Il Rapporto Bes illustra una situazione generale di drammatico indebitamento delle famiglie. Nella nostra regione si registra il tasso più alto di povertà relativa (44,3%)
PALERMO – L’Italia è sempre stata una nazione fondata sul risparmio.
La parsimonia in campo economico è stata in questi anni la virtù per eccellenza che ci ha permesso di uscire indenni dai momenti di crisi ma di fronte a quella attuale, così profonda, secondo gli ultimi dati, gli italiani a partire dal 2011 sono stati costretti a cambiare rotta, ad intaccare le loro riserve, ricorrendo all’indebitamento, e cominciando così a fare i conti con nuovi scenari di emergenza economico-sociale come l’aumento della disuguaglianza nella ricchezza, la povertà relativa ed assoluta, la crescita del divario della ricchezza pro capite di Nord e Sud. La sensazione di benessere economico, ad oggi, che dovrebbe essere generalizzata in paesi industrializzati come il nostro, oggi è purtroppo un privilegio riservato ad una piccola fetta della società.
I dati forniti dal rapporto Bes 2013 illustrano il tentativo fatto dalla popolazione italiana di cercare di mantenere, anche di fronte la crisi, lo stesso tenore di vita del passato. Questo desiderio è costato la discesa della propensione al risparmio sino all’11,5% nel 2011 e la diminuzione del patrimonio familiare del 3,2%.
L’unica certezza di patrimonio è diventata la casa di proprietà, simbolo della solidità patrimoniale per il 72,4% degli italiani. A preoccupare oggi è la crescita della disuguaglianza economica. Il rapporto tra reddito posseduto calcolato tra il 10% più ricco della popolazione e il 10% più povero, è cresciuto del 5,6% nel 2011. Una media tra le più alte in Europa.
Oggi, grazie alle stime calcolate dal rapporto Bes, sappiamo inoltre che il 10% della popolazione più ricca possiede il 45,9% di ricchezza totale disponibile. I dati riguardano il 2010. In un paese in cui il rischio povertà è adesso tra i più alti in Europa (19,6% al 2010), questo divario diventa ancora più preoccupante.
L’emergenza italiana non va interpretata solo attraverso un confronto di più ampio respiro ma anche attraverso uno più ristretto, ovvero tenendo conto delle diverse geografie economiche che la compongono. Tra Nord, Centro, e Mezzogiorno ancora una volta, èquest’ultimo a essere la zona più colpita dalla crisi, con incrementi notevoli di disuguaglianza e povertà.
La disoccupazione, l’inefficienza delle politiche redistributive sono le cause del primato. Le famiglie con componenti senza lavoro sono cresciute dal 9,9% al 13,5% del 2011. La Campania ha il tasso più alto (16,9%), seguita da Sicilia (15,6%). e Calabria (15,5%).
In Sicilia abbiamo la situazione economica forse più drammatica della nazione. Il rischio di povertà relativa è il più alto d’Italia (44,3%), lontanamente vicino a quello di Campania (37,1%), Calabria e Basilicata (31,7%) e Puglia (30,3%). È ancora altissimo l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile. Il nostro 8,1% stacca con minima differenza (1,2%) solo la Basilicata e distanzia invece in modo nettissimo le zone del Nord (Bolzano e il Veneto in primis), dove la disuguaglianza di reddito è pari solo al 3,9%.
In Sicilia vivono il 24,5% di famiglie con gravi deprivazioni materiali, altro indice più alto d’Italia dopo Basilicata (24%), Puglia (20,9%) e Campania (18,7%). Al Nord il massimo del dato è raggiunto dal Piemonte (8%) e al Centro dalla Toscana (8,4%).
Nonostante le oggettive difficoltà dell’unica regione Sicilia, capace sfortunatamente di distinguersi nettamente anche all’interno dello stesso contesto meridionale, sappiamo che è tutto il Sud a soffrire della crisi. Il dato che potrebbe essere utilizzato per sintetizzare la lontananza del benessere economico dal territorio è la quantità della ricchezza media pro capite di queste zone. Essa è pari solo a 63.187 milioni contro i 133.859 milioni del Centro e i 121.280 del Nord. Nel Mezzogiorno abbiamo l’8,8% di povertà assoluta sulla media del 5,7% totale (3,1% in più), il 160,2% di soggettiva difficoltà economica sul 121,8% complessivo (38,4% in più).
La forbice di un divario economico che è conosciuto e dibattuto da centinaia di anni, rischia clamorosamente di allargarsi ancora con il protrarsi di questa crisi economica. Sino a quando non si giungerà alla consapevolezza di dover finalmente imparare a sfruttare le numerose risorse del Mezzogiorno nella corretta maniera, ovvero con investimenti seri e lungimiranti, sarà impossibile sperare in un futuro in cui sarà tutta l’economia del Paese a procedere, anche attraverso strade diverse, su un’unica direzione di progresso.