Solo nel caso di una connessione tra le strutture e il danno subìto
PALERMO – È un appuntamento settimanale per una grande fetta di italiani: la partita a calcetto tra amici, a 5 o a 7, è uno di quegli eventi che fanno parte della cultura italiana e che coinvolgono tanti emuli dei campioni di Serie A, diventando anche un momento di incontro sociale. I problemi sorgono quando qualcuno si fa male. Spesso si tratta di banalità che richiedono solo un po’ di riposo. Altre volte, tuttavia, gli infortuni sono gravi e richiedono spese che qualcuno deve sostenere.
La sentenza 19.998 del 30 agosto scorso della Corte di Cassazione sancisce che in determinati casi a pagare dev’essere il gestore del campo. Può capitare sempre uno scontro di gioco in cui uno dei due calciatori ha la peggio. Può anche capitare uno scivolone fortuito che provoca lesioni muscolari o ai legamenti. Ma ci sono casi in cui i danni sono provocati proprio da problemi legati al campo, come le porte, le recinzioni, il terreno.
In questi ultimi, è il gestore che risponde delle lesioni subite da chi usufruisce del terreno di gioco. La Cassazione ha infatti stabilito che la responsabilità si delinea “in base all’evidenza del nesso casuale tra la conformazione della cosa”. Se il gestore dimostra che questa connessione tra il campo e l’infortunio non esiste, allora non è tenuto a risarcire l’infortunato; altrimenti, è sua la colpa.
I giudici sono partiti dalla considerazione che alcune strutture possono avere delle condizioni potenzialmente lesive (nel caso specifico della sentenza, i pali in ferro di una porta) e che quindi possono causare dei danni, tutt’altro che fortuiti. È proprio questa l’eccezione che permetterebbe di effettuare una richiesta risarcitoria nei confronti del gestore del campo.
“Di certo – ha spiegato Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti –, dovranno prestare più attenzione il gestore o il proprietario del campo di calcio”.