Nell’annuario dell’Arpa Sicilia appena pubblicato emergono ancora criticità su tutti i fronti: dall’aria ai rifiuti
di Antonio Leo e Rosario Battiato
PALERMO – Se Greta Thunberg varcasse lo Stretto di Messina si renderebbe conto di come ai giovani siciliani non è stato negato solo “il futuro”, ma anche un presente dignitoso. Sì, perché a sfogliare l’appena pubblicato annuario di Arpa Sicilia (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), che fotografa lo stato dell’ambiente siciliano nel 2018, più che un rapporto sembra di leggere un bollettino di guerra, o se preferite un libro pieno zeppo di creature mostruose.
L’aria è “avvelenata” in diverse zone dell’Isola che sostanzialmente è possibile raggruppare in due insiemi: da una parte le aree industriali, con le emissioni degli impianti che appestano l’atmosfera; dall’altra ci sono i grandi centri urbani, le Città metropolitane soprattutto, dove la pressione di veicoli vecchi e inquinanti talora fa saltare, cioè superare, il limite consentito dalla legge per le polveri sottili.
La gestione dei rifiuti, come abbiamo scritto fino alla noia sulle colonne di questo giornale, è un caos perenne, perché così fa comodo a pochi privati che fanno lauti affari con le discariche. Un sistema opposto a quello di una sana economia circolare, dove la spazzatura viene recuperata e riusata, diventando risorsa. Nell’Isola si preferisce consumare suolo, avvelenandolo e appestando l’aria respirata dai cittadini che abitano nei pressi delle discariche. Impianti che poi spesso risultano anche sprovvisti delle necessarie autorizzazioni.
Ma l’elenco dei mostri siciliani è lungo e comprende i quattro Siti di interesse nazionale (Gela, Priolo, Augusta e Biancavilla), dove le bonifiche sono ferme o avanzano a ritmo troppo lento. Una lentezza nel prevenire o nel rimediare ai disastri ambientali che spesso ci è costata cara come nel caso di un altro grande male dell’Isola: la mancata depurazione delle acque reflue. Significa, in altre parole, che ancora parecchi comuni sversano i reflui urbani a mare, con un enorme danno per l’ecosistema marino, oltre che ovviamente per la salute umana.
Sulla depurazione siciliana si è espresso recentemente anche Stefano Vignaroli, presidente Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti, parlando di quadro “drammatico”. Il problema non è soltanto l’assenza di depurazione perché, in realtà, il campo di riflessione è assai più profondo. “Gli impianti che dovrebbero ripulire le acque – ha aggiunto Vignaroli – sono in molti casi macchine per inquinare, e non mancano situazioni in cui i finanziamenti pubblici erogati per risolvere il problema non sono stati usati per questo scopo e sono anzi finiti illecitamente nelle tasche di privati. Una situazione inaccettabile su cui la Commissione sta indagando in profondità e con estrema attenzione”.
E intanto la Sicilia, dopo aver calato il “poker” appena lo scorso anno, rischia addirittura la quinta procedura di infrazione dell’Unione europea per la mancata depurazione delle acque in 50 Comuni, che si aggiungono ai 243 dove non sono stati fatti i lavori e per i quali l’Europa ha già sanzionato l’Isola. Due delle quattro procedure d’infrazione si sono già concluse con una multa di circa 15 milioni. Una terza è in corso. Sulla quarta il commissario per la depurazione nominato dal governo nazionale sta lavorando per evitare che arrivi la batosta.
“La Sicilia – ha spiegato il commissario unico per la depurazione Enrico Rolle – aveva a disposizione un miliardo per realizzare reti fognarie e depuratori. Ma gli appalti hanno viaggiato in passato molto a rilento. Oggi il budget è cresciuto di altri 400 milioni”. Una delle due condanne già subite prevede che per ogni semestre di ritardo nel risolvere il problema la sanzione aumenti di 30 milioni. La metà dei lavori di bonifica da realizzare in Italia sono in Sicilia. “La prima procedura di infrazione – osserva Rolle – riguardava in Sicilia 51 agglomerati, la seconda 5, la terza 154 e la quarta 33. Il totale fa 243. La procedura di infrazione che sta per arrivare riguarderà altri 50 Comuni portando a poco meno di 300 quelli dove fogne e depuratori non funzionano. In Sicilia ci sono 390 Comuni, tre quarti hanno problemi di inquinamento”.
Ma quanto paga, quindi, la Sicilia per il mancato trattamento dei reflui? I tecnici dell’assessorato ai Servizi di pubblica utilità hanno spiegato che le sanzioni comunitarie per la mancata depurazione costano alle casse regionali, dato il diritto di rivalsa esercitato dallo Stato, 97 mila euro al giorno dal 2012. Stimando questo dato per tutti gli anni di ritardo, si avrebbe qualcosa come 250 milioni di euro.
Superati i valori limite consentiti dalla legge
A Catania e Palermo si respira biossido di azoto
Nel corso dell’analisi condotta tra 2012 e 2018 si è evidenziato “il mantenimento e, per alcuni parametri, un lieve miglioramento dello stato della qualità dell’aria, malgrado si evidenzino per alcune zone/agglomerati criticità legate al superamento del valore limite per la concentrazione media annua di biossido di azoto (NO2) e del valore obiettivo per l’ozono (O3) fissati dal D. Lgs. 155/2010”. Si è registrato un superamento del valore obiettivo per l’arsenico nel particolato Pm10 nella stazione Priolo, superamento che non si registrava dal 2012. Per quanto riguarda il biossido di azoto, i problemi restano seri: la concentrazione media annua si riduce ovunque ma non nell’Agglomerato di Catania dove si rilevano dei superamenti dei valori limite come media annua, così anche a Palermo. Le responsabilità maggiori arrivano dal traffico di veicoli pesanti maggiori 3,5 tonnellate e delle automobili a gasolio. E non stupisce, considerando il parco autovetture presente in Sicilia. Per l’ozono si “registra il superamento del valore obiettivo per la protezione della salute umana in 8 su 18 stazioni della rete in cui viene monitorato, con una diminuzione rispetto al 2017 sia in termini di numero di superamenti che di numero di stazioni interessate dai superamenti”. A proposito di qualità dell’aria, la Sicilia deve trovare soluzioni adeguate per venire fuori da due procedure: la 2015/2043 per i superamenti del valore limite per gli ossidi di azoto (NOx) e la n. 2014/2147 per i superamenti del valore limite per il particolato fine PM10.
Smaltimento dei rifiuti
Impianti non conformi
La situazione emergenziale del sistema rifiuti dell’Isola è ben nota, anche e soprattutto per l’assenza di un’impiantistica necessaria a sostenere la crescita della raccolta differenziata e avviare la filiera del riciclo. Ma c’è dell’altro, come rivelano i risultati dell’attuale sistema di controllo periodico sulle attività di gestione, intermediazione e commercio dei rifiuti.
Nel 2018, l’Arpa Sicilia ha effettuato 702 controlli su impianti di recupero e/o smaltimento rifiuti dotati di autorizzazione integrata ambientale sulla base di un piano di monitoraggio e controllo (359), altri impianti di gestione dei rifiuti (257) e attività produttive (86). Tra questi più di duecento, praticamente quasi uno tre, hanno fatto registrare delle non conformità.
In totale nell’Isola sono 64 le strutture “pericolose”
Nel 2018 sette incidenti in stabilimenti a rischio
Sono 64 i cosiddetti stabilimenti a rischio incidente rilevante, tra soglia superiore e inferiore, distribuiti in una mappatura del rischio industriale in Sicilia, perché questa speciale tipologia di impianto gestisce e lavora materiali di una certa pericolosità per il circondario.
Tra questi, ad esempio, si citano: deposito di gas liquefatti, produzione e/o deposito di esplosivi, stabilimento chimico e/o petrolchimico, deposito di sostanze tossiche. Nel corso del 2018 si sono verificati sette incidenti rilevanti, dove per incidente rilevante si intende “un evento quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento” e che dia “luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose”.
Questi incidenti hanno avuto come principali conseguenze l’immissione in atmosfera di fumi di combustione, nel caso di incidenti avvenuti nella Raffineria Esso di Augusta, nella Raffineria di Milazzo e nell’impianto Isab Igcc di Priolo, oppure sversamento prodotto al suolo e in mare nel caso di un altro incidente nell’impianto milazzese e dell’Isab Impianti Nord di Priolo.
Irregolarità nel trattamento dei reflui urbani
Impianti di depurazione, una sanzione ogni due controlli
I controlli delle acque reflue urbane sono regolati dal Decreto Legislativo n. 152/2006 che “prevede che gli scarichi delle acque reflue urbane siano disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e, pertanto, i reflui provenienti dalle reti fognarie urbane devono essere sottoposti ad un trattamento appropriato (di natura chimica, fisica e biologica), a seconda del tipo di refluo da trattare e del corpo ricettore in cui verrà scaricato dopo il trattamento, affinché si assicuri l’abbattimento degli inquinanti prima dell’immissione nell’ambiente”.
In Sicilia, alla ben nota complicazione legata all’assenza degli impianti di depurazione si aggiunge la questione della regolarità degli impianti. Nel corso del 2018 è stato effettuato soltanto il 20% dei controlli rispetto alla quota minima prevista (469 su 3.267) e le sanzioni proposte sono state circa 200, praticamente poco meno di un caso su due.
Stefano Vignaroli, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti, nei giorni scorsi ha audito il comandante regionale della Guardia di finanza Sicilia, Riccardo Rapanotti, e i comandanti dei carabinieri del Noe di Catania, Michele Cannizzaro, e di Palermo, Nunzio Sapuppo. Il comandate Cannizzaro ha precisato che la depurazione nella Sicilia orientale è drammatica, con province dove si arriva al 95% di impianti con l’autorizzazione scaduta.
Comuni inadempienti
Rumore senza controllo
La Sicilia è in ritardo nella regolamentazione del rumore, perché anche le amministrazioni locali faticano ad approntare quegli strumenti previsti per legge. Nel corso del 2018, Arpa Sicilia ha effettuato 34 monitoraggi in tutto il territorio regionale e 219 interventi puntuali di controllo su richiesta dell’Autorità Giudiziaria.
Di questi, più della metà (135) sono notturni. Nel 44% dei casi, sul totale dei controlli effettuati, sono stati riscontrati superamenti dei limiti di rumore consentiti. Circa il 64 % dei superamenti rilevati avviene durante il periodo di riferimento notturno.
Monitorati circa 400 siti contaminati
Bonifiche: nessun passo avanti tra 2017 e 2018
Un altro capitolo particolarmente delicato è quello dei siti contaminati o potenzialmente contaminati. In questo blocco si includono, spiegano dall’Arpa, le “aree nelle quali, in seguito ad attività umane svolte o in corso, è stata accertata o è in fase di accertamento un’alterazione delle caratteristiche naturali del suolo da parte di un agente inquinante”. Lo scorso anno i tecnici dell’Agenzia hanno effettuato attività di supporto tecnico su 400 siti.
Ad avere la maggiore responsabilità della contaminazione sono “gli eventi all’interno dei Siti di interesse nazionale che rappresentano circa il 42% del totale”, mentre quelli “dovuti alla cattiva gestione d’impianti e strutture rappresentano circa il 25%”.
Faticano ancora le bonifiche: la “percentuale degli iter di bonifica portati a conclusione nell’anno 2018 non supera il 21% su base regionale, praticamente stabile rispetto al dato 2017”. Resta particolarmente complicata anche la situazione relativa ai siti di interesse nazionale (sin) che riguardano le aree con priorità di bonifica, cioè Gela, Milazzo, Priolo e Biancavilla.
Intanto appena un mese fa il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, si è recato in visita a Milazzo, a Priolo e ad Augusta, annunciando lo stanziamento di nuove risorse per accelerare l’iter del risanamento. “Il ministero dell’Ambiente ha fatto tutto ciò che doveva – ha detto nell’occasione Costa – Ora tocca alla Regione siciliana fare le cose. Ognuno deve fare il suo”.