradita o sfruttata”.

Le storie di questi e altri personaggi diventano così le basi di partenza per poter raccontare alcune delle passioni più comuni nel sentire siciliano. La fatica, per esempio, dell’allontanamento dalla terra; l’esperienza epifanica della scoperta della propria sicilianità una volta presa la via del mare aperto; una naturale propensione al lasciare che la vita faccia da sé, all’immobilismo davanti a ciò che con comodità chiamiamo “fato”. E ancora, quei proverbi siciliani che, sia per chi fa le valigie, sia per chi rimane, risuonano come delle verità acquisite, segno di un orgoglio peculiare ai nati sotto la protezione della trinacria. Lungi dall’essere un libro che ricalca vecchi stereotipi, si cerca, tra le pagine de “I siciliani”, di riportare in superficie il nucleo sommerso da incrostazioni storiche e culturali, affinché quanto appare ovvio della terra che abitiamo – e di ciò che noi stessi siamo – trovi qui una sua prima spiegazione.

Ne risulta un paesaggio variopinto, fatto di orgoglio, vizi, virtù, ritmi lenti o velocissimi, in cui il siciliano che legge non può che riconoscersi. Un libro che tocca le corde più diverse della persona, che le fa suonare insieme, che lascia al lettore una domanda preziosa per la vita: se per caso non ci siano altre cose che, come siciliani, inconsapevolmente ci appartengono, che Savatteri ci ha taciuto o che sono ancora tutte da scoprire.

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