Uso dei droni in agricoltura, tra novità e questioni aperte - QdS

Uso dei droni in agricoltura, tra novità e questioni aperte

Uso dei droni in agricoltura, tra novità e questioni aperte

web-dr |
giovedì 07 Gennaio 2021

I droni consentono flessibilità di impiego e velocità di intervento, una sempre più elevata risoluzione e precisione, un’ampia disponibilità di rilevazioni e dati ottenuti attraverso sensori, camere multispettrali, camere termiche, GPS e magnetometri. Ecco come possono essere usate secondo la legge

Nella terminologia normativa europea, i droni – detti anche
APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) – sono compresi nel gruppo degli
aeromobili “senza equipaggio” (UAS – unmanned aircraft system).

Anche il Codice della Navigazione italiano li colloca all’interno
della nozione di aeromobile (art. 743) e li definisce “mezzi aerei a pilotaggio
remoto”.

Filippo Morleschi

I droni consentono flessibilità di impiego e velocità di
intervento, una sempre più elevata risoluzione e precisione, un’ampia
disponibilità di rilevazioni e dati ottenuti attraverso sensori, camere
multispettrali, camere termiche, GPS e magnetometri.

Da qualche anno l’uso dei droni ha preso piede anche nel
settore agricolo, in due distinte modalità applicative. La prima, più diffusa, è
l’attività di monitoraggio.

COME VENGONO USATI I DRONI IN
AGRICOLTURA

Essa si articola in più momenti:

i) in una fase diagnostica preventiva (valutazione della
capacità del terreno e delle sue aree critiche, controllo delle zone incolte e
boschive);

ii) nell’osservazione in tempo reale dello stato di salute
della coltura e nella prevenzione delle criticità e delle malattie;

iii) nella conseguente capacità per l’agricoltore di
programmare quantità e tempistiche di interventi di precisione (irrigazione,
azione fitosanitaria), in base ai reali bisogni della singola porzione di campo
evitando interventi massivi, uniformi e generalizzati.

Ne deriva un risparmio di tempo, di lavoro e di macchine,
ma soprattutto un minore impatto ambientale legato al mirato utilizzo dei
prodotti fitosanitari e della risorsa idrica.

La seconda modalità d’uso è la possibilità per il drone di
svolgere dei compiti sul campo, come avviene nell’ambito della lotta biologica
ai parassiti delle piante (ad esempio la piralide del mais) oppure in tema di
trattamenti fitosanitari.

IL PIANO DI AZIONE NAZIONALE PER L’USO
SOSTENIBILE DEI PRODOTTI FITOSANITARI

Su tale ultimo aspetto va ricordato che l’irrorazione
aerea è ad oggi vietata
, come prescritto dall’art. 13 del D. Lgs. 150/2012
(“attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione
comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”). Il divieto
prevede limitate e circostanziate deroghe, rilasciate dalle Regioni o dalle
Province autonome. Il Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei
prodotti fitosanitari
(PAN), adottato con Decreto Interministeriale
22/01/2014, proibisce espressamente l’irrorazione aerea in aree giudicate sensibili
quali, tra le altre, gli allevamenti di bestiame, di api, di pesci e molluschi
ed i terreni ove si pratica l’agricoltura biologica o biodinamica. L’interpretazione
di tali deroghe, nel corso degli anni, è stata piuttosto stringente e limitata,
per lo più, all’utilizzo di elicotteri per la distribuzione dei prodotti
fitosanitari.

LA BOZZA DI REVISIONE DEL PAN

La bozza di revisione del Piano, pubblicata sul sito
del Mipaaf ed in corso di approvazione, ribadisce il divieto di uso dei droni
per i trattamenti fitosanitari (punto A.3.10). Nel contempo, tuttavia, essa apre
alla sperimentazione
, alla luce della risoluzione del Parlamento europeo
del 12/02/2019, che riconosce le potenzialità legate all’impiego della
tecnologia intelligente e dell’agricoltura di precisione per gestire meglio i
prodotti fitosanitari.

LA NORMATIVA EUROPEA SUL VOLO DEI
DRONI CIVILI

Il volo dei droni civili soggiace ad una normativa
complessa, ove si intersecano disposizioni europee e nazionali. L’inclusione
dei droni nel più ampio gruppo degli aeromobili determina la competenza di ENAC
– Ente Nazionale Aviazione Civile che, con i propri regolamenti, individua le
categorie di droni, le tipologie di operazioni e stabilisce le condizioni di
sicurezza del volo (security).

In sede europea, il Reg. 1139/2018 UE ha posto al
vertice del sistema l’EASA – Agenzia dell’Unione Europea per la sicurezza
aerea, individuandone i compiti e dettando le norme comuni per l’aviazione
civile. Il Regolamento della Commissione n. 945/2019 regola gli standards di
sicurezza tecnica dei droni (safety). Il successivo Reg. della
Commissione n. 947/2019, in vigore dal 31/12/2020, disciplina la registrazione,
le limitazioni operative e le regole applicabili agli operatori ed ai piloti, e
va a sostituire ed uniformare le disposizioni nazionali, subentrando, sul
punto, ai relativi regolamenti ENAC.

Il regolamento europeo da ultimo citato fissa quale limite
generale per il volo “a vista” dei droni fino a 25 kg l’altezza massima di 120
metri dal punto più vicino della superficie terrestre (Allegato al Reg., parte
A, Disposizioni generali, n. 2).

Tale norma è derogabile soprattutto in difetto, in presenza
di particolari condizioni del suolo o del terreno o di aree destinate ad
operazioni di volo di altri aeromobili, o densamente popolate o comunque
specificamente individuate.

LA PIATTAFORMA D-FLIGHT IN ITALIA

In Italia, la piattaforma D-Flight eroga i servizi
per la gestione del traffico aereo a bassa quota di aeromobili a pilotaggio
remoto. Attraverso la collaborazione con ENAC, D-Flight è un portale che mette
a disposizione degli utenti la registrazione dei droni nella banca dati
italiana e l’assegnazione del codice univoco di identificazione, nonché il
reperimento delle informazioni utili per volare con i droni in sicurezza in
conformità alle normative vigenti.

Le mappe disponibili su D-Flight illustrano le limitazioni
all’altezza ed all’uso dei droni su tutto il territorio nazionale, indicando,
in particolare modo, le aree vietate o dove il limite è inferiore a quello
generale di 120 mt.

Vale la pena sottolineare che tra le aree in cui vige il
divieto di utilizzo dei droni (limite metri 0 sul livello del suolo) sono
compresi i parchi naturali e le zone soggette a protezione faunistica. Si
tratta di territori sui quali norme nazionali o disposizioni regionali
proibiscono il sorvolo.

La misura, se da un lato è comprensibile, dall’altro può concretamente
rappresentare un freno al grande supporto tecnologico che i droni possono dare
in queste zone, soprattutto in considerazione della difficoltà di fare
agricoltura in luoghi di alto valore paesaggistico e, spesso, di speciale
particolarità orografica.

Il recente decreto Mipaaf del 30/06/2020 ha
finalmente dato attuazione alla previsione del Testo Unico del Vino che prevede
la valorizzazione dei vigneti eroici e storici. I vigneti eroici, in
particolare, sono definiti “i vigneti … situati in aree ove le condizioni
orografiche creano impedimenti alla meccanizzazione o aventi particolare pregio
paesaggistico o ambientale, nonché i vigneti situati nelle piccole isole”

(art. 2 decreto).

Si può capire come, soprattutto in queste zone, l’uso del
drone possa contribuire alla salvaguardia ed alla sopravvivenza di una
viticoltura condotta in condizioni estreme, supportando concretamente il lavoro
dell’uomo.

E tuttavia, molti dei vigneti c.d. eroici si trovano in
aree qualificate come riserve naturali o parchi nazionali, dove il volo dei
droni è vietato. È il caso per esempio delle Cinque Terre, dove si produce un
famoso vino a Denominazione di Origine Controllata.

È dunque auspicabile che, in futuro, nel doveroso rispetto
dell’ambiente, ed anzi proprio in funzione dei principi di sostenibilità e di
risparmio di risorse che l’utilizzo dei droni può rappresentare, sia data la
possibilità di utilizzare tali strumenti anche in queste zone pregiate. I droni
infatti, qui più che altrove, possono dare un aiuto prezioso agli agricoltori e
consentire la preservazione di un inestimabile patrimonio di conoscenze,
esperienze e tradizioni produttive.

Filippo
Moreschi, avvocato e socio AIDR

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