Poca acqua in Sicilia, Legambiente: "Ecco aree più a rischio"

Poca acqua in Sicilia, Legambiente: “Ecco le aree più a rischio, si cambi politica”

Daniele D'Alessandro

Poca acqua in Sicilia, Legambiente: “Ecco le aree più a rischio, si cambi politica”

Giuliano Spina  |
domenica 07 Gennaio 2024

L'intervista al referente regionale per la gestione delle risorse idriche di Legambiente sulla crisi idrica che sta investendo la Sicilia

“La crisi idrica si manifesta in maniera molto pesante. Noi come percezione da consumatori normali probabilmente non ci rendiamo conto di quello che sta accadendo. C’è un problema gravissimo nelle campagne, causato da un rallentamento delle attività per mancanza di piogge, che ha messo in ginocchio la produzione cerealicola e quella olivicola. Si prevede un’incisività della crisi per le colture di tipo irriguo, che probabilmente non arriveranno ad avere abbastanza acqua per garantire il raccolto della frutta”.

A pronunciare queste parole è il referente regionale per la gestione delle risorse idriche di Legambiente, intervenuto al Qds.it riguardo alla crisi idrica che sta investendo la Sicilia. A causare questa situazione è senza ombra di dubbio la siccità che ormai da diversi anni interessa l’Isola, in particolar modo durante i mesi estivi, ma i problemi non si fermano certamente qui.

Poche piogge e aree più a rischio nell’Isola

L’esiguità di piogge durante gli ultimi tre mesi ha portato anche a una diminuzione del livello delle acque nelle dighe, in particolare alla Nicoletti, nell’Ennese. Essa al momento è in grado di dare a 300 ettari di terreno, in quanto le gallerie costruite per riempire l’invaso al momento non sono fruibili. Gli eventi piovosi si attendono, in quanto in caso contrario “si profilerebbe – prosegue Amato –, secondo i numeri che abbiamo oggi, un periodo tardo primaverile ed estivo che potrebbe risultare disastroso. Al momento non ci sono problemi per quanto riguarda la distribuzione idro potabile, ma se non ci sarà un cambiamento per le precipitazioni andremo incontro a gravi conseguenze”.

Riguardo alle aree più a rischio, i problemi non si registrano solo nella provincia di Enna, ma anche nel resto della Sicilia centrale e in quella occidentale, e i rischi si corrono su tutti i profili, anche per determinati tipi di colture.

“Sono meno a rischio l’area dell’alto Val Demone – aggiunge Amato -, quindi la parte tirrenica della provincia di Messina, la zona etnea che pesca nelle falde dell’Etna, che sono profonde e che non è legata quindi ai grandi invasi. Sono enormemente a rischio l’Ennese, il Nisseno, l’Agrigentino e anche il Trapanese e il Palermitano, sia sotto l’aspetto idro potabile che sotto quello irriguo. La pesca settembrina Igp di Leonforte ha bisogno di una coltura irrigua nella fase estiva e se la situazione sulla diga Nicoletti dovesse restare quella attuale, con 4,55 milioni di metri cubi di acqua invasati che ha a fronte della ventina che dovrebbe invasare, il frutto sarebbe a rischio”.

“La diga di Pozzillo, il più grande serbatoio della Sicilia che serve anche gli agrumeti della Piana di Catania, dovrebbe riuscire a invasare 150 milioni di metri cubi di acqua e adesso ne ha 2,83. Il lago di Piana degli Albanesi, nel Palermitano, dovrebbe circa 32 milioni di metri cubi di acqua invasata e in questo momento ne ha 14,78. Questi numeri comprendono anche il fango e siamo ancora a gennaio. La diga Ancipa, che serve tutta la Sicilia centrale, a dicembre ha chiuso con 10 milioni di metri cubi a fronte dei 22 di un anno prima. Qualcosa non quadra e la crisi è gravissima”.

“Manutenzione di ciò che c’è già”

La politica regionale non è immune da responsabilità, in particolare nella Finanziaria per l’anno appena iniziato, e si deve partire dalla sistemazione di quello che c’è già c’è.

“Va fatto un deciso cambio di politica delle acque – conclude Amato -. Non è possibile sentir parlare di costruzione di nuovi invasi, come il Pietrarossa o il Blufi. Va messa in moto una seria opera di manutenzione delle dighe che ancora oggi abbiamo, come la Nicoletti che ha le paratoie non funzionanti. Vanno rivedute le possibilità di utilizzazione di queste acque, mentre invece si stanno spendendo poco più di 4 milioni di euro per gli studi propedeutici alla diga di Blufi, che prevede che l’acqua della zona nord delle Madonie venga dirottata verso la zona sud. Vanno inoltre rifatti gli acquedotti che fanno distribuzione e rivista la connessione delle reti idriche, soprattutto riguardo agli usi”.

“Per quanto ho visto io della Finanziaria sembra che non sia stata percepita la gravità della situazione. La risposta è sempre ‘Mi manca l’acqua, compro le bottiglie’. Invece devo capire come prenderla e come garantirmela e per far questo ci sono già per esempio piccoli laghetti o si potrebbero ricostituire le zone umide antiche, che sono state distrutte nel tempo. Va fatto questo e invece la Regione pone in Finanziaria milioni e milioni di euro per pulire gli alvei dei fiumi, che devono rimanere con la vegetazione. L’Autorità di Bacino ha investito il fiume Verdura distruggendo le rive spendendo denaro pubblico e secondo noi di Legambiente non è autorevole”.

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