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I referendum sono il diritto del popolo

I referendum sono il diritto del popolo

sabato 03 Luglio 2021

Non importano i loro quesiti

I referendum sono il diritto del Popolo ad esprimersi senza intermediazioni su qualunque questione riguardi le regole dei cittadini.
Nessuno li deve vietare con alcuna argomentazione. È ovvio che sia la Corte di Cassazione che la Corte costituzionale debbano prima verificare che i quesiti siano conformi alla legge sui referendum. I due organi supremi danno totale garanzia di imparzialità ed obiettività, per cui nessuno, ma proprio nessuno, ne deve dubitare, con la conseguenza che se i quesiti referendari non venissero ammessi, bisognerebbe prenderne atto con serenità e senza elaborare alcun retroscena.

Sosteniamo quanto precede fin dai tempi dei famosi referendum sul divorzio (1974) e l’aborto (1981), portati avanti da Marco Pannella, che è stato sicuramente un protagonista dei diritti civili.
Allora la Chiesa si schierò contro questi due quesiti referendari e con essa la parte maggioritaria della Democrazia Cristiana, ma i cittadini dimostrarono di volere progredire civilmente ed abbatterono i due tabù.

La questione che poniamo oggi fa riferimento ai sei quesiti referendari posti da quello che rimane del Partito radicale, non più glorioso come ai tempi del loro Fondatore, e sui quali si è precipitata la Lega di Salvini, che ritiene di poter creare clamore e quindi acquisire consensi.

A proposito della Lega, si deve rimarcare come proprio i consensi, che avevano raggiunto il 34 per cento, secondo gli ultimi sondaggi, siano scesi al 20,7. Ciò è accaduto anche per il travaso di molti parlamentari verso Fratelli d’Italia, che ha raggiunto la soglia del 20 per cento.

La fluidità del ‘sentimento’ del Popolo nei confronti dei partiti è una novità degli ultimi decenni, perché fino a quando c’erano i blocchi (Dc e Pci), gli spostamenti erano lievi e avvenivano quasi sempre nei partiti di contorno ai due blocchi.

La fluidità accennata potrebbe avere riflessi sull’esito dei sei referendum citati, anche se non sappiamo in quale direzione. Però, possiamo intuire che i cittadini sono esasperati dalla cappa dell’attuale governance partitocratica e quindi cercano continuamente il nuovo.
Così è accaduto nel 1994, quando Berlusconi fondò Forza Italia e vinse le elezioni; così è accaduto quando Renzi vinse la battaglia interna al Pd e, con la qualifica di ‘rottamatore’, cominciò l’ascesa verso i vertici istituzionali, culminata con l’esautorazione dell’allora presidente del Consiglio, Enrico letta, (‘Enrico, stai sereno’) il 22 febbraio 2014.

Una terza novità di questo trentennio è stata quella del Movimento Cinquestelle, inventato da Gianroberto Casaleggio e ‘pubblicizzato’ da Beppe Grillo, che oggi non intende cedere lo scettro del comando e vuole restare ‘l’Elevato’, cioé colui che sta al di sopra di tutti, quasi un Padre Eterno.

In questo quadro, i referendum ci stanno sempre bene perché rompono la commedia politica italiana, basata sui sondaggi, sulle dichiarazioni, sugli show televisivi, sulle campagne mediatiche in internet e su tanti professionisti dell’informazione che si prestano ad intossicare la stessa informazione. Così l’opinione pubblica viene spesso ingannata.

Non vogliamo di proposito entrare nel merito dei sei referendum perché se essi saranno ammessi e quindi si voterà nella primavera del 2022, verranno ampiamente illustrati dai proponenti, e contrastati anche fortemente da coloro che ne sono contrari.

Tuttavia, non possiamo non sottolineare la necessità e l’urgenza che la Giustizia venga riformata radicalmente, in modo da tagliare con il macete i tempi dei processi civili e penali, rimettendo la prescrizione fino al tempo della cosiddetta ragionevole durata, indicata con chiarezza dall’Unione europea.
I cittadini hanno diritto di essere giudicati in un tempo breve perché sentirsi additati dall’opinione pubblica come colpevoli quando ancora le sentenze non sono diventate definitive ed irrevocabili, è un onere sulla loro dignità, sul loro onore e sulla loro reputazione.

C’è da auspicare che tali riforme si facciano presto, anche perché esse, se nella stessa direzione, possono evitare i referendum sulla giustizia, qualora fossero ammessi.

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