Il parlamentare regionale replica all’inchiesta del QdS e spiega come secondo lui la Sicilia deve smaltire i rifiuti non recuperabili
PALERMO – L’approfondimento del QdS di giovedì scorso che analizzava le bugie di chi non vuole i termovalorizzatori in Sicilia ha smosso le acque in casa cinque stelle. Ci ha infatti contattato Giampiero Trizzino, componente pentastellato della commissione Ambiente all’Ars per esprimere il suo punto di vista. “Spesso la termovalorizzazione viene indicata come risposta alla discarica. In realtà non è così perché la termovalorizzazione è una soluzione finale che sta nella gerarchia del trattamento dei rifiuti nell’ultimo gradino come indicato dalle normative europee e nazionali. Il termovalorizzatore non è alternativo alla discarica ma è un modo per bypassare le prime fasi della gestione dei rifiuti: riduzione, recupero e riciclo. Se si guarda il piano dei rifiuti approvato ad aprile dalla Giunta Musumeci si vede che il 40% della raccolta differenziata sono rifiuti umidi che quindi vanno negli impianti di compostaggio. Ma la Sicilia ne ha meno della metà del suo fabbisogno. Significa che la metà di questi rifiuti finisce in discarica o nei termovalorizzatori se si costruiranno”.
I termovalorizzatori non sono nell’ultimo gradino come lei afferma, ma la direttiva europea, 2008/98/CE, li pone al quarto posto, prima delle discariche che invece vanno sì eliminate. Gli impianti di ultima generazione, a basse emissioni molto inferiori alle discariche, servono a recuperare la frazione indifferenziata del rifiuto che ci sarà sempre, anche con una quota elevata di differenziata. Senza un termovalorizzatore questa quota andrà in discarica causando una procedura di infrazione da parte dell’Ue…
“Se domani decidiamo di costruire un sistema di gestione dei rifiuti dove non esiste nulla si può fare questo ragionamento e si potrebbe scegliere se mandare l’indifferenziata in discarica o in un inceneritore. Ma in Sicilia esistono discariche operative che sono state soggette alle procedure di ammodernamento. Secondo il piano regionale dei rifiuti, al 65% di differenziata produrremmo 800mila tonnellate di indifferenziato e le discariche siciliane, con gli ampliamenti concessi (quelle di Catania, quella di Palermo, quella di Agrigento e quella di Gela) sono in grado di ospitare per oltre dieci anni queste quantità. Questo significa che il piano, attraverso gli ampliamenti che già sono stati concessi, è in grado di smaltire l’indifferenziata. Lo stesso piano dice che non si possono fare gli inceneritori perché ‘si reputa necessario rinviare l’analisi del fabbisogno residuo da coprire con eventuali impianti di incenerimento ad un eventuale stralcio del piano’. Bisognerebbe ricalcolare le 800mila tonnellate e sottrarle alle discariche. Ma una discarica privata come quella di Oikos o quella dei Leonardi o quella dei Catanzaro che ha ottenuto gli ampliamenti con spese milionarie, domani decide di chiudere i battenti perché hanno cambiato le carte in tavola? Il rischio che si crea quando si costruiscono gli inceneritori è che entrino in funzione insieme alle discariche e che la Sicilia diventi un hub dei rifiuti dell’Italia meridionale”.
Sì ma perché sotterrare queste 800mila tonnellate annue di rifiuti, inquinando e consumando suolo, senza alcuna valorizzazione del rifiuto come energia? Peraltro tra 10 anni non potrà andare in discarica più del 10% (che già è un “delitto”)…
“Oggi siamo nel 2022 e in questo momento la raccolta differenziata è calcolata al 65% ma al 2035 la raccolta differenziata deve arrivare al 90%. Quindi quelle 800mila tonnellate diventeranno 200mila tonnellate divise per otto discariche garantiscono una copertura di vita molto più lunga. Proprio perché sono 200mila tonnellate, la domanda è: per quale motivo Musumeci vuole fare due impianti con capacità da 800mila tonnellate complessive? Dove le va a trovare le tonnellate per tenere in vita gli impianti? Visto che si deve realizzare tra cinque anni perché lo costruisce con gli standard di fabbisogno del 2022 e non con quelli del 2027? Perché evidentemente non si vuole aumentare la raccolta differenziata, e continueremmo a subire le infrazioni europee, oppure si vogliono raccogliere rifiuti da altre parti. Ecco qual è l’inganno degli inceneritori”.
Allo stesso tempo, lo ribadiamo ancora, sono ambientalmente meno dannosi delle discariche…
“Anche qui, il concetto di impatto ambientale è totalmente diverso. Potenzialmente potrei dire che in una situazione ottimale gli inceneritori possono inquinare meno delle discariche. Ma non è questo il punto: le discariche e gli inceneritori non garantiscono la valorizzazione dei rifiuti. Con questi impianti si fa recupero energetico, che non ha niente a che vedere con quello di materia previsto dalle direttive comunitarie del 2018 secondo cui un prodotto che entra nel mercato sottoforma di plastica deve uscire come plastica. Oggi i nuovi fondi europei e nazionali prevedono solo la costruzione, infatti, di impianti di recupero. Il Green new deal pone il divieto di utilizzare i fondi per termovalorizzatori e discariche. Questo perché non c’è valorizzazione ma recupero energetico”.
Nell’ottica dell’economia circolare i prodotti possono essere recuperati un numero determinato di volte. Secondo voi qual è il modo per smaltirlo una volta che finisce la vita di questo prodotto?
“Questo è un falso mito. Gli studi fatti sull’economia circolare dicono che la plastica può essere recuperata migliaia di volte e vivere talmente tante vite che iniziare a fare ragionamenti per capire che fine farà quando perderà valore economico è anacronistico. Iniziamo a valorizzare la materia e poi si vede. Ci sono tante aziende che utilizzano materiale riciclato anche in Sicilia senza alcuna difficoltà di reperimento, i costi sono un po’ più alti ma perché ci sono meno impianti. Se noi iniziamo a produrne con maggiore frequenza è normale che i costi si abbasseranno”.
I prodotti che acquistano queste aziende andranno a finire comunque negli impianti di recupero e non nei termovalorizzatori. Quindi non ci dovrebbe essere un freno al recupero della materia…
“È esatto. Ma se sei al 75% di raccolta differenziata e ti puoi spingere al 90% quella frazione del 20% non l’hai recuperata. È vero che non si può incenerire la plastica, ma poi nei fatti si fa. Se la plastica si butta nell’indifferenziato non ci si può fare nulla. Si dovrebbe investire in impianti molto avveniristici, come gli ultimi impianti di termovalorizzazione di cui si parla ultimamente, che hanno la capacità di differenziare il rifiuto indifferenziato. Perché non invitiamo le aziende a costruire gli impianti di raffinamento dell’indifferenziato come quelli costruiti dalla Arrow o dal Cnr? Le discariche si saturano perché fino a meno di cinque anni fa utilizzavamo le discariche per conferire i rifiuti tal quale. Cosa per cui abbiamo ricevuto una procedura di infrazione in quanto tutte le discariche devono avere per legge un impianto Tmb”.
Ad oggi tutte le discariche in funzione sono dotate di un Tmb…
“Ora si, ma prima no. La sesta vasca di Bellolampo si è riempita anche perché trovavano carcasse di animali in quanto venivano conferiti i rifiuti per come uscivano dall’autocompattatore. È ovvio che nessuno può essere a favore delle discariche. Ma l’equivoco è sempre qui: se si vuole costruire un sistema che funziona non si può calare dall’alto come se la Sicilia non avesse mai avuto discariche. Quando si vogliono risolvere i problemi si parte dalla testa e solo alla fine si ragiona su quello che rimane. A quel punto, dopo che si fanno tutti i calcoli e si capisce che le discariche tra dieci anni saranno sature, e decidiamo di chiuderle, allora si fa un discorso diverso che non deve essere per forza quello dell’inceritore. Potrebbe essere anche la pirolisi che non utilizza la combustione ma produce un risultato molto simile. Ci sono tanti sistemi alternativi ma comunque si parte sempre dalla fine”.
Quindi voi non contestate l’impianto in sé ma il metodo in cui sta venendo realizzato?
“Io non potrò mai avallare la costruzione di un inceneritore perché non permette il recupero di materia e quindi per me è un problema ambientale”.
In molti altri Paesi però gli impianti di recupero di materia vanno di pri passo con quelli di termovalorizzazione. Come se lo spiega?
“Perché lo avevano prima e non l’hanno costruito oggi. Come a Padova. E in ogni caso gli inceneritori hanno bisogno delle discariche perché un terzo dei rifiuti si trasforma in cenere e va messo in discarica. Al netto di questo, quei territori dove già esiste l’inceneritore lo devono tenere perché una parte residua di indifferenziato in qualche modo si deve smaltire. Ma dove si hanno già altri sistemi come le discariche, la cosa più logica è mettere a sistema quello che si ha e farlo funzionare nel migliore dei modi. L’inceneritore leva la munnizza sotto casa ma non ha nessun senso logico su quelle che sono le nuove prescrizioni sulla tutela dell’ambiente”.