Destagionalizzazione resta sempre la parola d’ordine. Ma adesso occorre passare all’azione. I sindacati hanno chiesto un confronto con i rappresentanti dei Comuni e della Regione
MESSINA – Destagionalizzare è ormai la parola d’ordine. Se ne parla sia nel comprensorio ionico che tirrenico messinese, in particolare quando alberghi e strutture ricettive chiudono e i circa 15 mila addetti del settore si ritrovano senza lavoro fino al ritorno della bella stagione.
Presenze e flussi turistici si concentrano in un arco temporale limitato, anche in località dal brand consolidato, come Taormina o le Eolie e allora servono politiche di programmazione più efficaci. Le chiedono sindacati e associazioni di categoria. “Manca – sottolinea Cristian Del Bono, presidente Federalberghi Isole Eolie e di Federalberghi isole minori Sicilia – una strategia seria di sviluppo turistico sia nazionale che regionale. Non serve fare proclami ma interventi strutturali e organizzativi sul territorio con l’offerta di servizi ed eventi che facciano da attrattori. Pubblico e privato devono fare la loro parte insieme per ridurre i mesi in cui le strutture rimangono chiuse con problemi che sono enormi sia dal punto di vista occupazionale che dell’impresa. Un’attività che deve ammortizzare le spese fisse in soli sei mesi ha difficoltà ad essere competitiva sul mercato. Potrebbero aiutare degli incentivi come la riduzione, nella bassa stagione, di alcuni oneri (Tari, Suolo pubblico, contributi), ma serve soprattutto un piano strategico regionale per il turismo che non sia messo in discussione a ogni cambio di assessore. Così è difficile avere anche delle interlocuzioni efficaci”.
Il numero maggiore di lavoratori stagionali è concentrato nel comprensorio che va da Taormina fino alla Valle d’Alcantara, ma qui l’incremento della presenza di turisti, come è stato registrato quest’anno, non si è tradotto in un aumento dell’occupazione negli alberghi e nella ristorazione, anzi. Si è ridotto il periodo lavorativo che se prima andava da marzo a ottobre, adesso si concentra da aprile o addirittura maggio fino a settembre o ottobre. Nelle isole Eolie la situazione è ancora più critica, perché in media non si fanno più di quattro mesi, a parte Lipari che ha una stagionalità di sei mesi. “Le isole erano visitate anche nel periodo natalizio – dice Del Bono – adesso a dicembre viene solo chi ha la seconda casa”.
A differenza del passato, con la riforma del 2015 i lavoratori vengono pagati con la Naspi per il 50% dell’attività svolta: chi lavora sei mesi percepisce dopo il licenziamento soli tre mesi di disoccupazione e per gli altri tre non ha nessuna copertura. “Molti stagionali – spiega Pancrazio Di Leo della Fisascat Cisl – hanno già finito la copertura Naspi e devono in qualche modo resistere fino alla prossima primavera. Alcuni sono stati costretti ad andare all’estero o cambiare mestiere e la cosa più grave è che così anche il personale specializzato va via dal territorio, dove invece servono qualifiche sempre più specifiche che neppure i percorsi formativi riescono a garantire”.
Per i sindacati si deve intervenire sulle politiche del lavoro in modo strutturale, con l’obiettivo di creare nuove opportunità. Alla Regione è stato chiesto di fare la propria parte, cominciando a programmare e investire in un comparto, quello turistico, che rimane una grande potenzialità inespressa. “Abbiamo chiesto – conferma Di Leo – un tavolo concertativo con gli assessorati al Turismo e al Lavoro, ma non ci hanno risposto. Ai Comuni di Taormina e Giardini Naxos abbiamo inoltre presentato proposte per allungare la stagione. Bisogna anche correggere alcune anomalie nelle strutture. Ha la precedenza chi ha lavorato la stagione precedente; dal terzo anno in poi si utilizzano i tirocinanti delle scuole e dopo la scuola magari sono assunti, ma per i giovani che sono usciti dal circuito scolastico non c’è possibilità. Si deve pensare anche a loro. C’è personale anziano che non riesce ad andare in pensione. Siamo impegnati su una petizione con raccolta firme da presentare al Governo dove chiediamo sia il rifinanziamento dell’Ape social oltre il 2020 che la modifica della Naspi, che deve prevedere una indennità da erogare equivalente alle settimane di effettivo lavoro prestato”.