Aumentano le case nel Mezzogiorno senza acqua calda né gas - QdS

Aumentano le case nel Mezzogiorno senza acqua calda né gas

Serena Giovanna Grasso

Aumentano le case nel Mezzogiorno senza acqua calda né gas

martedì 15 Marzo 2016

“Un difficile abitare”: il 65% degli utenti Caritas che usano i servizi docce ha una dimora. Quasi la metà dei poveri vive in abitazioni sovraffollate (43%), il 30% in Europa

PALERMO – In tempi critici come quelli odierni, il diritto alla casa rappresenta il diritto più difficilmente esigibile per coloro i quali si trovano a rischio povertà, più ancora del diritto al lavoro e all’assistenza sanitaria. Molteplici gradi di gravità caratterizzano il disagio abitativo: certamente si va dall’aspetto altamente emergenziale degli homeless alle varie sfumature configurabili nella difficoltà a pagare il canone di locazione o la rata del mutuo, o ancora nel garantire le necessarie utenze.
La Caritas italiana, il sindacato inquilini casa e territorio (Sicet) e la Cisl (Confederazione italiana sindacati e lavoratori) in forma congiunta si sono occupati di analizzare con particolare attenzione i secondi. Infatti, le organizzazioni hanno studiato e approfondito il fenomeno redigendo di concerto il rapporto “Un difficile abitare” presentato e pubblicato lo scorso 2 marzo.
Con il passare degli anni, la crisi si inasprisce sempre più anziché affievolirsi: infatti, nel Mezzogiorno nel 2014 rispetto al 2013 i provvedimenti di sfratto emessi sono aumentati del 4,98%, mentre gli sfratti eseguiti del 14,55%. Va inoltre specificato che il 58,8% delle persone che nel 2014 ha subito uno sfratto risiede nelle otto regioni dell’Italia meridionale ed insulare.
 Ma non è tutto. Infatti, dal momento che per abitare non si intende unicamente la fortuna di avere un tetto sopra la testa, ma come ha specificato Papa Francesco casa significa soprattutto “luogo di accoglienza, una dimora, un ambiente umano dove stare bene, ritrovare se stessi, sentirsi inseriti in un territorio, in una comunità”, ulteriori e altrettanto gravi sono i problemi che si configurano. Infatti, assai consistente è la quota di nuclei familiari che non ha accesso ad acqua calda e gas. Non a caso, nel Mezzogiorno ben il 63% degli utenti delle mense socio – assistenziali è costituito da soggetti con dimora, percentuale che sale di due punti nel caso della fruizione del servizio docce.
Un recente problema che si afferma con maggior vigore è quello relativo al sovraffollamento: complessivamente in Italia il 27,2% della popolazione vive in abitazioni sovraffollate, questione che affligge quasi la metà dei soggetti versanti in stato di povertà (43%). Si tratta di valori notevolmente più elevati rispetto a quelli registrati a livello comunitario: infatti, in Europa il 17,1% della popolazione vive in abitazioni sovraffollate, problema affrontato dal 30,1% delle persone sotto la soglia di povertà.
Altrettanto gravi sono i problemi attinenti all’ambiente in cui è collocata l’abitazione: infatti, ben il 21,7% degli intervistati dalla Caritas e dalla Cisl si sente minacciato dalla criminalità, il 17,3% lamenta la carenza o la completa mancanza di aree verdi ed infine il 26,3% soffre della mancanza o assenza di collegamenti e servizi.
Come consuetudinariamente accade in ambito economico, la Sicilia fa rilevare assai gravi situazioni anche in ambito abitativo. Al fine di sopperire in parte a queste ultime, due anni fa ha visto la luce il progetto promosso dalla Delegazione regionale Caritas e Fio.psd (Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora) consistente in un’iniziale mappatura delle risorse abitative del territorio e degli alloggi presenti ma non utilizzati e successivamente nella creazione di una rete pubblico – privato per un cambio di rotta concreto sul fenomeno dell’esclusione abitativa. Oggi sono 145 le persone e 57 gli appartamenti coinvolti nel progetto.
Infine, oltre a fotografare il fenomeno del disagio abitativo, il rapporto “Difficile abitare” descrive i potenziali rimedi da mettere in campo. Uno dei più significativi consisterebbe nell’adozione di un censimento volto al recupero degli alloggi pubblici e privati sfitti o non occupati da avviare all’assegnazione, bloccando i piani di alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e promuovendo accordi con gli operatori, comuni e regioni. Le abitazioni recuperate andrebbero destinate alla locazione con canoni sostenibili, a fronte di un sistema di garanzie pubbliche, anche tramite le Agenzie locali per la casa.

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