Allarme del movimento civico dei residenti e delle associazioni culturali per la borgata marinara di Vergine Maria. Nonostante il vincolo architettonico le imbarcazioni sono abbandonate e soggette agli agenti atmosferici
PALERMO – La tonnara Bordonaro con il suo marfaraggio fu l’elemento generatore della borgata marinara di Vergine Maria a Palermo.
Dopo anni di abbandono e degrado, nel 1992 la Soprintendenza sottopose l’edificio della tonnara a vincolo architettonico (D.A. 6210 del 25/08/1992) e le antiche muciare, imbarcazioni simbolo della memoria del lavoro marinaro, furono dichiarate bene culturale etno-antropologico.
Nel 2007 una parte del tetto del marfaraggio della tonnara (nel cui interno erano conservate le muciare) crollò danneggiando alcune imbarcazioni. In seguito, la tonnara fu parzialmente recuperata grazie a finanziamenti pubblici e il sito fu convertito ad uso di ristorante, pub e albergo.
Ad oggi, movimenti civici locali sorti spontaneamente lanciano l’allarme: “il marfaraggio e le muciare non sono oggetto di tutela; le barche, infatti, non più protette da copertura, sono soggette ad agenti atmosferici”.
L’1 settembre 2011 i cittadini della borgata, riuniti nel movimento “Vergine Maria si riprende il territorio”, hanno presentato un esposto alla Procura e alla Soprintendenza, denunciando lo status quo. Nel mese di ottobre 2011 il complesso della tonnara venne successivamente affittato per le riprese di una nota fiction TV: il ricovero delle muciare fu dunque liberato dalle piante infestanti e ‘sistemato’ – come riferiscono i residenti – per consentire sia il passaggio pedonale degli attori (dal piazzale interno della tonnara allo spazio antistante il prospetto di essa) sia le riprese TV.
Le imbarcazioni a questo punto subirono altri danni che, di fatto, le hanno alterate e snaturate. Le imbarcazioni sono state spostate dalla loro originaria collocazione, private dai sedili e sono stati strappati elementi lignei del fasciame degli scafi, provocando la disgregazione degli stessi. Sembra inoltre che la Soprintendenza, verificata la violazione del vincolo etno-antropologico (dovuta sia al pesante danneggiamento delle muciare, durante le riprese della produzione televisiva, sia al grave degrado della copertura del marfaraggio), non sia intervenuta immediatamente per contestare l’ipotesi di violazione dell’art.30 del testo unico dei beni culturali.
Il D.lgs 42/2004, infatti, stabilisce chiari obblighi conservativi di un bene culturale nella sua organicità da parte dei privati proprietari, possessori o detentori del bene medesimo (art.30, comma 3) ma definisce anche le responsabilità di controllo da parte della Soprintendenza.
Se il movimento civico della borgata sottolinea che “la produzione cinematografica è stata autorizzata solo dal Comune di Palermo e dal proprietario del bene”, forti perplessità suscita il fatto che la possibile violazione del vincolo etno-antropologico (con grave danneggiamento delle muciare) non abbia indotto la Soprintendenza a prendere alcun provvedimento di sequestro preventivo dell’area (come invocato dai residenti che hanno documentato i danni procurati dalle riprese TV).
Il sito oggi è ancora gestito da chi non pare che sia intervenuto ad hoc per la conservazione del bene affidato in custodia; il Soprintendente dichiara che sono in corso gli accertamenti dovuti mentre, da alcune settimane, la vicenda è seguita anche dalla Società Italiana per la Protezione Beni Culturali (SIPBC-Sicilia).