Il famelico personale dei Comuni - QdS

Il famelico personale dei Comuni

Serena Giovanna Grasso

Il famelico personale dei Comuni

martedì 04 Luglio 2017

Zero controlli sulla produttività, mentre gli incarichi conferiti e autorizzati si sommano alle già esose spese annuali. Nei nove capoluoghi costi superiori ai 500 mln di € l’anno, senza contare gli extra

PALERMO – Sono tanti i benefici e privilegi di cui godono i dipendenti della Pubblica amministrazione. Dal 1979, il Quotidiano di Sicilia si occupa di denunciarli e portarli in luce e anche quest’oggi vogliamo tornare a occuparci di questa materia, mettendo sotto i riflettori i compensi percepiti dal personale nei nove Comuni capoluogo.
L’anno scorso sono stati destinati ai dipendenti comunali oltre 500 milioni di euro (ammontare elaborato dal QdS grazie ai dati pubblicati sul portale Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, Siope). Una voce di spesa che appesantisce puntualmente i bilanci pubblici, a prescindere dall’andamento dell’economia e talvolta anche indipendentemente dalla produttività del dipendente.
Può contare su 52.396 unità di personale il serbatoio dei 390 Comuni siciliani, secondo i dati elaborati dalla fondazione Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale): un esercito di addetti alla Cosa pubblica che può contare su un rappresentante su dieci in Sicilia (il 12,3%). L’Isola è seconda soltanto alla Lombardia (regione che conta circa 10 mila unità in più), territorio che però deve servire il doppio della popolazione siciliana. Infatti, mentre in Sicilia si conta un dipendente comunale ogni 95 abitanti, in Lombardia ce n’è uno ogni 162 abitanti (61.870 addetti per oltre dieci milioni di abitanti).
Relativamente alla parte economica, come evidenzia la Fondazione Ifel, i dipendenti nei 390 Comuni siciliani costano annualmente oltre 1,7 miliardi di euro. Il tutto per un media pro capite pari a 340 euro (ottenuta dal rapporto tra gli 1,7 miliardi di euro necessari al pagamento degli emolumenti e gli oltre cinque milioni di siciliani). Secondo una ricerca condotta da Openpolis sui 14 Comuni capoluogo italiani con più di 200 mila abitanti, Palermo è al settimo posto per spesa per il personale pro capite: si parla di 376,25 euro a persona (oltre 140 euro a persona in più rispetto a Bari, Comune che si colloca all’ultimo posto con 233,67 euro). Poco più contenuta è la spesa pro capite rilevata a Catania (341,67 euro a persona). A sorpresa, al primo posto troviamo un Comune settentrionale: infatti, Trieste si colloca in cima alla classifica con 479,7 euro pro capite.
Ma non è tutto. Come se i consistenti stipendi non fossero già abbastanza, dobbiamo ancora aggiungere i cosiddetti “incarichi conferiti e autorizzati”. Si tratta di mansioni assegnate al personale impiegato nelle Pubbliche amministrazioni locali, da queste ultime autorizzate e retribuite dall’Ente mandatario, pubblico o privato che sia.
Secondo i dati pubblicati online dal Dipartimento della Funzione pubblica di Palazzo Chigi – sul sito www.consulentipubblici.gov.it previsto dal decreto trasparenza – nel 2015 sono entrati nelle tasche del personale dei nove capoluoghi siciliani ben 722.432,83 euro extra per incarichi conferiti e autorizzati, non gravanti sui bilanci del Comune, ma a carico dell’Ente che usufruisce del lavoro dei dipendenti in questione.
Naturalmente, i costi per gli incarichi conferiti e autorizzati sono aggiuntivi rispetto a quelli percepiti nell’ambito delle normali funzioni amministrative cui i dipendenti sono preposti. Inoltre, gli stipendi relativi alle mansioni amministrative vengono erogati per intero e non ridotti sulla base degli impegni derivati dagli incarichi conferiti e autorizzati e dunque in funzione delle ore lavorate presso l’Ente mandatario e di conseguenza non lavorate presso il Comune.
Per i dipendenti delle Pubbliche amministrazioni si configura dunque un ulteriore vantaggio, che però rischia di ripercuotersi sulle spalle di quegli stessi cittadini che contribuiscono in modo non indifferente al pagamento delle già consistenti spese per i dipendenti pubblici. Il tutto, purtroppo, senza beneficiare in cambio di maggiori e migliori servizi.
 


Senza giusti investimenti lo sviluppo resta bloccato
 
PALERMO – Se fino a questo punto abbiamo concentrato la nostra attenzione sui consistenti costi per pagare i dipendenti comunali e sulla possibilità per questi ultimi di arrotondare ulteriormente quanto percepito grazie agli incarichi conferiti e autorizzati, adesso spostiamo il nostro focus di indagine sulla spesa in conto capitale, ovvero quella porzione di uscite riservata agli investimenti (le spese con le quali lo Stato mira a svolgere una politica attiva nell’ambito economico nazionale, la cosiddetta spesa “buona”).
La spesa per il personale, che rappresenta solo una parte della spesa corrente e da cui abbiamo naturalmente sottratto dall’analisi le spese per incarichi conferiti e autorizzati, poiché non gravanti sui bilanci comunali, è quasi il quadruplo della spesa destinata agli investimenti.
Secondo i dati pubblicati sul Siope, ammonta a 136 milioni di euro la spesa destinata agli investimenti nei nove Comuni capoluogo. Lo squilibrio più consistente si rileva a Catania, dove ciò che viene riservato al personale è quasi undici volte superiore agli investimenti. Un totale quasi nove volte superiore alla spesa in conto capitale si rileva ad Enna (910 mila euro destinati agli investimenti, contro i 7,9 milioni di euro impiegati per mantenere il personale comunale). Mentre a Ragusa è possibile osservare una certa uguaglianza tra la spesa per gli investimenti e quella riservata agli emolumenti.
Dunque, spese in conto capitale ridotte al lumicino, per non sottrarsi alla possibilità di stipendiare quest’esercito di dipendenti. Alla luce di quanto emerso, non deve di certo sorprendere se la Sicilia continua a rimanere indietro, incapace di progredire economicamente scoraggia ogni spirito imprenditoriale ed incapace al tempo stesso di valorizzare i punti di forza come il turismo.

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