La scrittrice si racconta al QdS e alle donne dice: “Prendete iniziativa”
PALERMO – Lo scorso 3 ottobre l’associazione culturale Inikon di Partinico ha conferito il premio Iniko – Una donna contro le mafie alla scrittrice ed ex assessore ai Beni culturali della città di Catania, Silvana Grasso. Un riconoscimento arrivato proprio in virtù del ruolo politico ricoperto, un percorso travagliato, ostacolato ma sempre difeso con veemenza.
è proprio a tale percorso che vogliamo dare ampio spazio in questa 24° puntata che il Qds dedica all’universo femminile. A Silvana Grasso abbiamo chiesto cosa significa essere donna in un ambiente a trazione maschile, abbiamo chiesto della sua carriera ma soprattutto del presente e del futuro della Sicilia.
In genere le figure accostate alla lotta alla mafia sono maschili, le donne hanno anche qui un ruolo marginale, anche se sappiamo che non è così.
“La donne hanno da sempre avuto spazi risicati soprattutto in politica, feudo assoluto del genere maschile, basti pensare che il diritto di voto alla donna è stato strappato coi denti, quasi fosse una concessione ormai inevitabile, non un diritto, solo nel 1945. Sostengo, però, con documentazione alla mano che, almeno nel Sud, la singola donna stenta a prendere iniziative che la possano esporre, danneggiare. Tenta sempre di fare gruppo, sodalizio, e questo ritengo sia un limite. L’eversione all’illegalità non può aspettare il gruppo, non si tratta di un’azione virtuosa da club service, Fidapa, Inner wheel Soroptimist e altri, programmata un anno prima, spesso denunciare impone tempi strettissimi come successe a me da assessore tecnico ai Beni culturali al Comune di Catania”.
Il suo essere donna ha mai rappresentato un ostacolo o le ha causato episodi spiacevoli?
“In appena 4 mesi, appena mi resi conto della disinvoltura con cui venivano “fatti traslocare” reperti archeologici e quadri di grande valore da Castello Ursino dove, paradossalmente, avrebbero dovuto avere la massima tutela, alle dimore private, ebbi solo il tempo di capire che la politica che mi circondava mi avrebbe fatta fuori, dunque dovevo agire prima di chi voleva la mia decapitazione. E così fu cesarianamente: veni vidi vici, un’azione solitaria perché, tranne qualche galantuomo, mi erano ferocemente ostili i politici, ma io non mi feci intimidire. Chiamai a soccorso tutta la città di Catania, raccontando spesso con una gestualità eloquente, che non era del mio quotidiano, lo scempio che si perpetrava a loro danno: Librino, il Fortino, San Giorgio, Civita, San Berillo, i quartieri popolari della città capirono, appoggiarono e condivisero. Mi salvò non il gruppo ma la comunicazione rivolta a un’intera città che mi adottò, mi amò e con me fece la crociata per Castello Ursino. I mastini retrocessero e in un baleno l’atteggiamento passò da intimidazione a soggezione. Subito dopo denunciai alla Magistratura, appena in tempo, affinché il patrimonio archeologico del Principe di Biscari, di cui erano eredi i catanesi, venisse messo in salvo da altre ignobili rapine. Proprio per questa mia crociata partita da sola, poi condivisa con i catanesi, ricevo a Partinico questo Premio pulito e nobilissimo dell’associazione Inikos che tredici anni dopo la vicenda di Catania accende il faro su fatti di legalità vera, e battaglie contro l’illecito e l’abuso. La politica catanese mi ha liquidato in tutta fretta, ma io ero ben consapevole di questo. Insomma, se Partinico mi premia per la legalità e la politica catanese per lo stesso motivo mi ha ghigliottinata, (si sono illusi d’avermi ghigliottinata), la domanda da porsi è questa: non sarà che la legalità a certa politica catanese, ramificata e radicata in un obsoleto malsano modus operandi, risulta indigesta? Questo è il momento giusto per farsi sentire, per non aver paura d’aver coraggio, per denunciare senza pentitismi. In questo vuoto politico e di valori c’è davvero spazio per donne e uomini virtuosi che abbiano il talento alla giustizia e alla legalità e non temano di ostentarlo. Come scrittrice ho ricevuto premi nazionali e internazionali prestigiosissimi, ma questo premio è di tutti il più speciale e amato: premia la persona che sono, la battaglie che ho perso e vinto, quel talento all’onestà contro cui invano hanno tentato di gettare l’acido della delegittimazione, perché così così agisce la ‘mafia’ politica: delegittima la persona affinché tutto il suo operato sia svilito delegittimato”.
E in ambito letterario?
“Anche nella scrittura ho operato allo stesso modo, modo solitario, evocativo delle mie nevrosi, sordo alle sirene del facile successo, fedele solo alla mia sconfinata passione per la lingua. Dunque non ho mai avuto una scrittura di moda. Per questo motivo, il mio editore Giulio Einaudi in persona, da subito destinò i miei romanzi alla collana Supercorallo, la collana dei classici. Bisogna sempre procedere anche senza nessun seguito, convinti di fare la cosa giusta ma soprattutto convinti di non potere agire diversamente: la legalità, l’onestà non ammettono surroghe né surrogati, dunque c’è poco da scegliere”.
Lei conosce bene la Sicilia e il suo contesto culturale e socio-economico. I numeri sono sempre pessimi, al di sotto della media nazionale ed europea. Cosa non si è fatto e cosa si può fare?
“Onestà e legalità dovrebbero essere in politica il primo requisito, invece i requisiti oggi richiesti da qualunque colore politico sono: ciarlataneria, ignoranza, cafonaggine, furfanteria, infarto sintattico, leucemia ortografica, e non c’è quasi più nessuno che non abbia avvisi di garanzia, processi e condanne già al primo o secondo anno di mandato. È tanto comune trasgredire la legge che nessuno più sembra farci caso: questa è la necrosi d’una società civile, questa è la resa di un popolo. Viviamo, anzi sopravviviamo, in una Sicilia senza strade né autostrade, ormai ridotti all’osso, a breve ci sposteremo a dorso di mulo o carro. Tutto è a rischio crollo, franano i costoni, franano le montagne su cui non si interviene mai, tracimano i fiumi senza manutenzione, da qualunque parte la si guardi, rifiuti urbani, viabilità, discariche, ovunque è fallimento, vergogna, ovunque ‘mafia’. Lo Statuto Speciale che avrebbe dovuto, con una politica non scellerata ma seria appassionata, garantirci condizioni di vita eccellenti si è rivelato un disastro, un boomerang. I siciliani annaspano asfissiati sotto la scure del malaffare, e non alludo alla mafia stricto sensu ma alla mafia in giacca e rolex. Provate a vedere ogni anno quanti politici in Sicilia vengono imputati, processati, condannati per concorso esterno alla Mafia. Lì , in questo immondo amplesso s’annida la lebbra che impedisce alla Sicilia, una terra che la natura ha graziato come nessun’altra, di fare economia, di vivere in sicurezza, di avere garantito il posto di lavoro e la manutenzione. Non c’è un ponte che non sia già crollato o a rischio crollo, ma se non crolla non si interviene, quando intervenire in ritardo significa rendere la vita impossibile a quanti per lavoro sono pendolari. Il patrimonio di una gioventù di grande valore e merito si trasferisce all’estero che ne ha grande cura, mentre in Sicilia il merito è considerato un virus pericolosissimo e i concorsi sono vinti, senza merito, già prima d’essere banditi. Ogni tanto qualcuno denuncia, succede un polverone mediatico, e salta qualche testa, ma per una denuncia mille altre non vengono presentate, e comunque il modus operandi resta immutabile borbonico: non serve il merito, un curriculum d’eccellenza è d’ostacolo, basta avere ‘amici’ esattamente come quand’ero ragazzina, gli stessi sistemi”.
Come vede il futuro?
“Questo potrebbe essere un buon momento per agire e soprattutto reagire ma la gente è stanca, i giovani vanno via, restano i vecchi. Non che i vecchi non siano un immenso valore, ma il ricambio generazionale ne soffre, i giovani fanno nascere i figli fuori, al Nord o all’estero dove vivono e lavorano, la Sicilia ha perso moltissimi siciliani, a fare numero sono rimasti gli extracomunitari residenti, con e senza permesso di soggiorno, solo per questo la desertificazione umana è meno evidente. Ancora si può, ancora si è in tempo per assistere al miracolo di rinascita della nostra amata terra, ognuno però faccia la sua parte. I siciliani onesti sono moltissimi, amano la loro terra e vogliono restare dove sono nati cresciuti al profumo di zagara e lumìa”.