L’economia dissestata dal Coronavirus non potrà essere ricostituita secondo gli schemi dei vecchi modelli
Quando la pandemia sarà passata o si sarà cronicizzata – anche quest’ultima soluzione, ahimè, è possibile – l’uomo tornerà ad affacciarsi ad una realtà nuova ed ancor più difficile. Sarà necessario pensare in un modo mai visto, alla organizzazione sociale, per avere una diversa prospettiva di vita, perché l’economia dissestata dal Coronavirus non potrà essere ricostituita secondo gli schemi dei vecchi modelli e certamente non basterà inneggiare a vaghe idee di green economy e tecnologie informatiche di ultimissima generazione.
Occorrerà, innanzitutto, tornare a considerare che il problema dei virus e delle loro continue mutazioni che li rendono simili a temibili caleidoscopi, in cui le particelle colorate che formano le immagini, mutano in modo imprevedibile e ad ogni movimento, ma non per formare nuove e più variopinte figure, ma per generare temibili varianti, se del caso ancor più contagiose e letali. Occorrerà pensare concretamente ad alternative forme di economia sostenibile, sino ad oggi troppo teorizzate, ma puntualmente disattese.
Non saranno problemi la cui soluzione potrà essere passivamente affidata ai potenti della terra, giacché loro hanno già ripetutamente dimostrato di essere troppo condizionati dai risultati immediati, quelli dell’ora e qui, dell’economia in atto, ma molto più “democraticamente” spetterà ad ogni uomo, fare le proprie scelte e cambiare le proprie abitudini di vita, cominciando con lo stabilire, ogni giorno, prima di tutto, cosa mettere nel piatto a pranzo e cena. E quindi determinare, con gli acquisti quotidiani, se dovranno continuarsi a produrre nel mondo enormi quantitativi di carni per alimentazione, con i criteri industriali, sino ad oggi seguiti, in cui la continua tendenza a ribasso dei prezzi, per incrementare la domanda di mercato e quindi le vendite, produce gli enormi ammassi di bestiame, stipati in allevamenti, che sono delle vere e proprie bombe biologiche in cui si verificano tutte le condizioni per la formazione di nuove varianti di virus, o quantomeno per il loro rapido attecchimento e diffusione.
Queste grandi scelte di transizione per un futuro veramente diverso spetteranno a ciascun uomo che uscirà da questa interminabile quarantena, che la lotta al virus ha imposto, segnandolo con cicatrici nel corpo, nella mente e nell’anima, per i lutti, l’abbassamento dei livelli della socializzazione e dell’economia, con il conseguente intorpidimento della vitalità, per i troppi condizionamenti subiti. Se lo strumento migliore per comprendere il futuro è saper leggere il passato, in quest’opera di sintesi era maestro Jonathan Sacks, già rabbino capo d’Inghilterra, docente presso importanti università in Gran Bretagna e negli Usa, grande comunicatore ed autore di circa una trentina di apprezzatissimi libri, venuto a mancare all’età di settantadue anni, nel novembre dello scorso anno. Assertore del principio che una società libera è innanzitutto una conquista morale, e che la libertà della società non può reggersi soltanto con economia di mercato e politica democratica liberale, ma necessità della moralità intesa come ricerca del bene degli altri. Si è distinto come una delle voci più autorevoli ed influenti dell’ebraismo contemporaneo giacchè, come gli è stato giustamente riconosciuto, è stato una guida per un viaggio dalle misere sponde dell’ “Io” alle più nobili sponde del “Noi”. I suoi ultimi libri: Non nel nome di Dio e Moralità, pubblicati anche in Italia (Ed. Giuntina), sono il suo testamento spirituale e contengono una forte esortazione a ripristinare il bene comune come bussola per ogni scelta futura.
Le sue parole si calano nella realtà di questi giorni per tornare a denunciare l’individualismo, l’alienazione dovuta ai social, la crisi della famiglia e della collettività, la mancanza di principi nella politica e nell’economia ed ancora le minacce alla libertà di espressione derivante anche dalla potenza dei colossi della comunicazione. Le sue parole sono state e saranno una esortazione a ripristinare la nostra umanità fortemente compromessa. Anche la crisi sociale che il Coronavirus ha indotto, seguendo il suo insegnamento, si presta ad essere combattuta, nel migliore dei modi, con questa rivoluzione verso l’ardua meta del “Tutti-noi-assieme”.