La testimonianza di Pietro Bartolo: "Vedo ancora la lunga e interminabile fila di sacchi di cadaveri, 368, adagiati sul molo Favarolo".
Sono trascorsi 10 anni dal naufragio di Lampedusa in cui persero la vita 368 persone e altre 20 furono inghiottite dal mare senza che si sapesse più nulla di loro. Sono stati 10 anni intensi, fatti di aspre lotte politiche, provvedimenti politici (non ultimo il celebre Decreto Cutro) e, purtroppo, altre morti. Tante, troppe, anche di bambini.
Nel video dei soccorsi dei carabinieri di quel 3 ottobre 2013 si vede poco. Ma chi quella terrificante notte c’era ricorda ancora le sacche dei cadaveri giungere a riva, il dolore e la paura negli occhi dei superstiti (appena 155, di cui 41 minori tutti non accompagnati tranne uno), le difficoltà dei soccorsi, il senso di impotenza provato per non aver potuto salvare più persone. Dieci anni dopo, la retorica emergenziale la fa ancora da padrone e non c’è ombra di un intervento risolutivo nel campo dell’immigrazione. Corridoi umanitari, potenziamento e coordinamento con le Ong, rafforzamento dei centri di accoglienza, accordi con gli altri Paesi dell’Ue e dell’area mediterranea sono quasi del tutto una fantasia – una speranza spesso vana – di chi spera di non vedere più cadaveri nelle acque del Mediterraneo.
Naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, il ricordo 10 anni dopo
Per Graziella Migliosini – imprenditrice con un’attività a Lampedusa, intervistata dal QdS in occasione del decimo anniversario della strage – “quella notte fummo testimoni del fallimento dell’Umanità“. Purtroppo è vero. E quel fallimento continua ogni giorno sotto i nostri occhi e a ricordarlo oggi ci sono non solo le parole di chi visse in prima persona quel naufragio ma anche il silenzio “assordante” mantenuto sul luogo della strage alle 3.15, nell’ora esatta della strage.
La soluzione c’è ed è cambiare rotta. Lo dice anche Pietro Bartolo, eurodeputato e medico in azione nel corso di quel tragico naufragio a Lampedusa, che nelle sedi istituzionali dell’Unione Europea ricorda così la vicenda: “10 anni sono passati da quella terribile notte, vedo ancora la lunga e interminabile fila di sacchi di cadaveri, 368, adagiati sul molo Favarolo. In tanti abbiamo creduto che di fronte a tanta disperazione si potesse voltare pagina e iniziare finalmente a considerare la migrazione come un fenomeno strutturale da gestire e non come un’emergenza da contrastare. E invece da quel 3 ottobre ci separano 10 anni”.
“Mentre continuiamo a parlare di frontiere da difendere, donne, uomini e bambini continuano a morire. Ma insieme a queste persone muoiono anche i valori fondanti dell’Unione europea, nata per difendere i diritti umani e lo Stato di diritto. Dobbiamo cambiare passo e scegliere da che parte stare. È una nostra responsabilità”, conclude Bartolo.
Meloni: “Profonda commozione”
Delle vite perse in mare nel giorno del tragico naufragio di Lampedusa del 2013 ha parlato anche la premier Giorgia Meloni. In una nota scrive: “Ricordiamo oggi con profonda commozione il tragico naufragio di Lampedusa di dieci anni fa, in cui persero la vita 368 persone. Da allora troppe tragedie si sono ripetute per raggiungere le coste d’Europa ed è nostro preciso dovere porre fine a questa continua strage, anche bloccando la partenza delle imbarcazioni di fortuna. L’impegno del Governo italiano per spezzare l’orrendo business della tratta degli esseri umani continuerà incessante, anche nel nome di tutte le vittime che hanno perso la vita in mare”.
Una storia che si ripete
Dal naufragio di Lampedusa del 2013 è nato il Comitato Tre Ottobre, impegnato nella sensibilizzazione sul tema migranti. In questo giorno, in occasione di un anniversario così importante, il pensiero non va solo alle vittime ma anche a chi continua a perdere la vita e rischia in mare: “Commemorazione in mare, nel luogo del naufragio del 3 ottobre 2013. Da allora oltre 27mila vittime“.
Oltre 27mila vittime. Questo il dato da tenere in mente giorno dopo giorno in attesa di una svolta definitiva a una tragedia collettiva.
Foto e video da Italpress