Mare, in Sicilia sventola anche bandiera “rossa” - QdS

Mare, in Sicilia sventola anche bandiera “rossa”

Mare, in Sicilia sventola anche bandiera “rossa”

martedì 11 Maggio 2021

Bene l’aumento delle località “blu”. Restano però 50 km di costa contaminati a causa di depuratori guasti e scarichi illegali

Escherichia Coli ed enterococco sono due batteri che, in genere, si trovano nelle acque reflue. Purtroppo, in Sicilia, si trovano anche nel 4,8% del mare che circonda l’Isola. Ciò vuol dire che in ben 50,5 chilometri di costa la concentrazione di questi due contaminanti fecali supera i limiti previsti dalla legge e, di conseguenza, rende il mare pericoloso per l’uomo. È quanto risulta dal Ddg 256 del 2021, emanato dal dipartimento Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, che ha stabilito, tra le altre cose, le zone in cui la balneazione è vietata.

ACQUE SICILIANE INQUINATE

La zona più soggetta ad inquinamento costiero è la provincia di Palermo che da sola conta circa 22,7 chilometri inquinati. A contribuire maggiormente a questa contaminazione è l’ex capoluogo di provincia (anche a causa della lunghezza della costa), dove alcuni dei tratti di mare non balneabili a causa di inquinamento riguardano le frazioni di Addaura, Sferracavallo e Mondello e la zona compresa tra la fine del porto S. Erasmo e l’inizio del porto Bandita. Un comune dove è stato rilevato un ampio inquinamento costiero è quello di Carini. Qui, su circa dieci chilometri di costa, quasi sei sono inquinati e con divieto di balneazione. La seconda zona per ampiezza di rive contaminate è il messinese, dove 9,8 chilometri di mare non sono balneabili. Anche in questo caso, è il comune di Messina ad avere più chilometri “vietati”, ben 7,2 di cui 6,4 concentrati tra le foci dei torrenti Larderia e Portalegni. L’ultimo posto sul podio dell’inquinamento costiero spetta alla provincia di Catania, che conta quasi sette chilometri di litorale contaminato.

Particolarmente rilevante è il caso dell’Oasi del Simeto, dove vige interamente il divieto di balneazione a causa dell’inquinamento delle coste. Subito dopo la provincia etnea, si trova quella aretusea, in cui la lunghezza delle coste contaminate raggiunge 4,2 chilometri. Qui i litorali più inquinati si trovano a Priolo (oltre due chilometri) e Pachino (poco più di un chilometro).

Anche ad Agrigento la situazione non è delle migliori: i chilometri di costa contaminati sono 3,4 e interessano, in modo particolare il comune di Sciacca, dove oltre un chilometro è interdetto alla balneazione. Le zone meno inquinate di Sicilia, invece, sono il trapanese, il ragusano e il nisseno.

MANCATA DEPURAZIONE  IN SICILIA

I tratti di mare e di costa descritti fino ad ora trovano la causa del loro inquinamento, nella maggior parte dei casi, in una mancata depurazione delle acque reflue o in reti fognare che sversano liquami direttamente in mare. Infatti, dal documento regionale, risulta che nel catanese, ad esempio, i canali Arci e Forcile portano le acque reflue industriali direttamente alla Plaia, come peraltro è stato denunciato dal Comune di Catania e dal procuratore etneo Carmelo Zuccaro, audito nelle settimane scorse dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Tuttavia, nella spiaggia della Plaia è consentita la balneazione in quanto il Comune di Catania, durante la stagione estiva, sbarra i due canali evitando che gli inquinanti arrivino in mare. Cosa che però accade durante tutto il resto dell’anno.

Sempre nel catanese, altri danni ambientali sono causati dal depuratore di Mascali, che scarica nel torrente Macchia, dal depuratore di Giardini Naxos, che riversa inquinanti nell’Alcantara, e dall’assenza di un collettore fognario ad Acicastello che comporta lo sversamento degli scarichi cittadini nelle acque marine.

Nel messinese la situazione è identica a quella etnea. Il depuratore di S. Teresa di Riva scarica nel torrente Agrò, causando l’inquinamento anche delle coste di Sant’Alessio. Un altro depuratore che inquina al posto di depurare è quello consortile vicino ai torrenti Pagliara e Fiumedinisi, il quale scarica nei corsi d’acqua e causa la contaminazione dei litorali di Furci Siculo, Roccalumera, Nizza di Sicilia e Alì Terme. Le stesse condizioni possono essere riscontrate anche nel depuratore comunale di Avola, nel siracusano, il cui scarico va a finire direttamente in mare.

 

LA CORSA CONTRO IL TEMPO
DELLA COMMISSIONE UNICA
PER LA DEPURAZIONE

La mancata depurazione delle acque reflue urbane costa alla Sicilia oltre 30 milioni di euro l’anno su 65 milioni di sanzioni che l’Italia versa annualmente all’Europa. L’Italia è soggetta a quattro procedure di infrazione, due di queste (2004/2034 e 2009/2034) sono già state oggetto di sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione europea, mentre altre due (2014/2059 e 2017/2181) sono ancora in uno stadio precedente rispetto alla sentenza comunitaria.

La struttura commissariale, intervistata in esclusiva lo scorso 10 marzo dal Quotidiano di Sicilia, ha dichiarato che in merito agli impianti siciliani “sono stati completati 5 interventi e sono in corso 12 cantieri con un differente stadio di avanzamento dei lavori. Inoltre, sono in corso 7 gare per l’affidamento dei lavori e altre 6 saranno avviate a breve. Per ulteriori 15 interventi di adeguamento di impianti di depurazione la progettazione esecutiva è stata completata”. La struttura ha impegnato per la Sicilia “oltre 200 milioni di euro tra lavori e servizi, a cui si aggiungono gli interventi in corso di valutazione ambientale che hanno un valore economico che supera i 200 milioni di euro”.

giovi-monteleone sindaco carini

L’intervista al sindaco Giuseppe Monteleone

Carini, metà delle spiagge inibite alla balneazione

CARINI (PA) – Uno dei tratti di costa più inquinati di Sicilia è quello che ricade nel comune di Carini, nel palermitano, dove in circa metà del litorale vige il divieto di balneazione per motivi di inquinamento. “Nel 2008 – spiega al QdS il sindaco di Carini, Giuseppe Monteleone – fu dato un appalto per fare, nella vasca di raccoglimento delle acque reflue di Carini, una colonna premente per trasportare i reflui da contrada predicatore al depuratore di Ciachea attraverso la via Magellano”.

Nel corso degli ultimi anni, in questa fognatura ci sono stati una serie di scoppi che hanno portato il Comune ad avviare anche un contenzioso con la ditta che si è occupata dei lavori. “Una volta che la colonna premente – aggiunge Monteleone – si è guastata, si sono dovute spegnere anche le centrali di sollevamento delle acque reflue e, quindi, si è attuato lo scarico di emergenza a mare”. Insomma, a Carini la fogna, attualmente, scarica a mare. Ed è questo il motivo per cui dal lungomare C. Colombo alla foce del torrente Ciachea (in totale 5,6 chilometri) vige il divieto di balneazione. Il Gpu del tribunale di Palermo, dopo un sopralluogo, ha attribuito le colpe dell’accaduto alla ditta, in quanto non ha eseguito i lavori a regola d’arte. Ma il contenzioso è ancora in corso.

Contemporaneamente alla battaglia legale, adesso, l’amministrazione guidata da Monteleone sta intervenendo per cercare di risolvere il danno ambientale. “I lavori di riparazione della colonna premente – dichiara il sindaco – li sta eseguendo l’Amap. Il Comune ha avviato anche i lavori di realizzazione dei collettori primari di via Piraineto e Vespucci dove si allacceranno tutte le abitazioni a monte dell’autostrada. Questi lavori sono stati inizialmente sospesi per problemi e poi riconsegnati i primi di maggio. Entro 365 giorni dovremmo eliminare i due scarichi fognari, perché già ci sono gli impianti di sollevamento pronti. Inoltre, dopo vent’anni di continui guasti e scoppi della tubazione, sono stati eseguiti anche i lavori per il collettore di via Predicatore che trasporta i reflui da Villagrazia alla stazione di sollevamento di contrada Predicatore con fondi comunali pari a 147 mila euro”.

Tuttavia, nonostante gli sforzi dell’Amministrazione, è molto probabile che i divieti di balneazione non verranno eliminati in breve tempo. “Entro il mio mandato – confessa il sindaco – non riuscirò a eliminare il divieto di balneazione”. Questo perché, oltre ai due scarichi fognari che attualmente finiscono in mare, ad inquinare ci sono anche le case abusive. In tal senso, il Comune ha da poco abbattuto parecchi villini illegali. E ha in programma di abbatterne altri, in particolare quelli a Nord dell’autostrada, grazie ad un appalto da 400 mila euro. Ma non basta. Infatti, per la risoluzione del danno ambientale, un grosso aiuto al Comune lo sta dando anche la struttura commissariale per le acque reflue. “Con il commissario unico – conclude Monteleone – stiamo ristrutturando il depuratore (risalente agli anni ‘90, nda), che ultimamente è stato oggetto di inchieste. Verranno spesi circa 3,8 milioni di euro”.

 

Solo 10 eccellenze nell’Isola, in Liguria 32 nonostante un terzo del nostro litorale

Non è tutto “oro quello che è blu”, come ormai scriviamo da diversi anni, ma va comunque registrata la competizione positiva che anche nell’Isola si è innescata per raggiungere l’ambito riconoscimento della ong internazionale Fee (Foundation for Environmental Education) che premia, ogni anno, le località che si sono distinte per la salubrità delle acque e per l’impegno delle Amministrazioni locali nella tutela dell’ambiente.

Nel 2020 le bandiere blu assegnate all’Isola erano otto, quest’anno siamo arrivati a dieci (su 1.152 chilometri di costa), con l’ingresso della spiaggia di Maganuco a Marina di Modica, nel ragusano, e la spiaggia di Roccalumera, nel messinese. Sebbene il risultato sia incoraggiante, va detto che si tratta di appena un terzo di quelle consegnate ai sindaci dei comuni della Liguria, che con un litorale di soli 350 chilometri è la prima regione italiana per numero di bandiere blu, ben 32.

La spiaggia di Maganuco (Modica)

In seconda posizione si trova la Campania con 19 comuni insigniti del premio. A chiudere il podio ci sono Toscana e Puglia, che quest’anno hanno conquistato 17 vessilli. Tra i parametri per l’aggiudicazione dell’ambito riconoscimento (volto, tra le altre cose, a dare maggiore slancio al turismo) c’è proprio l’efficienza della depurazione delle acque reflue e della rete fognaria. Parametro che, giustamente, penalizza la Sicilia, la quale, in questa edizione, pur essendo la seconda regione italiana per chilometri costieri, si è piazzata in ottava posizione, a pari merito con il Trentino.

Oltre alle due citate debuttanti, confermate nell’Olimpo delle spiagge tutte le altre località che già erano state premiate l’anno scorso: si tratta dei lungomari di Alì Terme e S. Teresa di Riva, la spiaggia di Tusa, Lipari, Porto Palo Cipollazzo a Menfi, Santa Maria del Focallo a Ispica, Pozzallo e Ragusa. Inoltre, quest’anno è entrato tra gli approdi bandiera blu anche Capo D’Orlando marina, nel messinese.
“L’impegno verso la sostenibilità nella gestione del proprio territorio, la cura del turista e la sua sicurezza, l’attenzione ai servizi, uniti al grande desiderio di ripartire con la stagione turistica – ha dichiarato il presidente della Fee Italia, Claudio Mazza, durante la cerimonia di consegna dei riconoscimenti – fanno dei comuni Bandiera blu un propulsore per la ripresa del turismo italiano in questo particolare momento storico”.

La spiaggia di Roccalumera

Insomma, rendere il mare siciliano più salubre e sicuro non è “soltanto” un toccasana per i cittadini dell’Isola, ma anche un modo per sfruttare a pieno le potenzialità del turismo rivierasco tipico della nostra regione. “Siamo certi – ha commentato a questo proposito l’assessore regionale al Turismo, Manlio Messina – che questi nuovi riconoscimenti, insieme alle campagne promozionali sul turismo avviate dal governo Musumeci, in particolare quella di ‘SeeSicily’, ci consentiranno, a partire già da quest’anno, un aumento delle presenze turistiche nell’Isola”.

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