Turetta, la lettera dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin: "Non sono cattivo, merito odio e carcere a vita" - QdS

Turetta, la lettera dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin: “Non sono cattivo, merito odio e carcere a vita”

Turetta, la lettera dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin: “Non sono cattivo, merito odio e carcere a vita”

Redazione  |
martedì 24 Settembre 2024

"Non sono cattivo. Merito l'odio e il carcere a vita per l'omicidio di Giulia". E' uno dei passaggi di una lettera che Filippo Turetta.

“Non sono cattivo. Merito l’odio e il carcere a vita per l’omicidio di Giulia”. E’ uno dei passaggi di una lettera che Filippo Turetta, accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin scrive subito dopo l’arresto in Germania e prima del trasferimento in Italia (25 novembre del 2023). Il processo a carico di Turetta è appena iniziato e si concluderà all’inizio di dicembre con la sentenza.

La lettera

“Ho un po’ di paura a tornare in Italia anche per questo. Non sapevo e non avrei mai immaginato tutto questo sarebbe diventato così famoso in Italia e questo mi fa tanta paura. Ho generato tanto odio e rabbia. E me li merito, sì… ma tutto questo è terribile… ho peggiorato il mondo in qualche modo. Mi merito tutto questo dopo quello che ho fatto. Non sono neanche riuscito a uccidermi…vivrò la mia intera vita in carcere adesso”, scriveva Turetta nella lunga missiva, pubblicata dal sito del “Corriere della Sera”, sperando nel perdono dei genitori.

“Trascorrerò la maggior parte della mia vita, e tutti i momenti e le fasi migliori della vita della maggior parte delle persone normali, all’interno di una piccola stanza da solo. La solitudine e la tristezza prevarranno sulle mie giornate. (…) Tutte le fantastiche e meravigliose persone che ho conosciuto durante la mia vita, tra cui tutti i miei amici speciali, non li rivedrò mai più e loro non vorranno più vedermi, dimenticandomi per sempre” si legge nella missiva scritta di pugno.

La laurea mancata

“Non potrò più finire di laurearmi, conoscere persone, avere una famiglia e godere di quello che ho già. E in tutto questo, soprattutto, ho perso la persona più importante della mia vita, la persona che è tutto per me e cui da due anni penso ininterrottamente ogni giorno, la persona più bella e speciale io potessi mai incontrare in tutta la mia vita e tutto questo per colpa mia. Mi merito tutto questo” prosegue.

“Mi dispiace tanto. Io non volevo, non so perché l’ho fatto, non avrei mai pensato o voluto succedesse niente del genere. Io non sono cattivo lo giuro e so che, nonostante adesso sia difficile, voi possiate credermi e lo avete sempre visto con i vostri occhi. Ogni momento penso che vorrei tornare indietro, vorrei tutto tornasse indietro e non fosse successo niente di tutto questo. È veramente poco e non significa molto dirlo ma mi dispiace veramente con tutto il mio cuore e so che sarà così per tutta la mia vita. Non esiste perdono o qualcosa del genere per questo e io non lo voglio, non lo merito” scrive con mano decisa.

Il resto della missiva

“Ho rovinato la vita a tante persone, troppe, senza averci pensato prima. Ogni giorno e ogni notte spero che tutto questo – scrive Filippo Turetta rivolgendosi alla sua famiglia – non influenzi la vostra vita in peggio. Spero che nessuno vi giudichi negativamente, vi guardi male, rovini la vostra situazione lavorativa o affettiva o le amicizie. Voi non c’entrate assolutamente niente, non avete alcuna colpa o responsabilità. Anzi dovreste essere sostenuti ed aiutati perché siete sempre stati degli ottimi genitori, mi avete sempre aiutato e sostenuto ed educato al meglio e non c’è giorno della mia vita che non abbiate riservato preoccupazioni a me, alla mia salute, al mio benessere… e io ho rovinato tutto (emoji triste)”.

E ancora: “Capirei e accetterei se d’ora in poi voi vogliate dimenticarmi e rinnegarmi come figlio, vi ho già causato troppo dolore e sarebbe probabilmente la scelta migliore per il proseguo della vostra vita. Io stesso non so se ho ancora il coraggio di farmi vedere da voi o guardarvi in faccia. Penso che probabilmente sarebbe meglio un figlio morto che un figlio come me. Ve lo giuro, se solo avessi qui con me un pulsante di suicidio istantaneo non avrei esitato oltre un nanosecondo a premerlo”.

Nella lettera si fa riferimento ai tentativi di suicidio e alla fuga di oltre mille chilometri, dalla provincia di Padova fino alla resa in Germania. “Tutti questi giorni che sono scomparso io non volevo fuggire o scappare o altro. Desideravo solamente riuscire ad uccidermi in qualche modo. Sono un codardo e debole e purtroppo non ce l’ho fatta” conclude Turetta.

Processo lampo per Turetta: “Pronto a parlare per onorare Giulia”

Turetta è pronto a farsi interrogarsi e a rispondere a tutte le domande, “anche per onorare la memoria” di Giulia Cecchettin. L’accordo tra le parti – c’è il sì unanime all’acquisizione del fascicolo della procura e alla rinuncia ai testimoni del pm e della difesa – taglia le gambe ai tempi della giustizia e cancella ogni ipotesi di spettacolarizzazione: Turetta sarà l’unico testimone e sarà interrogato il prossimo 25 e 28 ottobre. Poi sono fissate altre due udienze per la discussione (25 e 26 novembre) e il 3 dicembre è atteso il verdetto. Il processo ‘lampo’ – in tutto sei udienze – ha un duplice obiettivo per i legali di Turetta, gli avvocati Giovanni Carusi e Monica Cornaviera: veder ‘premiato’ il comportamento dell’imputato, che ha chiesto di essere interrogato, e spegnere i riflettori sul delitto dell’11 novembre del 2023.

“Filippo sa che ha il dovere di dover rendere conto al suo giudice. Fare in fretta è anche nell’interesse dell’imputato e la rapidità è un ingrediente essenziale della giustizia. Poi sarà la corte d’Assise a stabilire se merita l’ergastolo oppure un ragazzo di 22 anni può essere condannato a trent’anni”, spiega il legale Caruso.

Famiglia Cecchettin chiede risarcimento da 2 milioni di euro

Un altro risultato di ieri è che il caso più mediatico della cronaca recente è diventato un affare ‘privato’: la corte d’Assise di Venezia ha rigettato la costituzione come parti civili di quattro associazioni contro la violenza di genere, di Penelope l’ente che si occupa di persone scomparse, e dei Comuni di Fossò (luogo del delitto) e di Vigonovo dove la ventiduenne viveva. Solo la famiglia Cecchettin può vantare un danno diretto per la morte di Giulia: più di due milioni la somma chiesta come risarcimento (un milione per il padre, 380mila per il fratello Davide e cifra simile per la sorella Elena – entrambi assenti in aula per impegni di studio -, 150mila euro ciascuno per lo zio Alessio e la nonna).

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