Ma gli importi degli assegni sono nettamente più bassi rispetto alla media nazionale: all’incirca mille euro, il 20% meno
PALERMO – Oltre 100 mila i siciliani che sono andati in pensione tra il 2020 e i primi nove mesi del 2021: sono ben 61.727 i nuovi pensionati del 2020, e il trend è rimasto invariato nel 2021, con altri 46.609 dipendenti andati a riposo nei primi 9 mesi. Circa il 7,3% del totale nazionale, che si attesta su quasi un milione e mezzo di persone. Nel 2020 sono 28.058 i pensionati per vecchiaia, 13.406 in anticipata, 3.414 per cause di invalidità e 16.849 sono andate ai superstiti, la cosiddetta “pensione di reversibilità”, un trattamento pensionistico riconosciuto in caso di decesso del pensionato o dell’assicurato in favore dei familiari eredi, per cui viene corrisposta una quota percentuale della pensione del defunto.
La fotografia dell’Osservatorio Inps
Questa la fotografia che scatta l’Osservatorio dell’Inps. La pensione indiretta è riconosciuta nel caso in cui l’assicurato abbia perfezionato 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva, ovvero 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva di cui almeno 3 anni nel quinquennio precedente la data del decesso.
Nel 2021, in proporzione, i numeri si sono mantenuti: fino a settembre sono andati in pensione 46.609 siciliani, di cui 21.592 per vecchiaia, 10.278 in anticipata, 2.199 per invalidità e 12.540 superstiti. Se si guarda al fattore economico, la media dell’importo mensile in Sicilia è poco più di mille euro, mentre a livello nazionale la cifra sale a poco più di 1.200 euro, una differenza sostanziosa, di circa il 20%. Una differenza che dimostra come il reddito dei siciliani sia mediamente più basso di quello nazionale, e che la percentuale del lavoro in nero piuttosto alto sui lidi siciliani non permetta di raggiungere, con i propri versamenti previdenziali limitati, un importo pensionistico abbastanza alto. Ritornando ai numeri, in Italia sono 861.070 i nuovi pensionati nel 2020, e 617.357 da gennaio a settembre nel 2021.
Nel 2020, sono andati in pensione per vecchiaia 271.459 individui, 292.012 per anticipata, 44.736 per invalidità e 252.863 superstiti. Nel 2021, invece, sono andati in pensione 617.357 individui per vecchiaia, 241.4029 in anticipata, 30.284 per invalidità e 172.827 superstiti.
Quanto ha inciso Quota 100
I numeri alti sono anche dovuti alla corsa alla cosiddetta “quota 100”: per il 2021 sia i requisiti di età per la vecchiaia, sia quelli di anzianità contributiva per la pensione anticipata sono rimasti immutati rispetto al 2020, ma le condizioni potrebbero presto cambiare e chi ha potuto uscire dal mondo del lavoro con condizioni favorevoli lo ha fatto. In particolare, l’età di accesso alla pensione di vecchiaia è di 67 anni, per entrambi i sessi e i settori lavorativi dipendenti privati e autonomi.
L’anzianità contributiva per quella anticipata è di 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, indipendentemente dall’età. Esistono, come già detto, ulteriori possibilità di uscita anticipata dal lavoro: l’opzione donna prorogata dalla legge a tutte le lavoratrici che abbiano maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2020, e i canali di uscita più favorevoli per i lavoratori precoci e per gli addetti a mansioni gravose e a lavori usuranti.
Dall’analisi dei dati, viene fuori che il rapporto tra le pensioni di invalidità e quelle di vecchiaia nei primi nove mesi del 2021 è in linea con quello del 2020 e pari al 21%, mentre le pensioni anticipate rispetto a quelle di vecchiaia che nel 2020 arrivavano al 45% in più per il totale delle gestioni acquistano 3 punti percentuali nei primi nove mesi del 2021, attestandosi al 48% in più rispetto a quelle di vecchiaia. Infine, le pensioni liquidate con opzione donna nel 2020 e nei primi nove mesi del 2021 hanno distribuzioni molto simili, con il 90% di pensioni con importi inferiori a 1.000 euro e con età alla decorrenza delle titolari comprese tra 58 e 61 anni in circa l’80% dei casi in entrambi i periodi.