Da Parigi a Roma, tre fratelli trascorrono due settimane di vacanza con il padre - assente da tempo dalle loro vite – e la sua nuova fidanzata, tra amicizie, sogni infranti e riti di passaggio
MAGARI
Regia di Ginevra Elkann. Con Riccardo Scamarcio (Carlo), Alba Rohrwacher (Benedetta), Céline Sallette (Charlotte).
Italia/Francia 2019, 99’.
Distribuzione: Bim. In streaming su Raiplay
Da Parigi a Roma, tre fratelli trascorrono due settimane di vacanza con il padre – assente da tempo dalle loro vite – e la sua nuova fidanzata, tra amicizie, sogni infranti e riti di passaggio.
Narrato in prima persona dalla piccola Alma, l’unica a nutrire ancora il sogno di un ricongiungimento tra i genitori, il debutto cinematografico di Ginevra Elkann (sorella di John e Lapo) lascia più di un sospetto di autobiografismo. Ambientato negli anni Ottanta, ricostruisce il periodo storico con accuratezza e abbondanza di riferimenti culturali, rendendo evidente quel mix di kitsch, pop ed eleganza che ha contraddistinto un’epoca di sfrenato edonismo.
Anche la palette cromatica richiama la fotografia dei film italiani di quel periodo, piuttosto livida soprattutto negli esterni, e d’altra parte la regia, che affronta alcuni cliché narrativi irrinunciabili per un film così dichiaratamente nostalgico (il giro in motorino, la partita di calcio sulla spiaggia, la canzone cantata in auto a squarciagola), si nutre – oltre ad alcuni apprezzati sussulti formalistici che denotano personalità – della linearità espressiva della grande tradizione della commedia italiana e, in particolare, di certe atmosfere archibugiane, già di per sé derivative di esperienze precedenti.
La macchina da presa pedina i tre fratelli, e principalmente la minore, senza eccessi di soggettività, mettendo in scena un racconto intimo, quasi privo di sviluppi di intreccio e particolari agnizioni, dominato dalla resistenza della piccola Alma alla crescita in un mondo adulto di tradimenti, offese e bugie.
Ambiguità sembra una delle parole chiave: tra bene e male, tra giusto e sbagliato, ragione e sentimento, giovinezza ed età adulta etc., con esplorazioni continue da un eccesso all’altro che lasciano in tutti i personaggi in campo una sensazione di incompiutezza esistenziale, che non si chiarisce nemmeno a seguito degli eventi traumatici esposti nel finale. In questo senso, la mancata riabilitazione dei personaggi sembra più che una condanna la conferma di un dato sociologico, ovvero un enorme vulnus di responsabilità individuali.
Voto: ☺☺1/2☻☻