Sono 28 i prodotti che figurano nell’elenco delle denominazioni di origine protetta e delle specialità tradizionali garantite. La provincia più rappresentata è Catania con 11 occorrenze
CATANIA – In Sicilia sono 28 i prodotti che figurano nell’elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle denominazioni di origine protette (Dop), delle indicazioni geografiche protette (Igp) e delle specialità tradizionali garantite (Stg).
La provincia più rappresentata è Catania con 11 occorrenze, seguono nell’ordine Siracusa (8), Enna e Trapani (7), Ragusa (6), Messina ed Agrigento (5), Palermo e Caltanissetta (4). Si segnala che alcune denominazioni vengono prodotte contemporaneamente in più province. Nel registro sono presenti ben 280 prodotti attinenti all’area “food” (il vino di qualità non è incluso nell’analisi). Pochi giorni fa sono state registrate due nuove indicazioni geografiche italiane: Mortadella di Prato Igp (Toscana) e Cappellacci di Zucca Ferraresi Igp (Emilia Romagana); il totale tocca così quota 282 prodotti.
Il Registro, aggiornato il 26 gennaio scorso sul sito del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, presenta una suddivisione che tiene conto della tipologia in cui è inserita una determinata denominazione.
Nella nostra Isola la tipologia più florida è “ortofrutticoli è cereali” con 15 occorrenze: Arancia Rossa di Sicilia, Cappero di Pantelleria, Carota Novella di Ispica, Ciliegia dell’Etna, Ficodindia dell’Etna, Ficodindia di San Cono, Limone di Siracusa, Limone Interdonato Messina, Nocellara del Belice, Pescabivona, Pesca di Leonforte, Pistacchio Verde di Bronte, Pomodoro di Pachino, Uva da tavola di Canicattì e Uva da tavola di Mazzarrone. Una buona rappresentanza anche per “oli e grassi” (6): Monte Etna, Monti Iblei, Val di Mazara, Valdemone, Valle del Belice e Valli Trapanesi. Quattro i formaggi Dop: il pecorino siciliano, il Piacentinu ennese, il Ragusano, la Vastedda della Valle del Belice. Per ciò che attiene i “prodotti di panetteria e pasticceria”, nell’elenco troviamo la Pagnotta del Dittaino, come “prodotti a base di carne” il Salame S.Angelo e tra gli “altri prodotti” il Sale Marino di Trapani.
Il confronto con la Lombardia regge in termini di numero di prodotti iscritti: 33, cinque in più rispetto ai siciliani. Nella regione del Nord a farla da padrona sono i formaggi (14) e le carni (10). Quattro le denominazioni tra “ortofrutticoli e cereali”, due per “pesci molluschi e crostacei”, due per “oli e grassi” e un “altri prodotti”. Tra le denominazioni lombarde più conosciute citiamo la Bresaola della Valtellina, il Cotechino di Modena, il Gorgonzola e il Grana Padano.
“I dati in nostro possesso disegnano una Sicilia ricca di produzioni, ma la difficoltà dei prezzi all’origine nel comparto delle arance, delle carni, dell’olio d’oliva, del grano duro e degli ortaggi certamente penalizza oltremodo gli agricoltori e gli allevatori” dichiara durante una nostra intervista la presidente della Confederazione Italiana Agricoltori della Sicilia (Cia), Rosa Giovanna Castagna. Diventa, dunque, indispensabile intraprendere iniziative per rendere tali “marchi” sempre più forti e apprezzati ed è altrettanto indispensabile “invertire la crisi del settore zootecnico siciliano – prosegue la presidente Cia – riorganizzandolo e puntando sulla qualità e sull’identità territoriale, coinvolgendo attivamente gli allevatori ed i caseifici; occorre rilanciare un comparto capace di produrre qualità e capace al tempo stesso di valorizzare e tutelare intere porzioni di territorio altrimenti abbandonato”.
Il nuovo Psr un alleato per le specificità siciliane
I prodotti agricoli siciliani, non potendo competere sul prezzo di fronte alla concorrenza dei paesi rivieraschi dell’Africa, dei Paesi orientali o del Sud America che producono a costi nettamente inferiori non hanno altra strada che puntare sulla qualità e sull’identità. “Per questo – dichiara Castagna – siamo stati tra i promotori e sostenitori della Doc Sicilia per i vini e anche dell’Igp Sicilia Olio Extravergine d’oliva che è vicino al traguardo. Riteniamo che il brand Sicilia possa essere un valore aggiunto ai marchi di origine già esistenti nei comparti del vino e dell’olio, un brand che bisogna estendere ad altri prodotti”. Per raggiungere tali obiettivi però “è necessario che i produttori agricoli e gli altri protagonisti della filiera si associno – conclude la presidente – credendo nel valore dei marchi e lavorando per la loro affermazione nel mercato globale. La politica agricola siciliana, utilizzando lo strumento del PSR, deve incentivare l’attività dei Consorzi di Tutela e sostenere gli agricoltori che vogliono innovarsi e certificare la qualità, la salubrità, il rispetto ambientale delle loro produzioni”. La lotta alla contraffazione e all’agropirateria, ricorda la Cia, deve essere più serrata al fine di stroncare le falsificazioni ed i "taroccamenti”.