53 miliardi su Meloni a bocce ferme - QdS

53 miliardi su Meloni a bocce ferme

Carlo Alberto Tregua

53 miliardi su Meloni a bocce ferme

sabato 15 Ottobre 2022

Pensioni e interessi

Ignazio La Russa è stato appena eletto Presidente del Senato, seppure gli sono mancati i voti di Forza Italia, salvo quelli di Berlusconi e Casellati, mentre sono andati in suo soccorso, nell’urna segreta, i voti che gli mancavano.

La Russa è persona meritevole, che conosciamo bene anche perché è un nostro conterraneo, e saprà utilizzare le sue doti di equilibrio anche al di sopra delle parti, come peraltro fece a suo tempo un altro meritevole siciliano che ricoprì la stessa carica di Presidente del Senato, cioé Renato Schifani.
La presidenza della Camera è invece andata al leghista Lorenzo Fontana, fedelissimo di Salvini.

Dunque, adesso il Parlamento potrà provvedere a formare i gruppi e i vertici. I prossimi 21 o 22 di ottobre il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dovrebbe ricevere Giorgia Meloni a cui affidare l’incarico e, verosimilmente, lei l’indomani ritornerà con la lista dei ministri. Così, prima di fine mese o i primi di novembre il nuovo Governo potrà andare alle Camere per ricevere la fiducia.

A questo punto la giovane Giorgia, che conosciamo personalmente essendo venuta al Quotidiano di Sicilia il 21 febbraio 2018, dovrà affrontare immediatamente due grandissimi problemi: il primo riguarda la formulazione della Legge di bilancio 2023; il secondo, i rapporti con una divisa e disordinata Unione europea, nella quale il gruppo dei Diciannove dell’Unione monetaria hanno certi interessi e gli esclusi, cioé gli altri otto, hanno interessi diversi.

Ma non è tutto, in quanto anche all’interno dei membri uniti dall’euro vi sono tendenze spesso contrastanti, soprattutto fra chi sta guadagnando moltissimo dalla crisi guerresca ed inflazionistica e altri che stanno subendo conseguenze gravi, come l’Italia.

Tornando al primo dei due enormi problemi che dovrà affrontare la Giorgia “nazionale”, dobbiamo subito dire che si troverà sul capo, senza alcuna responsabilità, un macigno finanziario stimato intorno a cinquantatrè miliardi e vi spieghiamo perché.
Esiste la legge che prevede la rivalutazione automatica di tutte le pensioni, che ammontano a circa trecento miliardi. Tale rivalutazione, tenuto conto dell’inflazione all’otto per cento, ammonta intorno a 23,5 miliardi.

L’importo menzionato dovrà essere erogato con automatismo dall’Inps in primo luogo, ma siccome l’Ente non ha entrate proprie, se non i contributi dei lavoratori attivi, dovrà essere il ministero del Tesoro a infondergli la maggiore uscita.
Vi è poi un secondo onere rilevante che graverà sulle casse dello Stato e cioè l’aumento del costo del debito sovrano, che potrebbe arrivare ad una trentina di miliardi.

Ciò potrebbe accadere in conseguenza del fatto che la Bce rallenterà fortemente nel corso del 2023 l’acquisto di titoli di Stato a costo zero, per cessare del tutto, sembra, entro il primo semestre dello stesso anno. Ciò significa che il Mef dovrà vendere i propri titoli sul mercato libero, corrispondendo un interesse che potrebbe superare il cinque per cento.
Che si arrivi a questo livello di remunerazione degli investitori lo dice già l’attuale andamento, secondo il quale i titoli di Stato hanno raggiunto un interesse del 4,5 per cento, per cui la soglia del cinque sarà consequenziale.

Ripetiamo, il macigno dei circa cinquantatre miliardi è a bocce ferme, ma poi bisognerà affrontare la questione del costo dell’energia per imprese e famiglie, mettere in moto i cantieri per utilizzare i fondi del Pnrr, digitalizzare tutta la Pubblica amministrazione e fare tutte le altre cose che i Governi Conte uno, Conte due e Draghi non hanno fatto.

Ciò perché hanno dovuto affrontare il Covid prima e le conseguenze dell’adesione alla “imposizione” degli Usa poi, cioé mettere le sanzioni alla Russia, con la conseguenza di avere scatenato la speculazione, che sta creando un danno enorme a tutti gli italiani.

La Germania, dal suo canto, ha rallentato (e forse cesserà) la sua pressione sulla Russia, stanziando duecento miliardi per fronteggiare l’aumento del costo dell’energia. Ma la Germania ha un rapporto debito-Pil del settantuno per cento, mentre l’Italia viaggia intorno al centocinquantuno per cento.
Ci vogliono spalle grosse e sangue freddo per affrontare questa situazione.

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