Chi sarà il nuovo presidente della Repubblica? Tutte le opzioni possibili di un accordo che sembrava fatto, ma così non è.
Precisiamo subito che il risotto è in bianco, a causa delle budella non a posto del cronista. Mentre il riso cuoce, il televisore è acceso sulla maratona Mentana, vista Quirinale. Molti addetti ai lavori, meno gastrici, in questo momento stanno mangiando pop corn e stappando birre artigianali godendosi lo spettacolo.
Già si parla di spread, del calo della borsa di Milano. I commentatori si sprecano in frasi roboanti, per lo più fatte, trite e ritrite. Scoop! Salvini ha incontrato Draghi. Cosa si saranno detti?
Letta attende un incontro con il leghista che oggi, in epoca ormai post berlusconiana, tenta di prendere il proscenio. Cosa proporrà Enrico Letta a Salvini e quindi, di sponda, a Renzi? Gli sussurrerà Mario Draghi, oppure gli canterà il peana su Sergio Mattarella?
Intanto si vede entrare a Montecitorio la carica dei 1008; purtroppo uno è deceduto. Si intravede il turbante di una sempre ipotetica candidata Emma Bonino. Ci manca il mitico Razzi, che avrebbe potuto rappresentare l’oracolo abruzzese dell’umore degli elettori non allineati.
Mentana dirige il traffico dallo studio, alternando i commentatori quasi come in una partita di calcio. C’è chi sostiene che comunque ci saranno ripercussioni sul Governo, anche se nessuno, nemmeno nelle più erotiche immaginazioni, immagina il voto alle politiche. Non si fa. Sarebbe un colpo mortale per l’80% dei grandi elettori.
I nomi si sprecano. L’opzione donna è sulla bocca di tutti, meno nei gesti concreti. Cartabia, Belloni, che pur sconosciuta, anche per mestiere, al grande pubblico, ha un nome.
Sembra che il resto della pattuglia degli ottuagenari si sia, a poco a poco, dileguato con il ricovero del capostipite al San Raffaele. Crollano le quotazioni di Pera, Letta quello giusto, Amato. Resiste nelle menti dei sognatori il nome di Andrea Riccardi, un ragazzino rispetto agli altri. Il quale potrebbe essere decisamente un ministro degli Esteri più accreditato dell’attuale.
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E il duello è chiaro: o Draghi o Santo Sergio Mattarella, che ancora pubblica foto di scatoloni. Lui non vuole, non chiede, non pretende, anzi allontana da lui l’amaro calice quirinalizio.
La prima votazione sarà in bianco, con rare macchie di gusto. In serata si cercheranno all’oscuro delle tende, come amanti fedifraghi. Ognuno tradirà il proprio compagno di coalizione, tranne Renzi. Lui non ne ha una. Si attende chi si bruci per primo, chi rimanga con il cerino in mano di un accordo che sembrava fatto, ma così non è.
Al di là dei nomi, le soluzioni sono estremamente diverse. La soluzione Draghi potrebbe, con tutti i problemi possibili, riportare la politica a Palazzo Chigi, perché un tecnico sarebbe oggi impossibile. Ovviamente questo potrebbe cambiare l’unità nazionale per come l’abbiamo conosciuta.
La soluzione Mattarella, invece, rappresenterebbe lo status quo, in cui nessuno vince, ma soprattutto nessuno perde.
I bookmakers danno Draghi alto nelle chance, ma l’Italia non è terra per scommesse anglosassoni.
Intanto il risotto in bianco del cronista è stato dimenticato sul fuoco, come i problemi reali degli italiani, ed è diventato un mappazzone immangiabile. Si prevede un digiuno senza ristori.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo