Chi si esalta, umiliato, chi si umilia, esaltato - QdS

Chi si esalta, umiliato, chi si umilia, esaltato

Carlo Alberto Tregua

Chi si esalta, umiliato, chi si umilia, esaltato

martedì 23 Novembre 2010
Non dico che dovremmo usare il cilicio, pratica inumana, per fare penitenza, ma avere l’abitudine di essere umili, in modo da evitare l’autoesaltazione e l’autoreferenzialità. Chi è umile non è stupido, anzi le persone colte sono spesso umili. L’umiltà è un tratto dell’anima, una virtù morale che frena il disordinato desiderio di grandezza e richiama l’uomo al riconoscimento dei propri limiti. è un modo per schivare le lodi fatte da cortigiani e yesmen, i quali vedevano il re coperto di vesti ricche, mentre il bambino esclamava: il re è nudo.
L’uomo tende ad essere presuntuoso e vanaglorioso, tende ad esaltarsi immotivatamente, dimostrando così di essere piccino piccino. è  proprio il contrasto, la sua dimensione minuscola e l’immensità dell’universo che lo spingono ad immaginare una dimensione che non ha, ad esaltarsi per il nulla, a volere apparire grande quando, invece, egli è microscopico.
L’uomo dimentica di provenire da sostanza organica e che si trasformerà in sostanza organica.

Chi si esalta, umiliato, chi si umilia, esaltato. è inevitabile che chi cerchi  di apparire anzichè essere, si gonfia d’aria come un tacchino, basta uno spillo per farlo sgonfiare. è banale, ma è vero.
È insita nella natura dell’uomo la voglia di farsi vedere per quello che non è. Ma la natura è istintiva, mentre l’intelligenza di cui siamo dotati ci deve portare ad educarla e conformarla alle regole del vivere civile, in cui il rispetto è uno dei primi valori. Rispettare il prossimo, essere tolleranti e comprensivi è un modo umano per esprimere solidarietà.
Si tratta di vincere l’egoismo che è dentro di noi, che ci porta a esaltarci inutilmente, salvo, poi, a battere la testa contro il muro, ferirci e, anzichè capire le vere cause, imprecare contro la malasorte. Certo, la sorte ha un’influenza, ma essa è modesta perchè siamo noi gli artefici del nostro destino, almeno entro certi limiti.
Fare tutto quello che possiamo è un comportamento che dipende da noi. Compiere il massimo sforzo per realizzare un progetto di qualsiasi   natura è nelle nostre facoltà.

 
Poi, le cose vanno come devono andare perchè gli eventi sono guidati dall’imponderabile ed anche dalle azioni di tanti, che intervengono, senza sapere cosa facciano gli altri. Ma una cosa dobbiamo sapere e cioè che la nostra pochezza non ci consente di andare al di là di certi limiti, limiti imposti dalla nostra piccola dimensione fisica, cui corrisponde una dimensione mentale molto più grande.
Come fare per capirci bene, per guardare bene dentro di noi? Bisogna guardarsi allo specchio, dentro i propri occhi, cercando di far penetrare lo sguardo riflesso sino al nostro cervello e più su fino al nostro spirito. Siamo convinti che lo spirito governi il cervello e quest’ultimo il corpo, anche con funzioni automatiche.
Se abbiamo cognizioni dei tre piani di cui siamo formati avremo più possibilità di governare il corpo con la mente e di fare in modo che quest’ultima faccia continuamente riferimento allo spirito, ossia ai valori .

Chi ha consapevolezza di essere minuscolo, quasi si sorprende a ricevere elogi o riconoscimenti, perchè gli sembra di compiere azioni normali e non straordinarie, anche se lo sono. Nel mondo, tutti gli uomini compiono azioni normali. Vi sono anche gli eroi e i geni, ma non fanno testo, se non per il loro esempio. Non fanno testo, anche perchè sono pochi. Perciò bisogna tentare di essere normali, straordinariamente normali, fare il proprio lavoro, compiere il proprio dovere, guardando avanti e tenendo conto delle esperienze e del passato.
Purtroppo non sempre ci ricordiamo dei nostri errori o di quelli degli altri. E ricadiamo negli stessi errori: un’altra dimostrazione della pochezza dell’uomo. Non ripetere gli errori è una regola sana che dovrebbe essere utilizzata da tutti. Ma la memoria è corta e non ci aiuta a tesaurizzare le nostre cadute. Spesso abbiamo una grande voglia di crescere anche arrampicandoci sui vetri. Ma quando questa voglia non poggia su solide basi progettuali la caduta è una conseguenza, quasi matematica. Non c’è bisogno di apparire grandi, basta essere persone normali con una voglia di fare cose grandi.

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