Il vero leader si circonda di leader - QdS

Il vero leader si circonda di leader

Carlo Alberto Tregua

Il vero leader si circonda di leader

giovedì 28 Ottobre 2010
Una delle cause della disfunzione della Pubblica amministrazione italiana, quindi dell’ostruzione continua alla crescita del Paese, è il fatto che nei posti più alti di responsabilità non vi siano insediati leader.
Spesso, infatti, sono nominati fedelissimi di questo o quell’ uomo politico, incapaci di disobbedire perché  non sono aquile. Ma chi sceglie mezze calzette per assumere ruoli di responsabilità è egli stesso mezza calzetta, preoccupato di non essere superato nella propria mediocrità.
Mediocrità genera mediocrità, qualità genera qualità. È difficile cavare il sangue dalle rape. Ognuno dà il vino che ha. Se è cattivo, non dovrebbe darlo. Ma l’uomo è debole e difficilmente riconosce i propri limiti. Può sembrare strano, ma proprio la persona di grande spessore umano e di profondità culturale sa di non sapere ed è conscio dei propri limiti. Il grande è dotato di umiltà, anch’essa grande, volta alla continua ricerca del miglioramento e dell’innovazione. Triste è, invece, constatare chi si gonfia il torace come un tacchino.

Chi si loda si imbroda. Perchè è inutile sentirsi qualcosa o qualcuno, anzi controproducente. Per contro, importante è rendersi utili agli altri è migliorare se stessi, approfondendo  la propria conoscenza.
Il sapere rende liberi. L’ignorante è incatenato alle credenze ed alle superstizioni, ed è vincolato dalla volontà degli altri. Far crescere il proprio sapere non è solo un diritto, ma un dovere, Più sai, più vali. Un valore immateriale, apprezzato da persone dello stesso tipo. Quando manca l’apprezzamento, però, non sempre manca il valore. Dipende dall’ambiente che si frequenta e se in esso circola conoscenza o ignoranza.
La conoscenza illumina il cervello di ognuno di noi, ci fa vedere le antiche origini e ci prospetta il futuro. Non sempre, però, la luce che si accende in noi orienta il nostro agire verso il bene, se non siamo assistiti dai valori pù alti che l’etica ci insegna. In questa discriminante vi sono i geni del bene e quelli del male: entrambi agiscono come geni, ma in versanti opposti.

 
Chi assume responsabilità di vertice dimostra capacità, se seleziona i propri collaboratori che hanno un alto valore, professionale e umano. Il leader si circonda di leader non di yesman, che non servono a nulla, anzi sono dannosi perchè non contribuiscono a cercare le migliori soluzioni, ma spesso partecipano a processi di basso livello, senza proporre nulla di alternativo. Quanta gente ha il vizio di contraddire senza nulla proporre. Tant’altra inserisce argomenti diversi per divagare senza restare sul punto, forse perchè non ha argomenti.
Il leader coordina la squadra, ne mantiene l’ordine, ne esige la disciplina affinchè tutti sappiano cosa fare e come fare, senza tentennamenti. Ognuno assume la responsabilità del proprio ruolo e ne risponde in modo propositivo, senza tirare indietro le mani, con generosità ed altruismo.
Il quadro che dipingiamo non è normale. Se lo fosse, la Comunità crescerebbe di più e meglio. Invece, langue per la supremazia dei minus habens sulle persone in gamba.

La selezione dei migliori è una sorta di circuito positivo nel quale ognuno ci mette il meglio di sé, non guarda l’orologio ed è gratificato dal raggiungimento dei risultati. Sono proprio questi ultimi che danno il responso sulla capacità di ognuno di noi.
Si badi, non solo risultati economici o professionali, ma risultati nella vita come figli, come genitori, come persone che badano al bene comune o come soggetti che nella società vivono con la consapevolezza che occorra solidarietà e tolleranza. Non una tolleranza infinita, ma una tolleranza giusta ed equilibrata.
Certo, non si può essere tolleranti con chi non vuol sentire. Chi sbaglia una volta deve essere perdonato, compreso ed aiutato. Chi sbaglia la seconda voltà può essere perdonato, ma chi commette l’errore per la terza volta è stupido o in malafede e per tanto va punito.
Se non si dà l’esempio che ad ogni azione corrisponde una reazione (legge di Newton), non si diffonde il principio di equità secondo il quale vanno premiati i meriti e sanzionati e demeriti.

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