Il motto di Silvio Novembre era: “Più è difficile fare il proprio dovere, più bisogna farlo”
Belliotti offre una precisa ricostruzione dei passaggi più significativi di quegli anni di fuoco, ma fa molto bene a inquadrarli in tutta la vita di Silvio Novembre. Perché è attraverso la ricostruzione dell’intera vita di Novembre che il libro raggiunge il suo obiettivo principale, così ben centrato, che Belliotti sintetizza con queste parole.
Il libro vuole essere:
“Un omaggio a quelli che sono spesso vittime silenziose di soprusi o del cosiddetto promoveatur ut amoveatur e a tutti coloro che ogni giorno compiono fino in fondo il proprio dovere, non anteponendo gli interessi personali a quelli generali e restano fedeli alla propria coscienza, senza mai cedere a compromessi, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché – come affermava il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy e amava ripetere il giudice Giovanni Falcone – è in ciò che sta l’essenza della dignità umana. Nel loro armadio non ci saranno mai scheletri mentre nel cassetto rimangono sempre custoditi i sogni di una società migliore e di un ambiente di lavoro sano, con l’auspicio che un giorno possano finalmente avverarsi e che a vincere siano la virtù dell’onestà, il valore della giustizia, l’assunzione di responsabilità e la conquista del merito sul campo”.
Il motto di Silvio Novembre era: “Più è difficile fare il proprio dovere, più bisogna farlo”. E la sua vita sempre coerente a questo principio è la migliore testimonianza di un uomo nel quale ci fu sempre continuità tra pensiero, parola, azione.
Silvio nasce, come già detto, ad Alserio in provincia di Piacenza, in una famiglia di lavoratori con cinque figli. Ed anche Silvio incomincia presto a lavorare come manovale presso la centrale idroelettrica dell’Edison di Piacenza. Qui conobbe due Finanzieri in servizio presso la centrale Edison, ne fu affascinato e con il loro aiuto, presentò domanda per entrare nel Corpo. Nel 1953, a 19 anni, viene ammesso alla Scuola Alpina della Guardia di Finanza di Predazzo, per seguire il corso allievi finanzieri. E qui si innamora del Corpo che per lui sarà sempre il punto di riferimento, la casa alla quale sarà sempre e comunque estremamente fedele”.
Sono belle le parole con cui Silvio ricorda questo momento formativo decisivo. “I colleghi della mia squadra erano quasi tutti meridionali e la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di sgombrare, con badili e pale, il cortile della caserma dalla neve che in quei giorni era caduta abbondante. Ricordo che il nostro capo squadra, il “vecchio” Appuntato Valle, vero maestro di vita, sciatore già appartenente al nucleo sportivo delle Fiamme Gialle, che aveva partecipato anche alle Olimpiadi, ci ha insegnato cosa vuol dire portare le stellette, le Fiamme Gialle, il senso di appartenenza al Corpo, il significato del giuramento, l’importanza della Costituzione e degli articoli più importanti, il perché bisogna osservarla sempre e comunque. Nonostante la fatica, è stato uno dei periodi più belli della mia vita. In quella sede ho capito che occorre mettersi in testa che le cose vanno sempre fatte al meglio delle nostre possibilità anche se il risultato finale non rispecchia appieno le nostre aspettative”.
(fine 2° puntata)