La pandemia consegna dati pesanti sull'economia locale. Il Presidente di Sicindustria Trapani Gregory Bongiorno traccia la road map per la ripresa
TRAPANI – Spazio ai numeri perché sono diretti, concreti. Ed il Presidente di Confindustria Trapani Gregory Bongiorno vuole essere diretto e concreto. “L’emergenza sanitaria – sottolinea – si è trasformata in emergenza economica, che non ha risparmiato nessun territorio e quindi neanche il nostro”. Ecco i numeri: “Solo per citare alcuni dati. Nel territorio provinciale abbiamo avuto oltre 40.000 richieste del bonus di 600 euro, che è poi diventato di 1.000 euro. A fruirne sono state le piccole e micro imprese oltre alle partite Iva. Di provvedimenti di attivazione di cassa integrazione guadagni ne sono stati emessi oltre 10.000. Oltre 11.000 le domande relative al decreto liquidità per 562 milioni di nuova finanza, di cui oltre 8.000 relative a finanziamenti fino a 30.000 euro. Questi sono soltanto alcuni dati, ma significativi, che descrivono la situazione in provincia di Trapani. A questo aggiungo che circa il 50% delle aziende iscritte in Camera di Commercio chiuderà i bilanci 2020 con una riduzione di almeno il 15% del fatturato”.
Lo sviluppo in provincia di Trapani passa anche e soprattutto dall’aeroporto. Birgi è in fase di rilancio. Ma ha ed avrà la forza per poter andare avanti da solo? O il confronto con Palermo è sempre più necessario?
“La pandemia, con le limitazioni agli spostamenti, ha colpito tutti i vettori aerei e le società di gestione aeroportuali. Ovviamente anche l’aeroporto di Birgi ed Airgest. Nonostante tutto, la governance della società di gestione non si è lasciata abbattere ed ha fatto la cosa più intelligente da fare, ossia pianificare il dopo pandemia, in modo da farsi trovare pronta al momento della ripartenza. Non ho mai nascosto di essere un grande sostenitore, direi un tifoso dell’aeroporto di Birgi, che reputo, senza alcun dubbio, l’infrastruttura più strategica del nostro territorio. Per questo spero che tutti gli stakeholder pubblici e privati continuino a sostenerlo. Ritengo altresì che sia incontrovertibile il fatto che si vada verso i sistemi aeroportuali e quindi anche Airgest dovrà adeguarsi in tal senso. Si tratterà solo di definire tempi e modi. Mi auguro, ovviamente, che la strategia dei sistemi aeroportuali sia ispirata esclusivamente ad una logica di efficienza e non a logiche politiche”.
Nell’agenda dello sviluppo trapanese è stata iscritta nuovamente la Metropolitana di superficie. è tornata prepotentemente di moda ed è al centro del dibattito politico. Ma allora a cosa serve ammodernare la rete ferroviaria?
“Io non sono un appassionato di moda. Credo che si debba fare un percorso per ridurre l’enorme gap infrastrutturale che ci confina ai margini rispetto ad altre province del Centro-Nord d’Italia, con le inevitabili conseguenze negative. Bisogna sempre puntare ai grandi investimenti perché portano, prima di tutto, nuova tangibile nei territori in chiave futura e quindi di prospettiva. Ma pensare di poter mettere in cantiere una Metropolitana di superficie, progetto sicuramente utile e che collegherebbe l’aeroporto di Birgi e la linea ferroviaria Marsala-Trapani, accontentandoci di tenerci una rete ferroviaria anteguerra, credo che non sia accettabile. è forse un modo per distrarre l’attenzione da ciò che è davvero urgente ed importante. Un po’ ciò che accade quando si parla di Ponte sullo Stretto”.
Qualche tempo fa la visita (Trapani-Marsala) della Viceministra alle Infrastrutture Teresa Bellanova. Incontri, riunioni, confronti. Anche un focus sul Porto di Trapani. Si è parlato del suo dragaggio, delle sue prospettive di sviluppo ma non è emerso un solo dato sulla cantieristica navale. Che si fa del bacino di carenaggio della Regione? Che si fa dell’area demaniale statale concessa alla società Marinedì?
“Quando un rappresentante delle Istituzioni pone attenzione al nostro territorio è nostro dovere farci trovare pronti con delle proposte. Noi abbiamo incontrato e fatto avere i nostri appunti alla Viceministro, con l’obiettivo di poter arrivare al successivo step con un’idea di sviluppo possibile attraverso infrastrutture e trasporti che assicurino i collegamenti con il resto del mondo. Relativamente alla cantieristica navale, questa, in passato, ha dato al nostro territorio un ruolo da protagonista, fino alle note vicende che hanno determinato un forte ridimensionamento del settore. Relativamente al bacino di carenaggio, e all’area adiacente, ritengo che le Istituzioni che hanno competenza in materia debbano velocemente, e con chiarezza, definire tutte le questioni ancora aperte e che stanno influenzando negativamente lo sviluppo del Porto di Trapani. Stiamo seguendo da tempo questa vicenda ed auspichiamo una rapida soluzione, anche per non disperdere le professionalità collegate a questo settore”.
C’è chi pensa di uscire dalla crisi anche ridisegnando i territori, come nel caso delle città di Trapani ed Erice. Si è aperto il dibattito sulla fusione o sulla rettifica dei confini. C’è poi chi ha rilanciato con l’Area Vasta. Presidente da che parte si schiera?
“Io preferisco schierarmi dalla parte della funzionalità. La scelta non può che passare dalla ottimizzazione dei costi e da servizi sempre più efficienti per i cittadini. Partendo da questa certezza, il resto rimane soltanto scelta, mi auguro, più consapevole possibile, che dovranno fare i cittadini”.
Chiudiamo con la parola magica, Recovery Fund. Il territorio trapanese ha un progetto unitario? O s’annuncia una corsa al finanziamento del progetto che c’è, con il Comune più veloce e che saprà fare meglio?
“Di Recovery Fund si fa un gran parlare. Per molti rappresenta la panacea di tutti i mali. Mentre, per altri, sarà l’ennesima occasione perduta. In considerazione dei tempi stretti previsti per la realizzazione e rendicontazione delle opere, non credo che ci sia la possibilità di nuova progettazione. Soprattutto per i tempi biblici causati dalla nostra burocrazia: pareri, autorizzazioni, permessi, espropri, ricorsi, appelli. Allora forse è il caso di aprire gli armadi di alcuni enti pubblici in cui vi sono tanti progetti mai realizzati. Si tratta di tirarli fuori, valutare quelli prioritari e strategici per il territorio, adeguarli e realizzarli. Ritengo che se si vuole sfruttare al meglio l’occasione del Recovery Fund, almeno in questo caso, bisogna abbandonare l’idea di redigere l’ennesimo libro dei sogni”.