Chi costruisce i ponti, chi costruisce il nulla - QdS

Chi costruisce i ponti, chi costruisce il nulla

Chi costruisce i ponti, chi costruisce il nulla

venerdì 04 Giugno 2021

Basta chiacchere, ora i fatti

Proprio in questi giorni è stato inaugurato un lunghissimo ponte sopra e sotto il mare che collega Hong Kong a Macao, famosa città dei giochi.
È lungo cinquantacinque chilometri, attraversa e collega quattro isole, è stato costruito in dieci anni, resiste ai terremoti fino all’ottavo grado della scala Richter, pesa centoventimila tonnellate.

Per collegare le due città, il ponte avrebbe interferito all’attraversamento delle navi, cosicché a un certo punto, come un serpentello d’acqua, si tuffa nel mare, penetra sotto lo stesso ed esce dall’altra parte, lasciando un varco su cui le navi possono tranquillamente passare.

Questo manufatto eccezionale è costato relativamente poco, meno di cinque miliardi di dollari, è un forte carburante per l’economia di quell’area, consentendo a sessanta milioni di persone di percorrere quel tragitto in meno di quaranta minuti, mentre prima per passare da una città all’altra ci volevano più di tre ore.

Vi parliamo di tutto ciò e vi ricordiamo l’altro importante ponte che unisce la Danimarca alla Svezia, di sedici chilometri, per sottolineare ancora una volta come le infrastrutture costituiscano una forte accelerazione dell’economia, una sorta di super carburante che consente lo sviluppo continuo.

Ovviamente, non ci riferiamo solo ai ponti, ma anche a strade ferrate ad alta velocità e ad alta capacità – per trasportare di giorno i passeggeri e di notte le merci -, ai porti per potenziare le autostrade del mare, e ai trasporti cittadini e regionali mediante treni automatici senza conducente, come già avviene in tanti Paesi come Francia e Gran Bretagna. Tutto questo è indispensabile allo sviluppo.

Al riguardo c’è un monito preciso del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che nelle Conclusioni finali, lette lo scorso 31 maggio, ha ammonito con grande severità come il futuro del nostro Paese non possa poggiarsi sugli ammortizzatori sociali e sui sussidi pubblici, cioè sulla spesa “cattiva”, che è quella assistenziale, la quale serve al momento, ma non dà nessuna prospettiva di crescita. Peraltro, anche Paolo Gentiloni, Commissario europeo all’Economia, qualche tempo ha fa avvertito al riguardo i Paesi, ma soprattutto il Nostro.

Scusate se torniamo ossessivamente sulla questione del Ponte sullo Stretto di Messina, ma ci sembra ridicola e insignificante l’attuale pantomima attorno al manufatto, che è già totalmente progettualizzato, anche dal punto di vista esecutivo, che è già stato contrattualizzato con la società Webuild, che ha aperto alcuni cantieri sulla riva calabra e che ha un costo per lo Stato abbastanza ridotto, meno di quattro miliardi.
Inoltre vi sono Fondi europei che potrebbero sostituire in parte il finanziamento dello Stato, cosicché sulle casse pubbliche l’onere potrebbe diminuire parecchio.

Non si capisce ancora perché sulla questione si cincischi a destra e a manca e non si passi alla fase operativa, che è poi quella decisiva.
È noto a tutti come la costruzione che unirebbe la Sicilia all’Italia darebbe lavoro a più di diecimila persone e avrebbe un indotto forse di altrettante. Diventerebbe un’importante attrazione turistica e soprattutto alleggerirebbe il transito, perché la percorrenza sarebbe di qualche minuto, mentre oggi ce ne vogliono sessanta, almeno.

Infine, vi è da sottolineare come dal punto di vista ambientale, l’impatto di questo manufatto è sicuramente inferiore a quello degli scarichi di carburante (e non solo) di migliaia di attraversamenti che inquinano fortemente il mare.

Dal quadro che precede si può rilevare come l’insipienza della classe politica siciliana, rappresentata in Parlamento e nel Governo, dimostri un’insufficienza di iniziativa e anche una sorta di subordinazione degli interessi generali a quelli personali.

Qui non si tratta di perseguire un’ideologia, bensì di realizzare un’opera concreta, indispensabile anche per eliminare il gap di isolamento che da più parti è stato calcolato in quattro o cinque miliardi di Pil l’anno.

Non sappiamo se questo nostro ostinato riportare alla ribalta l’indispensabilità di aprire i cantieri produrrà qualche risultato, però riteniamo che sia nostro dovere continuare a battere questo ferro, semifreddo, perché il Ponte sullo Stretto, non realizzato, non è meno del ponte Hong Kong-Macao, già realizzato.

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