La Sicilia e Giorgio Napolitano, un rapporto molto stretto - QdS

Il rapporto tra la Sicilia e Giorgio Napolitano, tutte le visite del presidente emerito nell’Isola

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Il rapporto tra la Sicilia e Giorgio Napolitano, tutte le visite del presidente emerito nell’Isola

Antonio Giordano  |
sabato 23 Settembre 2023

Il presidente emerito Giorgio Napolitano ha avuto da sempre un rapporto molto ravvicinato con la Sicilia. La storia delle sue visite.

Il rapporto tra la Sicilia e l’ex presidente Giorgio Napolitano inizia lontano nel tempo e l’Isola ha sempre avuto un posto speciale nel cuore del senatore a vita dal momento che passava le sue estati a Stromboli nell’arcipelago delle Eolie dove, insieme alla moglie Clio, era di casa. Nel corso della sua presidenza al Quirinale (dal 15 maggio 2006 al al 14 gennaio 2015) Napolitano, primo presidente con un mandato bis, è tornato più volte in Sicilia.

Le visite da presidente della Repubblica

Napolitano è tornato nell’Isola più volte in veste ufficiale. Nel corso del primo mandato furono cinque le visite: la prima, nel giugno del 2007, in occasione della cerimonia in ricordo delle vittime della mafia al Giardino della Memoria di Ciaculli e per ricordare la prima seduta dell’Assemblea regionale siciliana. Trascorsero due anni e il Capo dello Stato fece ritorno a Palermo. Era il 23 maggio del 2009 e partecipò alle celebrazioni per la strage di Capaci. E nel suo discorso associò Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Libero Grassi: “uomini che hanno segnato in positivo la storia della Sicilia e dell’Italia”, disse.

Non solo il capoluogo, anche Trapani, Marsala, Salemi, Calatafimi, tra le tappe siciliane di Napolitano, tornato per la terza volta nel maggio del 2010 per celebrare il 150° anniversario dello sbarco dei Mille. Quarta visita nel settembre del 2011 a Palermo, all’Università di Palermo e all’Istituto di Storia Patria. Quindi il ritorno l’anno (il 2012) dopo per i funerali di Stato di Placido Rizzotto celebrati a Corleone il 24 maggio del 2011. Nel 2014, nel corso del suo secondo mandato, la visita a Catania per la costituzione del distretto produttivo del Sud Est.

Un legame antico

Ma il legame con la Sicilia era molto più antico e risale alla vita di uomo di partito di Giorgio Napolitano. Esponente dell’area riformista del Pci era conosciuto per le sue posizioni atlantiste e la radicata vocazione europeista del suo impegno politico. Era a Sciara in occasione della manifestazione contro l’uccisione di Salvatore Carnevale nel maggio 1955. Racconta Giuseppe Oddo ne “Il Miraggio della Terra in Sicilia” (Istituto Poligrafico Europeo) che in piazza in quella occasione si ritrovarono due futuri presidenti della Repubblica, essendo presente anche Sandro Pertini nel comune in provincia di Palermo. Forte era anche il suo legame con Danilo Dolci, il sociologo che dal profondo Nord Est decise di operare in Sicilia.

Napolitano era presente nel 1960 (in compagnia di Leonardo Sciascia, Carlo Levi, Paolo Sylos Labini, tra gli altri) al Convegno organizzato da Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, per discutere delle condizioni di salute nelle zone arretrate della Sicilia Occidentale. Con Dolci il rapporto fu continuo e Napolitano lo definirà “un uomo le cui idee conservano una straordinaria attualità, incitando le giovani generazioni a seguirne l’esempio. Ebbi in anni lontani più volte occasione di incontrarlo e di dialogare con lui”, apprezzandone “la consapevolezza che la piena e concreta attuazione dei principi fondamentali posti alla base delle nostre istituzioni passa attraverso il coinvolgimento, in prima persona, di tutti i cittadini”.

Il rapporto con Pio La Torre

Ma tra le figure alle quali l’ex presidente era maggiormente legato c’è anche quella del segretario del partito siciliano, Pio La Torre, ucciso dalla Mafia nel 1982. A quell’epoca Napolitano era il capo dell’organizzazione del Pci e il legame con l’insegnamento di La Torre sarà portato avanti per tutta la sua carriera politica. Nel 2010 ha premiato il Progetto educativo Antimafia promosso dal Centro che porta il nome dell’ex segretario siciliano ed è guidato da Vito Lo Monaco per “l’ampia iniziativa di formazione civile”. Napolitano non ha mai mancato di far pervenire la sua vicinanza alle attività culturali del Centro La Torre, compagno di partito e “straordinario esempio di appassionato impegno istituzionale e civile rivolto ad aggredire la potenza economica e finanziaria della criminalità organizzata”, come ricordato dallo stesso ex presidente della Repubblica.

Vito Lo Monaco: “Posizioni differenti, ma eravamo amici”

Il Centro ha avuto l’onore, il 22 maggio 2009 di essere ricevuto privatamente, a Villa Igea, durante la seconda visita siciliana di Napolitano. “Tra di noi c’è sempre stata grande collaborazione”, spiega oggi Lo Monaco, “nonostante lui fosse un riformista mentre io sono sempre stato distante da quelle posizioni: Fu lui a mandarmi come segretario della sezione di Siracusa all’epoca dell’uccisione di La Torre e da quel momento in poi c’è sempre stata una grande collaborazione”. Posizioni politiche diverse, pur all’interno di un grande partito come quello che era il Pci.

“Con una battuta io, che mi consideravo della sinistra più vera, lo chiamavo un socialdemocratico di destra”, continua ancora Lo Monaco, “ma nonostante questo eravamo amici, c’era un rapporto fraterno e completamente diverso dalla logica dell’appartenenza a questa o quella corrente. C’era un confronto sulla base di una visione di fondo. Lo ricordo come un europeista convinto, uno dei primi che aveva rapporti con gli Usa e con le organizzazioni politiche culturali e universitarie negli Stati Uniti quando ancora i comunisti non potevano entrare in quel paese liberamente”.

Alla Sicilia, infine, il nome di Napolitano è legato anche alla vicenda del suo consigliere, il magistrato Loris D’Ambrosio finito nelle carte della Procura di Palermo nell’ambito della “trattativa Stato-Mafia” e poi morto di infarto nel 2012. “Una campagna violenta e irresponsabile”, disse Napolitano. Era stato intercettato mentre parlava con l’ex presidente del Senato, Nicola Mancino, imputato dalla procura di Palermo. Intercettazioni arrivate fino allo stesso Napolitano che a quel punto decise di aprire un inedito conflitto di attribuzione – poi vinto – contro i giudici di Palermo.

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