L’indifferenza dei cittadini, l’irresponsabilità dei politici - QdS

L’indifferenza dei cittadini, l’irresponsabilità dei politici

Carlo Alberto Tregua

L’indifferenza dei cittadini, l’irresponsabilità dei politici

venerdì 20 Dicembre 2013

La peggior classe dirigente

Abbiamo il Paese più bello del mondo, la classe imprenditoriale migliore, insegnanti e ricercatori appassionati, ma abbiamo la peggiore classe dirigente che gli ultimi trent’anni abbiano conosciuto. è quanto ha detto Matteo Renzi nel suo discorso, alle 22:30 dell’8 dicembre, quando le primarie lo hanno indicato come segretario del Partito democratico con quasi il 70% dei voti.
Si è trattato di una comunicazione difficile perché ha messo il dito nella piaga. Ovviamente non si tratta solo della classe politica nazionale, regionale, locale, ma anche di tutti quei parassiti che vi girano intorno, che vivono alle spalle dei contribuenti italiani o mediante i finanziamenti ai partiti, abrogati a maggioranza bulgara dal referendum del 1993, o i dipendenti dei gruppi nelle Regioni e nel Parlamento, i componenti dei consigli di amministrazione delle partecipate e i relativi revisori dei conti, i gestori di enti pubblici nazionali, regionali, locali e via continuando.
Tutti questi privilegiati, ignorando del tutto i valori etici e l’obbligo per chi ha maggiore responsabilità di osservarli ancor di più, costituiscono tale peggiore classe dirigente degli ultimi trent’anni che ha rovinato letteralmente l’Italia, indipendentemente dalla sua collocazione nell’agone politico.

Perché si è raggiunto questo stato infimo della classe politica? Vi sono diverse cause. Una prima, la diffusione della corruzione, coperta da connivenze, che si è estesa sempre più a macchia d’olio. La convenienza ha unito il ceto politico, quello burocratico, quello imprenditoriale malsano e quello sindacale conservatore, cui va aggiunto un ceto professionale che dalla speculazione ha tratto benefici a danno della collettività.
Cosicché, anno dopo anno, in questi ultimi due decenni, il malaffare delle pubbliche amministrazioni, statali, regionali e locali, si è esteso danneggiando le classi sociali meno abbienti che sono anche quelle più deboli e che non hanno voce.
In questo quadro, la stampa e le televisioni hanno gravi responsabilità, perché non hanno messo a nudo il re, non hanno indicato i comportamenti scorretti di quella parte della classe dirigente che abbiamo prima elencato.
 

Altra causa di questa degenerazione è l’indifferenza dei cittadini. Si potrebbe obiettare che vi sono continue manifestazioni di protesta da parte di questa o quella organizzazione, di questi o altri gruppi di cittadini. Ma queste proteste hanno una debolezza: cercano di difendere gli interessi che rappresentano.
Non si assiste a manifestazioni pubbliche di protesta che difendano gli interessi generali, mettendo in secondo piano quelli della categoria. Così facendo creano solo caos e non evidenziano all’opinione pubblica la malattia che ha colpito l’Italia, né la terapia d’urto indispensabile.
Sono pochi i giornalisti che scrivono con chiarezza le porcherie che combinano politicanti senza mestiere di lungo corso, nuovi politicanti anche con la faccia giovane e burocrati inamovibili che occupano da decenni le stanze del potere, costituendo una corporazione fortissima che impedisce ogni innovazione nelle procedure e nel funzionamento della macchina pubblica.

Solo in questi ultimi mesi vi è una ripresina delle inchieste dei quotidiani e di alcuni spazi televisivi che cercano, seppur in maniera lieve, d’individuare le responsabilità.
è proprio questo il cuore delle inchieste giornalistiche investigative: individuare le persone fisiche che, ricoprendo ruoli pubblici, commettono reati politici, ovvero non prendono decisioni indispensabili a far funzionare le cose, oppure restano inerti cercando di favorire questo o quell’amico, dimenticando del tutto l’obbligo etico di far fronte alle proprie responsabilità.
Non sappiamo se l’avvento di Matteo Renzi, e la sua necessità di avere un buon risultato alle elezioni europee di fine maggio 2014, obbligheranno le altre parti a cercare le soluzioni per cominciare a risolvere i gravi problemi del Paese.
Constatiamo, però, che in queste condizioni, l’Italia non afferrerà neanche la ripresina. La Legge di Stabilità 2014, un pannicello caldo, ne è l’esempio, non avendo previsto quei decisi tagli della spesa pubblica improduttiva e quindi dei privilegi che sono indispensabili al fine di rimettere in equilibrio il sistema Italia.

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