In Italia è in dirittura d’arrivo il recepimento della direttiva europea 2011/7/UE che fissa il termine in 30 giorni
Relativamente all’ipotesi di compensazione dei debiti con le imposte dovute
PALERMO – Dal momento che i tre quarti della spesa corrente delle Regioni sono dedicati alla sanità, è inevitabile che la mancanza di liquidità non influisca negativamente su questo delicato settore. È così che la Corte dei Conti, poche settimane fa, ha reso pubblico il rapporto alle Camere sulla finanza regionale 2011 e ha evidenziato come siano aumentati fino al 10 per cento i debiti degli enti locali nei confronti dei fornitori della sanità, di chi fornisce i beni e i servizi basilari per ospedali, Asp, laboratori…
La situazione in Sicilia non è aggiornata: sono infatti mancanti proprio i dati del 2011 e si possono solo fare ipotesi (nient’affatto rosee) sulla possibile evoluzione di un debito che nel 2010 ammontava a 2.103 milioni di euro. Non è una cifra eccessiva rispetto ai 7,5 miliardi di euro del Lazio o ai 6,6 miliardi della Campania: dati, anche questi, riferiti al 2010 perché in queste Regioni la sanità è commissariata e ancora non sono stati comunicati i dati alla Corte dei conti.
L’organismo di controllo non si esprime affatto con parole tenere: il debito nei confronti dei fornitori è “un fenomeno preoccupante e imponente – scrivono i giudici –, un sintomatico indicatore di rischio per la tenuta degli equilibri di bilancio”. E la soluzione può essere solo nel recepimento di una direttiva europea, la 2011/7/UE. Adottata il 16 febbraio 2011 ma recepibile entro il 2013, la norma prevede il pagamento dei fornitori della Pa entro 30 giorni. Solo in casi eccezioni sono ammessi 60 giorni di attesa (tra cui anche le forniture per il sistema sanitario), ma in tutti l’azienda che vanta il credito può richiedere anche gli interessi di mora e un indennizzo per il costo di recupero del credito.
L’applicazione in Italia è comunque in dirittura d’arrivo. A inizio settembre si è lavorato attorno a un tavolo di confronto (a cui hanno partecipato, tra gli altri, anche Confindustria e l’Associazione bancaria) a Palazzo Chigi che ha stabilito che il Governo recepirà la direttiva entro novembre 2012. In ogni caso, già da qualche mese si è attivato un circolo virtuoso per cercare di aiutare le imprese, come nella spending review approvata a fine primavera (art. 13 bis della legge 52/2012).
La Sicilia però è sottoposta (insieme ad altre 9 Regioni) a un Piano di rientro, quella serie di interventi sottoscritti nel 2007 e attivati nel corso degli anni, finalizzati a ristabilire l’equilibrio economico-finanziario della Regione. Proprio questi Piani di rientro, tuttavia, sono stati da ostacolo per sanare i debiti nei confronti dei fornitori: nella spending review prevedeva infatti un fondo di garanzia per scontare in banca i propri crediti o compensarli con debiti fiscali o previdenziali, ma escludeva proprio i debiti nei confronti dei fornitori della sanità nelle regioni sottoposte a Piano di rientro.
L’intervento delle commissioni Bilancio e Affari Costituzionali del Senato ha poi salvato l’iniziativa: con tre emendamenti, si è provveduto ad “agganciare anche i crediti vantati dalle aziende fornitrici di Asl e ospedali – ha spiegato Francesco Sanna, senatore Pd –, pur con delle cautele che vedranno coinvolte le responsabilità del commissario, quindi di chi ha la responsabilità di fare la verifica dei conti della sanità nell’ambito delle regioni assoggettate a Piani di rientro”.
186 giorni per saldare una fattura
PALERMO – I ritardi dei pagamenti della Pa nei confronti delle aziende che le forniscono beni e servizi, in Italia, ha assunto poco a poco dimensioni enormi. In media, bisogna aspettare in Italia ben 186 giorni perché una fattura sia saldata, mentre la media Europea è di un terzo più bassa (63 giorni). E questi ritardi, immancabilmente, portano a fallimenti: uno su quattro è causato proprio da questi ritardi. E così le proteste sono state all’ordine del giorno, soprattutto nella scorsa primavera, proprio per sensibilizzare la classe politica a fare qualcosa per dare una boccata d’ossigeno all’economia, già di per sé in crisi.
Come se non bastasse, la politica non si è dimostrata molto sensibile al problema. A fine luglio, il presidente dell’Ars Francesco Cascio è stato protagonista di una gaffe: “L’assessore all’Economia Gaetano Armao – ha dichiarato, riferendosi al ritardo nei trasferimenti all’Ars – tratta l’Ars alla stregua di un qualunque fornitore, o di un ente”. “Non c’era assolutamente un intento denigratorio – ha poi corretto il tiro Cascio –. Il mio pensiero era rivolto ai dipendenti dell’Ars e soprattutto ai nostri fornitori, che hanno pari dignità e diritti di quelli regionali”.