A Palazzo dei Normanni scenari politici in continua evoluzione, c'è anche chi si è spostato più di una volta: 29, in tutto, le migrazioni che hanno rimescolato le carte del potere all'interno del Parlamento siciliano
Scenari politici in continua evoluzione all’Assemblea regionale siciliana, dove i deputati si muovono come su una scacchiera, modificando così continuamente gli equilibri di maggioranza ed opposizione.
Su un totale di settanta parlamentari, quasi il 32,8% (23) ha cambiato gruppo nel corso della 17ma legislatura.
Il cambio di casacca, ormai è noto, è diventata una consuetudine nel tempo e praticata da diverse legislature, a tal punto che il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha sollecitato più volte e invano l’Ars ad approvare una norma che limiti in qualche modo questo fenomeno per cui politici si candidano con un partito ma, una volta eletti, scelgono di accomodarsi in altre postazioni.
Queste migrazioni (che sono state complessivamente 29 dall’inizio dell’attuale legislatura) hanno rimescolato le carte del potere e c’è stato anche chi si è “spostato” più di una volta come nel caso dei parlamentari Bulla, Caronia, Lantieri, Lentini, Ternullo e Zitelli.
Attualmente a Palazzo dei Normanni ci sono 11 gruppi parlamentari, il più consistente dei quali resta il Movimento Cinquestelle, anche se nel tempo ha perso ben cinque dei suoi deputati che hanno fondato il gruppo “Attiva Sicilia”: si tratta della vicepresidente dell’Ars, Angela Foti, Matteo Mangiacavallo, Valentina Palmeri, Elena Pagana e Sergio Tancredi.
Una spaccatura che non ha soltanto modificato gli equilibri a Sala d’Ercole ma ha creato polemiche all’interno del M5s, già messo a dura prova dalla crisi interna che si trascina da mesi, non solo in Sicilia. Non è un caso il fatto che alla scissione in Sicilia abbiano fatto seguito i duri commenti dei compagni grillini rimasti nel gruppo di origine: “Erano partiti per cambiare la politica, hanno finito per cambiare casacca. Un fatto è incontrovertibile, hanno tradito il mandato che i siciliani gli avevano affidato”.
Nelle ultime settimane si è registrato l’exploit di Forza Italia che si è posizionato al secondo posto, attestandosi a quota 14, accogliendo fuoriusciti da altri partiti come le ultime Luisa Lantieri e Daniela Ternullo, ma anche “figliuol prodighi” come Marianna Caronia, che dopo un periodo trascorso alla Lega è tornata poi alla base.
I cambi di casacca possono dunque favorire un partito a scapito di altri, finendo spesso per impoverire quelli più deboli o in crisi d’identità, minando la sopravvivenza degli stessi gruppi: è il caso dell’Udc che da cinque componenti è sceso a tre dopo il clamoroso abbandono di Vincenzo Figuccia, migrato verso la Lega e di Danilo Lo Giudice che ha preferito Sicilia Vera, ma non essendo il movimento presente all’Ars, il deputato ha aderito al gruppo Misto, andando a fare compagnia a Claudio Fava. Lo Giudice è subentrato a Cateno De Luca, che si è dimesso perché la sua carica di sindaco di Messina risultava incompatibile con quella di deputato regionale.
Anche altri gruppi sono a rischio cancellazione (il regolamento interno dell’Ars, all’articolo 23, stabilisce in 4 il numero minimo per la costituzione e il mantenimento di un gruppo parlamentare). Su 11 gruppi, 4 potrebbero restare in piedi grazie alle deroghe previste dalla presidenza dell’Ars: Udc, Fratelli d’Italia, Lega e Ora Sicilia.
Al presidente di ogni gruppo viene corrisposta una indennità mensile, in aggiunta a quella del deputato, di € 1.159,14. Per i gruppi parlamentari l’Ars quest’anno nel bilancio di previsione ha stanziato 5 milioni 983.000 euro.
Analizzando sotto il profilo politico tutti i cambi di casacca, non si può fare a meno di notare come gli stessi abbiano coinvolto soprattutto l’area centrista che appoggia il governo. Il capogruppo all’Ars di Popolari ed autonomisti Carmelo Pullara ha giustificato tali spostamenti come una strategia per creare nuovi scenari politici, secondo alcune dichiarazioni dell’ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro. Un progetto politico che sarebbe incompatibile con le idee dell’attuale governo, con un presidente, Musumeci, considerato espressione della destra. Gli altri cambi più significativi riguardano il Movimento Cinquestelle, ricalcando il malessere che è emerso anche a livello nazionale, per scelte politiche e strategiche assunte senza consultare la base, come avveniva in precedenza.
Anche il Partito Democratico ha risentito della scissione dei renziani avvenuta a livello nazionale perdendo all’Ars una importante quota di deputati che hanno formato il gruppo Italia Viva. Resta invece stabile il gruppo del movimento del governatore, Diventerà Bellissima, unica eccezione il parlamentare Giuseppe Zitelli che ha lasciato il gruppo, ma per soli 5 giorni, facendo ritorno prima della fine del 2017.