Controlli antitumorali, spaventoso il gap con il Nord del Paese: riducono il rischio di morte del 40%. Nel Mezzogiorno solo 3 donne su 10 sono invitate a effettuare una mammografia
PALERMO – L’abitudine di effettuare screening antitumorali, capace di ridurre il rischio di morte del 40%, è in crescita, anche se disordinata e lenta, in tutta Italia.
Nel 2012 più di 10 milioni e 600 mila, il 6,9% in più dell’anno precedente, di cittadini ritenuti a rischio sono stati invitati a fare dei controlli gratuiti sullo stato di salute di seno, utero e tratto finale dell’intestino. I dati, diramati dall’Osservatorio nazionale screening e presentati a Bologna in occasione del XII Convegno nazionale il 30 e 31 gennaio, descrivono una realtà nazionale eterogenea: al Centro-Nord 9 donne su 10 sono invitate a effettuare una mammografia, al Sud, dove il dato è in calo del 15,8%, solo 3 su 10.
Dei 4 milioni di persone invitate, invece, a effettuare un esame al colon-rettale, con un aumento rispetto al 2011 del 9%, al Nord il rapporto è di 8 su 10, al Sud di 2 su 10. Unico dato a favore delle regioni meridionali è l’aumento, pari al 10,5%, di inviti a effettuare screening al collo dell’utero. Un invito a cui, però, hanno risposto in pochissime.
“Nel 2012, la partecipazione alla mammografia in Italia è stata del 57%, mentre in Olanda del 78% e in Gran Bretagna del 73%”, sottolinea il direttore dell’Osservatorio, Marco Zappa.
Un’opportunità che, nonostante i significativi benefici che un programma di screening seguito con costanza può favorire, i cittadini non colgono.
“La diminuzione del rischio di morte per tumore della mammella e del colon-retto – spiega ancora Zappa – è di circa il 40%. Mentre per lo screening cervicale e del colon retto si ha anche una diminuzione del rischio di ammalarsi, dell’ordine rispettivamente del 70% e del 20-30%, perché scopre i precursori benigni del tumore".
È chiaro quanto sarebbe importante lavorare sull’incremento del numero di controlli effettuati, soprattutto se si tiene conto dei dati presentati il 31 gennaio al convegno "Farmaco e sostenibilità nella cura del paziente oncologico", organizzato dall’Associazione italiana di Oncologia medica (Aiom), Società di ematologia (Sie) e la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo): 2 milioni e 800 mila persone convivono nel nostro Paese con una diagnosi di tumore.
Nel 2013 sono stati 366.000 i nuovi casi di tumore diagnosticati, circa 1.000 al giorno. Di questi il 55% negli uomini e il 45% nelle donne. Anche l’incidenza della malattia è geograficamente eterogenea: al Nord il tasso è più alto del 26%. Il tumore più frequente, esclusi i carcinomi della cute, è quello del colon-retto, con oltre 54.000 nuovi casi nel 2013, seguito da quello alla mammella, 48.000, da quello al polmone, 38.000, e della prostata, 36.000. La fascia d’età maggiormente interessata è quella oltre i 50 anni, a cui viene diagnosticato ben il 50% del totale dei tumori.
Eppure la cultura della prevenzione fa fatica ad entrare nelle abitudini degli italiani e dei siciliani in particolare, dato che le statistiche collocano l’isola tra le ultime regioni. Secondo il rapporto Passi 2008-2011 solo il 61,64% delle donne siciliane tra i 25 e i 64 anni dichiara di essersi sottoposta ad un pap-test negli ultimi tre anni, mentre la media nazionale è del 75,36%, così come solo il 50,6% ha eseguito una mammografia contro una media italiana del 69,8%.