Istat: appena il 34% dei Comuni dell’Isola offre servizi per l’infanzia, in Friuli Venezia Giulia copertura totale. Così le donne perdono l’occupazione: a due anni dalla gravidanza -29,8%
PALERMO – Dopo “Neomamme abbandonate. Inesistenti i servizi post parto” dello scorso 13 maggio, torniamo ad occuparci dell’assistenza offerta successivamente alla gravidanza, stavolta spostando la diretta attenzione dalla figura della mamma a quella del nascituro. Ebbene sì, in questa sede parleremo dell’altrettanto flebile presenza di servizi di presa in carico dei bambini da parte di asili nido e servizi integrativi dell’infanzia proprio nei primissimi anni di vita.
L’Italia spende circa l’1,4% del Pil per le famiglie con bambini, mentre la media dei Paesi Ocse si attesta sul 2,2%. Per quel che riguarda i servizi di sostegno alla famiglia e di cura dei bambini al di sotto dei tre anni, il rapporto Ocse mostra come la Francia investa circa il doppio dell’Italia (2.858 dollari a bambino, contro i 1.558 dell’Italia), la Svezia addirittura sei volte tanto (6.409 dollari al bambino all’anno).
Naturalmente a ciò aggiungiamo le abbastanza vistose differenze regionali che contribuiscono ad allontanare la Sicilia anche in quest’ambito dalle altre realtà territoriali. In particolare, sono due gli indicatori che prenderemo in considerazione in questa sede sulla base dei dati forniti dal rapporto “Noi Italia 2015” curato dall’Istituto di statistica nazionale: la quota di Comuni per regione con servizi per l’infanzia e il tasso percentuale di bambini tra 0 e 2 anni che utilizzano i suddetti servizi. In entrambi gli indicatori, la Sicilia si adagia fin troppo comodamente ai piani più bassi della classifica: rispettivamente si trova tra gli ultimi sette posti e quart’ultimo.
Scendendo ancor più nello specifico, rileviamo come in Sicilia appena il 34,4% dei Comuni siciliani nel 2013 si trova nelle condizioni di offrire almeno un un servizio tra asili nido, micronidi o altri servizi socio-educativi per la prima infanzia; oltre venti punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale (56,2%). Ancor meno il confronto reggerà se paragoneremo la Sicilia con il Friuli Venezia Giulia, regione in cui ogni singolo Comune offre almeno uno dei summenzionati servizi (100%). Mentre peggio dell’Isola fanno la Campania (33,2%), Basilicata 32,1%, Lazio (28,8%), Piemonte (27,1%), Molise (22,1%) ed infine la Calabria con una copertura garantita solo nell’8,8% dei Comuni.
Se dalla nostra parte abbiamo la maggiore economicità del servizio (mediamente 219 euro al mese per bambino nel Mezzogiorno, contro i 380 del Nord), d’altra parte risulteremo sempre e comunque in perdita a causa della scarsità del servizio che imporrè alle donne meridionali sacrifici ben maggiori. Non a caso è proprio la Sicilia e più in generale tutto il Mezzogiorno a detenere il più elevato tasso di fuoriuscita delle donne dal mercato del lavoro in seguito alla gravidanza (29,8%), contro una media nazionale del 22%. L’assistenza fornita dallo Stato impedisce alla donna di coniugare famiglia e lavoro. È tutto ben in evidenza, specie nel momento in cui si considera l’ancor più contenuto tasso di bambini presi in carico, in Sicilia pari solo al 5,6%, contro una media nazionale più che doppia (13,5%).
Al fine di sgravare le famiglie dai costi dell’asilo nido e non solo, è oneroso informare in merito all’esistenza dei voucher di maternità. Si tratta di un’erogazione economica dal valore di 600 euro per le famiglie con un reddito inferiore ai 25 mila euro, con possibilità di raddoppio per i nuclei al di sotto dei 7 mila euro annui. Quest’importo consente l’acquisto di servizi di baby sitting e il pagamento della retta per l’asilo nido. Purtroppo si tratta di un’opportunità ancora troppo sconosciuta: si pensi che nel 2013 sui 20 milioni di euro stanziati, ne erano stati utilizzati solo cinque.
Concludiamo specificando che al voucher di maternità è possibile unire il bonus bebè, agevolazione dal valore di 80 euro mensili per i redditi non superiori ai 25 mila euro, anche in questo caso con possibilità di raddoppio per quelli al di sotto dei 7 mila euro. Ricordiamo che la richiesta di ottenimento del beneficio è stata aperta lo scorso 11 maggio e in ogni caso non devono passare più di 90 giorni dalla nascita del figlio per presentare la domanda.