Bandi per la realizzazione “bloccati”, silenzio dalla Regione siciliana. Intanto il sindaco di Roma tira dritto
PALERMO – Una corsa contro il tempo mentre la sabbia scorre inesorabilmente nella clessidra. Potremmo usare questa metafora per descrivere la situazione dello smaltimento dei rifiuti in Sicilia. Un tema che abbiamo affrontato molte volte e che resta di scottante attualità, specie alla luce di quanto affermato in un recente rapporto di Utilitalia, che ha snocciolato numeri significativi su discariche e termovalorizzatori. Punto di riferimento dell’analisi sono gli standard europei e gli obiettivi sull’economia circolare delineati per il 2035, standard che prevedono di ridurre il conferimento in discarica a valori inferiori al 10%. L’Italia, da questo punto di vista, non spicca positivamente visto che la media nazionale si attesta al 20%, ben peggiori sono i dati specifici di Centro (41,7%) e Sud (36,7%).
Discariche sature
Ma la situazione si aggrava ancor di più guardando alla vita residua delle discariche, vale a dire al periodo di tempo stimato prima della loro totale e irrimediabile saturazione. Per il Nord e il Centro si prospettano – spiega Utilitalia – ancora 4 anni, che diventano due al Sud e in Sicilia e solo uno in Sardegna. Ne deriva, dunque, che è necessaria una totale inversione di marcia, possibile solo con la costruzione di nuovi impianti per il trattamento dell’organico e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili.
Fabbisogno impiantistico
Secondo le stime del già citato rapporto, dunque, proprio per rispettare gli standard comunitari, il fabbisogno impiantistico italiano ammonta a 30 stabilimenti, che smaltirebbero 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti. Sempre in previsione futura, se non fosse posto rimedio, le regioni meridionali avranno un fabbisogno di recupero energetico di 600 mila tonnellate e di 1,4 per ciò che concerne il trattamento dell’organico. In Sicilia il deficit sarebbe di 500 mila tonnellate per l’incenerimento e di 600 mila per la frazione organica. A tutto ciò si aggiunge proprio la già citata questione del “viaggio” dei rifiuti verso il Nord Italia o verso stati esteri, come l’Olanda, diventata negli ultimi mesi meta dell’immondizia siciliana.
Una pratica dannosa e negativa sotto molteplici punti di vista, a cominciare da quello economico visto che tali conferimenti pesano sulle tasche dei cittadini, soprattutto – incredibile a dirsi – sui cittadini di quelle città dove il servizio di raccolta dei rifiuti è meno efficiente. Basti pensare che il peso per le spese di trasporto si è tradotto, a livello nazionale, in 75 milioni di euro in più sulla Tari.
A partire dall’1 novembre ogni singola tonnellata, infatti, costa ai 170 comuni siciliani esportatori ben 365 euro. Il triplo rispetto alla cifra, pari a 110 euro, corrisposta dagli stessi Enti locali prima del nuovo stop nella discarica della Sicula trasporti e addirittura il quadruplo di quanto spende un’Amministrazione comunale trentina (89 euro) per conferire il rifiuto indifferenziato nel termovalorizzatore di Bolzano. Senza dimenticare, poi, che solo nel 2020 l’Italia ha pagato 67 milioni di euro di multe comminate dall’Ue per inadempienze sulla gestione dell’immondizia.
Quel “via vai” di tir che nuove all’ambiente
Altro allarme legato all’export dei rifiuti è quello ambientale. In Italia viaggiano annualmente 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti (poco più del 10% del totale) per trasportare i quali – nel 2020 – sono stati necessari 120 mila viaggi di camion, che hanno percorso 68 milioni di km. Ciò ha comportato l’emissione di oltre 40.000 tonnellate di C02. Dati che, semmai ce ne fosse bisogno, rendono ancor più cristallina l’esigenza dei termovalorizzatori. Al contrario di quanto afferma certo pseudo ambientalismo, infatti, è indiscutibile che tali impianti sono infinitamente meno inquinanti del “tandem” discariche – esportazione dei rifiuti. E inoltre la loro installazione rappresenterebbe un passo in avanti verso la decarbonizzazione, obiettivo considerato prioritario da istituzioni ed organismi sovranazionali europei e mondiali.
Il bando siciliano avvolto nel mistero
Ma qual è la situazione in Sicilia? Come noto, seppur in notevole ritardo, il governo Musumeci ha emesso una manifestazione d’interesse nell’estate del 2021, a cui sono seguite sette proposte, ridotte poi a due dal nucleo di valutazione presieduto dal dirigente Salvatore Liuzzo, che ha individuato come migliori i progetti di Asja Ambiente e A2A. Da quel momento in poi, però, è rimasto tutto fermo e si attende ancora che Palazzo d’Orleans emetta il bando di gara. Per approfondire questo tema e per avere delucidazioni – circa le tempistiche e il percorso delineato dal Governo regionale – il Quotidiano di Sicilia ha raggiunto telefonicamente il neo assessore Roberto Di Mauro e Antonio Martini, dirigente generale ad interim del dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti. Entrambi hanno preferito non rilasciare alcuna dichiarazione, motivando questa scelta con la necessità di attendere ancora qualche giorno per la definitiva organizzazione dell’assessorato e delle sue strutture.
La questione è, chiaramente, sul tavolo e dovrebbe avere priorità assoluta nell’agenda dell’assessore, ma a quanto si legge nelle poche dichiarazioni rilasciate sull’argomento, prima di trincerarsi dietro un silenzio probabilmente tattico, Di Mauro avrebbe messo un freno alla realizzazione degli impianti, in quanto secondo lui andrebbero realizzati con un contributo pubblico per evitare una tariffa troppo alta da parte dei gestori (cosa che però stride con quello che accade nelle altre regioni dove gli impianti privati hanno costi nettamente minori rispetto alle discariche).
I bandi privati
La “sagra del paradosso”, per ciò che concerne i termovalorizzatori in Sicilia, non riguarda soltanto il bando mai nato perché – a dire il vero – vi sono due altri progetti, fermi da tempo nelle sabbie della burocrazia isolana. Si tratta degli impianti progettati da Sicula trasporti e Sienergy, per i quali si attende il completamento dell’iter di approvazione in commissione Via/Vas. Il parere era atteso alla fine di agosto, ma ha continuato a slittare. Il nuovo obiettivo – spiega il presidente della struttura Aurelio Angelini al QdS – è quello di portare a compimento l’iter prima della fine dell’anno: “Faremo questa procedura entro metà dicembre, la stiamo esaminando e quindi non posso parlarne visto che è in corso la fase conclusiva. Prima di Natale contiamo di concluderla”.
Tempi che sono, forse, inevitabili ma che appaiono paradossali se si pensa, ad esempio, che il progetto della Sicula trasporti è stato messo nero su bianco nel 2009. Ed è forse meglio non pensare a quanto – i siciliani e la Sicilia – avrebbero “guadagnato” in questi anni se il termovalorizzatore fosse stato realizzato e fosse “entrato in servizio” in tempi ragionevoli.
I vantaggi energetici
L’installazione di impianti di termovalorizzazione porterebbe, com’è noto, grandissimi benefici, specie in un contesto come quello siciliano, anche dal punto di vista economico, sociale e lavorativo. Oltre ai vantaggi strettamente legati ai fattori economici ed ambientali che abbiamo già visto, vanno considerati quello relativi alla situazione occupazionale e all’indotto, senza dimenticare l’apporto dei termovalorizzatori per contrastare e mitigare la crisi energetica e il caro bollette. Tramite il biometano prodotto attraverso il recupero della frazione organica e l’energia rinnovabile prodotta dagli stessi combustori, infatti, si potrebbero soddisfare – rileva il rapporto di UtilItalia – rispettivamente le necessità energetiche di 230 mila e 460 mila famiglie (pari circa a 70 mila e 1, 4 milioni di cittadini) ogni anno.
Schifani sulla “scia” di Gualtieri?
L’esempio da seguire sembra essere quello di Roma, città invasa e “ferita” dall’emergenza rifiuti, con tutte le conseguenze del caso e con risvolti tragicomici come quello dell’ “invasione” dei cinghiali, che rappresentano in realtà un vero e proprio pericolo, specie in alcune aree cittadine dove la fanno da padrone. Proprio per risolvere tutte le criticità legate al problema immondizia il sindaco Roberto Gualtieri, poco dopo il suo insediamento al Campidoglio, ha innestato la marcia per realizzare un adeguato numero di impianti. A tal proposito il precedente esecutivo lo ha investito del ruolo di Commissario straordinario.
Il primo cittadino della Capitale tira dritto e, proprio in questi giorni, ha chiarito dettagli ed obiettivi del piano che “prevede due impianti di selezione delle frazioni secche, due biodigestori anaerobici e un termovalorizzatore da 600 mila tonnellate per la frazione indifferenziata basato sulla migliore tecnologia per il recupero energetico, il riciclo delle ceneri, il controllo delle emissioni. Supereremo così – ha aggiunto – i più ambiziosi obiettivi europei e porremo fine alla vergognosa processione di tir, treni e navi che ogni giorno portano i rifiuti di Roma in tutta Italia e in tutta Europa”. Insomma, una decisa accelerazione verso la realizzazione degli impianti, in virtù anche del ruolo assunto da Gualtieri che – questa è la sensazione – permetterà di superare senza colpo ferire le pastoie politiche e burocratiche. Con una tempistica che il primo cittadino ha già fissato: “Contestualmente all’approvazione definitiva del Piano dei rifiuti, procederò ad autorizzare la pubblicazione della manifestazione di interesse che avvierà la procedura per la realizzazione del termovalorizzatore, che potrà vedere l’aggiudicazione della gara entro l’estate e l’apertura del cantiere entro la fine del 2023”.
Uno sprint che potrebbe “imitare” anche il presidente della Regione siciliana Renato Schifani. Lo stesso neo-governatore, peraltro, ha ribadito l’esigenza di costruire impianti per il trattamento dei rifiuti. Commentando la decisione del sindaco di Palermo, Roberto La Galla, di aprire a determinate condizioni la discarica di Bellolampo ai Comuni della provincia Schifani ha aggiunto: “È evidente che non si può continuare ad andare avanti di emergenza in emergenza: la scelta strategica di realizzare i termovalorizzatori è ineluttabile per permettere alla Sicilia di risolvere il problema dei rifiuti in via definitiva. Bisogna lavorare con velocità su questo fronte”. Parole che sembrano di buon auspicio, ma che dovranno diventare fatti concreti, proprio con quella velocità di cui parla Schifani. La Sicilia non può più attendere, deve compiere questo passo. Il rischio, altrimenti, è quello di ritrovarsi sommersa dai rifiuti.