Il divario economico, culturale e infrastrutturale tra Nord e Sud rischia di aumentare e di spaccare il Paese
PALERMO – Catania e Messina – un po’ a sorpresa, dobbiamo ammetterlo – sono tra le città metropolitane digitalmente più sostenibili di tutta Italia. È questo uno dei principali dati che emerge dall’analisi del Digital transformation institute (Dti), la prima Fondazione di ricerca in Italia che analizza le correlazioni tra trasformazione digitale e sostenibilità con l’obiettivo di supportare istituzioni e imprese nella costruzione di un futuro migliore.
I risultati di questa ricerca, che ha preso in considerazione 58 indicatori di performance (Kpi) che legano il ruolo sistemico del digitale alla sostenibilità ambientale, economica e sociale, sono stati presentati nel corso del Digital sustainability day, l’evento annuale del Dti e principale incontro dedicato per guardare a tendenze, fatti e prospettive della sostenibilità digitale nel nostro Paese.
La mission della Fondazione è quella di studiare le dinamiche indotte dalla trasformazione digitale, con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, culturale, sociale ed economica. In quest’ottica il Dti agisce attraverso una struttura costituita da esperti indipendenti, istituzioni, imprese e Università, sviluppa attività di ricerca, fornisce letture e interpretazioni della trasformazione digitale, offre indicazioni operative per gli attori coinvolti, intercetta i trend del cambiamento e ne analizza gli impatti rispetto allo sviluppo sostenibile.
Se la mancanza di infrastrutture digitali e di cultura aumenta il divario digitale tra Nord e Sud del Paese e contribuisce ad allontanare gli obiettivi di sostenibilità del Pnrr e di Agenda 2030, è pur vero che la Sicilia continua a fare la propria parte nel riammodernamento dei sistemi digitali e nel processo di sviluppo tecnologico. O almeno parzialmente.
In base al DiSi City, l’indice sviluppato dalla Fondazione con l’Istituto di Studi politici San Pio V per misurare la sostenibilità digitale delle 14 città metropolitane italiane, la spaccatura non esiste soltanto tra Nord e Sud del Paese ma anche tra Est e Ovest dell’Isola. I cittadini di Catania e Messina, rispettivamente quarta e settima in classifica, mostrano una propensione alla consapevolezza e al rispetto nell’utilizzo degli strumenti tecnologici e digitali. Palermo invece arriva davanti soltanto a Reggio Calabria e Napoli, in un poco lusinghiero terz’ultimo posto.
Come confermato dal vice sindaco del Comune di Messina, Salvatore Mondello, le motivazioni alla base di questo risultato lusinghiero per la Città dello Stretto sono dovute anche a ragioni di carattere meramente infrastrutturale: “La diffusione della fibra è un fattore non trascurabile. In città è avvenuta in modo puntuale e non senza problemi, ma posso aggiungere che sarà implementata in maniera capillare”.
Prendendo in mano i dati in possesso del ministero delle Imprese e del Made in Italy, è possibile notare come un completamento reale dei cantieri che possano consentire passi in avanti in termini di digitalizzazione, sia ancora di là da venire. Il piano strategico Banda ultralarga del ministero ha l’obiettivo di sviluppare una rete per connessione ultraveloce sull’intero territorio nazionale per creare un’infrastruttura pubblica di telecomunicazioni coerente con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy attua le misure definite per la strategia nazionale anche attraverso la sua società in house Infratel Italia Spa.
La mission di Infratel consiste nel curare i programmi di infrastrutturazione del Paese, in particolare con riferimento allo sviluppo della rete di banda ultralarga e dei servizi pubblici di connessione wi-fi nella cornice della Strategia italiana per la banda ultralarga. Al momento, però, come è possibile leggere su bandaultralarga.it, sito del ministero delle Imprese e del Made in Italy per il monitoraggio riguardante la diffusione della fibra sul territorio nazionale, il futuro in Italia sembra ancora di là da venire, al pari di una corretta diffusione della fibra su tutto il territorio nazionale. Da questo punto di vista, la Sicilia resta ancora un puzzle a chiazze che variano dal grigio al blu intenso, legenda che stabilisce l’inoperatività nella diffusione (grigio) nei comuni dell’Isola, lo stato di progettazione esecutiva (giallo) e il reale grado di diffusione (sfumature di blu).
L’amministrazione di Cateno De Luca prima e quella Federico Basile poi, hanno scelto di investire nel digitale per Messina attraverso i fondi Pon Metro e non solo, come ha precisato ancora il vice sindaco Mondello: “Attraverso tutta una serie di finanziamenti extra bilancio, abbiamo rivisitato tutta la macchina digitale, quindi implementando tutte le piattaforme comunali e ragionando in maniera quanto più smart possibile per immaginare una città migliore nel futuro. Gli utenti hanno adesso più canali informativi a disposizione e la possibilità di partecipare alla vita attiva di Messina come non si era mai verificato in passato”.
Una digitalizzazione che per Messina significa non solo maggiori possibilità di accesso al patrimonio comunale da parte dei cittadini, ma soprattutto a quello storico, culturale e architettonico da parte dei turisti. Con la possibilità di ulteriori investimenti provenienti dai fondi del Pon Metro, oltre 88 milioni di euro totali che stanno permettendo alla città di focalizzarsi sull’applicazione del paradigma Smart city per la modernizzazione dei servizi urbani portando all’adozione di iniziative di innovazione sociale e rafforzando i servizi di inclusione per i segmenti di popolazione più fragile e per le aree e i quartieri maggiormente degradati.
Secondo lo studio Global digital transformation benefits report, diffuso nel corso del World economic forum 2019 a Davos, le sfide future in merito ai processi di digitalizzazione non devono spaventare i governi. Queste possono consentire di far risparmiare in media il 35% nei processi di progettazione, incidendo sulle spese in conto capitale e sull’ottimizzazione dei tempi riducendo del 30% circa i costi per la messa in opera di nuovi sistemi e componenti. La digitalizzazione può portare a risparmi significativi sulle spese operative, migliorando in modo concreto efficienza, affidabilità, sicurezza e sostenibilità in termini di impatto ambientale. Secondo il report, le aziende propense ai processi di digitalizzazione coinvolte nell’analisi raggiungono un risparmio di circa il 24% sui consumi di energia. Una maggiore produttività (fino al 50%) deriva poi dalle efficienze create in termini di gestione dell’energia.
Tornando all’Italia e alla classifica generale delle città metropolitane che emerge dal DiSitm City, tra quelle più sostenibili troviamo prima Bologna, seguita da Roma Capitale e Venezia. Napoli e Reggio Calabria sono invece fanalini di coda con Palermo. Le città metropolitane più infrastrutturate come Milano o Torino sono posizionate nella parte bassa della classifica, e questo avviene laddove le infrastrutture tecnologiche vengono vissute dai cittadini come una “commodity” e il loro ruolo come abilitatori di sostenibilità non è percepito.
A spiegarlo, nel corso del suo intervento durante la presentazione della ricerca, è stato Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la sostenibilità digitale: “Comprendere le ragioni per le quali i cittadini utilizzano strumenti e servizi pensati per supportare obiettivi di sostenibilità è fondamentale, in quanto consente di agire di conseguenza sulle politiche pubbliche”.
Se, al contrario, si analizzano i dati in relazione alla disponibilità di infrastrutture nelle differenti aree del Paese e all’uso consapevole della tecnologia in un’ottica di sostenibilità, la popolazione digitale delle città metropolitane più svantaggiate infrastrutturalmente risulta essere anche quella più attenta alla sostenibilità, come dimostrano i grafici presentati dalla Fondazione.
Ne sono un esempio Catania, così come Bari, Messina, Cagliari, Napoli. Qui, alle competenze digitali devono necessariamente affiancarsi comportamenti sostenibili nonché la consapevolezza di ciò che è sostenibile e di ciò che non lo è. Dati che dimostrano l’esigenza di un importante Piano nazionale di formazione al digitale che possa contribuire a bloccare quel divario galoppante, non solo culturale ma anche sul piano digitale, tra Nord e Sud del Paese.
Situazione di evidente disagio quella vissuta da Palermo, come detto. Qui, come confermato dal sindaco della città, Roberto Lagalla, le responsabilità sono molteplici e da attribuire ad anni di immobilismo che hanno amplificato questo divario: “Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio della Fondazione per la sostenibilità digitale, la città metropolitana di Palermo presenta un basso indice di sostenibilità. Un dato che denuncia una scarsa predisposizione dei cittadini verso la tecnologia e la sostenibilità”.
“Questo quadro – ha aggiunto Lagalla – è stato chiaramente condizionato da anni di immobilismo e di difficoltà economiche in esito al lungo periodo pandemico. Oggi possiamo certamente dire che l’attuale Amministrazione si sta impegnando attivamente per ribaltare questi dati, grazie soprattutto ai fondi messi a disposizione dal Pnrr che Palermo è stata in grado di intercettare raggiungendo uno dei risultati migliori a livello nazionale”.
Per la realizzazione di progetti legati alla digitalizzazione e all’innovazione della Pubblica amministrazione, fanno sapere dal Comune, “la città disporrà di 10,4 milioni di euro e 119,6 milioni per la realizzazione di un nuovo piano cittadino mobilità sostenibile. Un investimento che cambierà il volto di Palermo, orientandola sempre di più verso uno sviluppo economico innovativo e basso impatto ambientale”.