Le parole del referente regionale per la gestione delle risorse idriche di Legambiente, Amato, sul rischio desertificazione in Sicilia.
“Le piogge che ci sono state, soprattutto nella zona centrale dell’Isola, hanno rappresentato solo un’apparenza di precipitazione perché sono venuti giù non più di 20 millimetri di pioggia. C’è un’anomalia nella zona di Montalbano Elicona con numeri ben più alti, ma nella zona interna, che concorre a riempire le dighe, non c’è stato nulla. Manca anche la neve sulle montagne e quindi i bacini come l’Ancipa quest’anno dovranno fare a meno di acqua”.
Queste sono le parole del referente regionale per la gestione delle risorse idriche di Legambiente, Giuseppe Amato, intervenuto al Qds.it, riguardo al rischio desertificazione in Sicilia. Uno spauracchio sempre più forte soprattutto per chi opera nell’ambito agricolo, in particolare dopo le recenti dichiarazioni del presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, Francesco Vincenzi. Quest’ultimo ha sottolineato come siano necessarie le infrastrutture idrauliche e come i territori più bisognosi di acqua dell’Isola non abbiano beneficiato delle dovute quantità di pioggia.
L’esempio calzante del bacino Ancipa
I dati riguardanti la disponibilità e il consumo del bacino Ancipa sono evidenti e per l’immediato futuro mostrano un quadro a dir poco preoccupante, in quanto “secondo l’ultimo dato registrato alla fine di gennaio – prosegue Amato – parla di poco più di 9 milioni di metri cubi al lordo dell’infangamento e di un consumo medio mensile di quasi 2 milioni di metri cubi. Continuando così l’Ancipa sarà svuotato entro a giugno. Se le cose dovessero andare così non ci possiamo aspettare tante piogge e potremmo solo sperare in una drastica impennata del clima umido come l’anno scorso a giugno, ma tutto questo è relativo. La dichiarazione dello stato di calamità è veramente tardiva”.
“Investire sulla depurazione seria e fatta bene”
La proposta avanzata dall’assessore regionale alle Acque, Roberto Di Mauro, di utilizzare le acque reflue viene accolta con soddisfazione, ma i sistemi di depurazione in Sicilia non funzionano, soprattutto in alcune aree dell’Isola.
“Le acque reflue – conclude Amato – si devono usare. Ma abbiamo sistemi di depurazione che sono inadeguati, quindi le acque depurate e riutilizzabili in Sicilia sono veramente una minima parte. Ci sono intere zone che hanno una depurazione assolutamente carente e ci sono centinaia di sanzioni amministrative comminate agli enti incaricati della depurazione per una depurazione mancata. Basta pensare che la città di Catania non è depurata. Nessuno è mai corso ai ripari per tempo e investire sulle infrastrutture significa investire sulla depurazione seria e fatta bene, non su grandi dighe fatte e pensate male. La diga Nicoletti per esempio ha solo 4 milioni di metri cubi e non può più dare acqua a nessuno. Continuo a dire che bisogna fare tanti piccoli laghi a uso montano o rurale ed evitare di pensare alle grandi dighe. Poi ci sono dighe come quella di Cannamasca, nell’Agrigentino, che non hanno mai ricevuto un litro d’acqua. Ci vuole una conduzione complessiva di tutto ciò”.
Vacante (Arpa Sicilia): “Indice attività edilizia in aumento”
Il dirigente dell’Unità Operativa Complessa Acque Interne, Suolo e Biodiversità di Arpa Sicilia, Giovanni Vacante, spiega come il rischio desertificazione sia più forte a causa dell’utilizzo del suolo a scopi per i quali non è destinato.
“Il processo di desertificazione è accentuato – afferma Vacante – dalla cementificazione e dall’impermeabilizzazione del suolo in modo permanente. L’eccesso del consumo di suolo contribuisce in maniera significativa. Congiuntamente all’Ispra abbiamo avviato lo studio finalizzato a rilevare i cambiamenti nel consumo di suolo. Quindi attraverso un processo che parte dall’interpretazione delle foto aeree satellitari ad alta risoluzione riusciamo a identificare le porzioni di territorio sottratte alle funzioni tipiche del suolo mediante la pavimentazione”.
“In alcune aree c’è stata un’intensa attività edilizia ed è aumentato l’indice. Il nostro compito è quello di rilevare il cambiamento che avviene sul territorio. Noi produciamo un apposito report regionale per gli amministratori e per chiunque è interessato. Le piogge che diminuiscono incidono anche sulla qualità dei corpi idrici che noi andiamo a studiare e monitorare. Spesso ci ritroviamo con fiumi asciutti e non riusciamo a prelevare nemmeno un campione”.