Sud, 39 nuclei familiari su 100 sono a rischio povertà - QdS

Sud, 39 nuclei familiari su 100 sono a rischio povertà

Gianluca Di Maita

Sud, 39 nuclei familiari su 100 sono a rischio povertà

sabato 27 Aprile 2013

Sul banco degli imputati la crisi ma anche decenni di gestione dissennata delle risorse economiche del Mezzogiorno. A fronte di una media nazionale che si attesta al 24,6%. Lo rivela il Censis

PALERMO – Sicilia, Calabria, Campania e Puglia registrano indici di diseguaglianza, sociale ed economica, consistentemente più elevati rispetto alla media nazionale. È questo il quadro mostrato dal rapporto “La crisi sociale nel Mezzogiorno”, realizzato da Censis. Chi abita in queste regioni e vuole mettere su famiglia, potrebbe ritrovarsi tra quel 26% che è materialmente povero e che possiede delle difficoltà oggettive ad affrontare spese essenziali.
 
Sono a rischio di povertà nel Mezzogiorno 39 nuclei familiari su 100, a fronte di una media nazionale del 24,6%. Nella scorsa puntata (Qds di sabato 6 aprile), abbiamo ampiamente discusso dei problemi sociali ed economici, derivanti da una carenza dei posti di lavoro, una disoccupazione preoccupante e dei redditi in calo, specialmente in Sicilia. Non risulta difficile capire che la situazione in cui versano le famiglie siciliane e meridionali è il risultato della congiuntura di tutti questi elementi. Non si può non tener presente la particolare fase di crisi economica, ma sul banco degli imputati vi sono anche il persistere di meccanismi clientelari e la diffusione di intermediazioni illecite nella gestione dei finanziamenti pubblici che hanno contribuito ad alimentare il divario sociale tra Sud e Nord e tra ricchi e poveri all’interno delle stesse regioni meridionali.
Nel luglio dell’anno scorso il nostro quotidiano denunciava il fatto che la Sicilia avesse ancora l’80% dei fondi ue, erogati nell’ambito dei programmi dell’obiettivo convergenza, da spendere. In via esclusiva, alle regioni meridionali sono stati assegnati contributi per un ammontare di 43,6 miliardi di euro, per il settennato 2007-2013 ( senza contare i residui, non da poco, del settennato precedente). Mancano 8 mesi alla chiusura del periodo di programmazione e risulta impegnato, nel Meridione, appena il 53% delle risorse disponibili e speso solo il 21,2%. Sebbene il Governo nel 2011 abbia auspicato per una più efficace riprogrammazione delle risorse comunitarie, i problemi ad oggi restano. I vantaggi riscontrati dai programmi attivati con i fondi europei, appaiono ad oggi molto discutibili.
L’obiettivo per cui sono stati erogati, riavvicinare il Sud al Nord, sembra lontanissimo. Nel prossimo ciclo di programmazione l’Unione Europea stima che la popolazione sottoposta ad obiettivo di convergenza passerà in Italia dal 11% al 14%, mentre per esempio in Germania passerà dal 5,4% a 0, in Spagna dal 9,1% allo 0,9%.
Manca una mappa esatta e precisa delle azioni a sostegno del comparto produttivo, il che rende tutto più difficoltoso. Inoltre, nel contesto di un generalizzato sblocco di liquidità dei debiti della Pa., la qualità dei servizi pubblici è costretta a cedere il passo dinanzi ad impegni più urgenti. Dalla manutenzione delle reti viarie a quelle idriche, o per meglio dire, dalla costituzione di reti viarie a quelle idriche, ai controlli per la conservazione e tutela del territorio, sono stati compiuti pochi passi avanti.
Inutile dire il peso ingente delle organizzazioni criminali, che impongono uno stato di insicurezza perenne derivante dal presidio del territorio con gravi effetti sulla possibilità di sviluppo delle imprese siciliane.

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