Quei 45 omosessuali di Catania “scovati”, umiliati e poi dimenticati - QdS

Quei 45 omosessuali di Catania “scovati”, umiliati e poi dimenticati

Quei 45 omosessuali di Catania “scovati”, umiliati e poi dimenticati

Dario Raffaele  |
domenica 13 Febbraio 2022

Tra il 13 gennaio e il 13 febbraio 1938, 45 uomini furono arrestati, sottoposti ad umiliazioni e mandati in confino alle isole Tremiti per il solo fatto di essere omosessuali

In questi giorni di 83 anni fa, 45 catanesi (tra i 18 e i 50 anni) vennero perseguitati e mandati in confino a San Domino, Isole Tremeti, per espiare la loro “colpa”: essere omosessuali.

L’avvulu rossu
Cono Cinquemani
Piazza Sant’Antonio oggi
l’ingresso laterale dell’ex sala Sapuppo oggi
via Sapuppo, dove i 45 uomini furono fermati e identificati
Piazza Sant’Antonio in una foto d’epoca
ritratto immaginario di uno dei 45 arrestati (disegno di Ljubiza Mezzatesta)
ritratto immaginario di uno dei 45 arrestati (disegno di Ljubiza Mezzatesta)
ritratto immaginario di uno dei 45 arrestati (disegno di Ljubiza Mezzatesta)
ritratto immaginario di uno dei 45 arrestati (disegno di Ljubiza Mezzatesta)

Erano gli anni del fascismo e a Catania era di stanza il questore Alfonso Molina. A raccontarci questa storia (di cui in questi giorni ricade l’anniversario ma che in pochi conoscono) è Cono Cinquemani, assistente di volo in cassa integrazione che, con la sua associazione Lab5, organizza tutti i giorni dei tour guidati attraverso i luoghi frequentati dai gay del periodo e racconta come si viveva l’omosessualità tra gli anni Trenta e Quaranta, gli anni del fascismo.

Testimonianze dirette e l’Archivio di Stato fonti di questa storia

Il libro “La città e l’isola” di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio è in gran parte la fonte di questi ricordi insieme ai documenti ufficiali costuditi nell’archivio di Stato dell’Eur a Roma e scoperti recentemente da una giovane fotografa piacentina, Luana Rigolli.

In tutta Italia durante il periodo fascista furono arrestati e mandati al confino centinaia di uomini la cui unica colpa era quella di essere omosessuale. Tra tutti i confinati nell’Isola di San Domino si scoprì che 45 persone (“ma alcuni ritengono che fossero una sessantina”, ci dice Cinquemani) venivano da Catania.

Lo scrittore Tommaso Giartosio, incuriosito da questo aspetto, nel 1986 venne a Catania per cercare dagli elenchi telefonici queste persone e ricostruirne in qualche maniera la storia. Nacque così il libro “La città e l’isola. Omosessuali al confino nell’Italia fascista”.

L’omicidio del ragionier Ranieri a Catania

Tutto ebbe inizio nel 1937, in seguito all’omicidio del ragioniere Ranieri, borghese omosessuale della Catania della fine anni Trenta. Un omicidio che rimase nel mistero, avvenuto in una Catania presa da altri pensieri (si celebravano i funerali di Angelo Musco).

“In quegli anni a Catania – ci racconta Cinquemani – vi erano due comunità di gay, i “giovani” e i “vecchi”. Questi ultimi, dai 40 anni in su, perlopiù medio borghesi benestanti, vivevano a San Berillo; i più giovani, più pragmatici e scanzonati, rappresentavano il cosiddetto gruppo di San Cristoforo. Proprio nel quartiere di San Berillo, tal Raffaele “la Leonessa”, sembra che vivesse o avesse vissuto per qualche tempo con il ragionier Ranieri. Dopo una serie di screzi i due si separarono e poco tempo dopo il ragioniere venne ucciso nel più fitto mistero. Alcuni dicono che fu il suo ex compagno ad ucciderlo, altri che fu un carabiniere a cui aveva trasmesso la sifilide, altri ancora sostengono che ad ucciderlo fu un cliente dello stesso Ranieri”. Da allora iniziò l’incubo per gli omosessuali di Catania. CONTINUA LA LETTURA

L’arrivo a Catania del questore Molina

Ad ogni modo questo omicidio fu l’assist perfetto per mandare a Catania il questore Alfonso Molina che doveva intervenire per ripulire Catania dagli omosessuali e dall’omosessualità, “questo male endemico che avrebbe indebolito tutta la razza”, come scrisse lo stesso Molina.

Il questore arrivò nella città etnea nel 1938. “Ritengo indispensabile, nell’interesse del buon costume e della sanità della razza, intervenire con provvedimenti più energici perché il male venga aggredito e cauterizzato nei suoi focolai”, diceva. Molina iniziò dunque una vera e propria caccia agli omosessuali.

Tutti e 45 questi uomini, tra il 13 gennaio e il 13 febbraio del 1938, furono pedinati in tutte le zone della città in cui gli omosessuali erano soliti riunirsi. A partire dalle zone circostanti all’”arvulu rossu” (l’albero grosso, il platano ancora oggi presente nei pressi degli archi della Marina, dove i gay cercavano incontri) per poi essere stanati in piazza Sant’Antonio nei pressi della quale, in via Sapuppo, vi era la sala da ballo per soli uomini in cui si vedevano dalle 20 a mezzanotte per ballare, la sala Sapuppo. “Una sala spoglia – come scrisse lo stesso Molina nel suo rapporto – con appena un organetto, un violino e delle percussioni”.

L’inizio delle umiliazioni per i 45 uomini

I 45 uomini furono identificati nell’uscita laterale della sala, in via Sapuppo. “A tutti fu chiesto se erano “masculi” o “arrusi” (termine catanese sinonimo di omosessuale). – continua il presidente di Lab5 – A quei tempi non vi era la consapevolezza dell’omosessualità, molti uomini che andavano con altri uomini erano anche sposati. A Molina interessava intercettare i passivi, le ‘femminelle’, che erano considerati i veri deviati e perciò da punire. Una volta individuati, i 45 omosessuali vennero portati al carcere di piazza Lanza per 15 giorni, poi all’ospedale Garibaldi. Ed è qui che subirono la violenza vera e propria. Qui infatti furono oggetto di esperimenti con lo speculum, l’oggetto utilizzato in ginecologia che, tra le altre cose serviva a valutare l’elasticità dell’ano e quindi capire se erano stati penetrati e quindi si erano “macchiati” del crimine di pederastia”.

Il confino alle isole Tremiti

Sulla base di queste prove vennero poi spediti sulle Isole Tremiti, a San Domino (era il 1939) dove vennero confinati e costretti a vivere in due capannoni, e solo il 7 giugno del 1940 vennero rimandati in Sicilia solo perché l’isola serviva per rinchiudere altri confinati politici.

“Una volta rientrati in Sicilia questi uomini vissero come emarginati; per due anni vennero ammoniti (costretti a firmare ogni giorno in questura), molti persero la dignità e il lavoro, persino i rapporti con la famiglia. Molti si fermarono a vivere a San Berillo che diventò una sorta di rifugio dei peccatori”.

Passati due anni, su questa storia cadde l’oblio, la sala da ballo venne chiusa (oggi è una sala scommesse come si vede dalle foto).

Cinquemani ci svela poi una sua teoria. Sino ad allora i gay a Catania erano chiamati “arrusi”, da allora prese piede l’appellativo di “puppo” che, secondo il presidente di Lab5, deriverebbe proprio dalla sala Sapuppo, il primo locale da ballo per gay di Catania. La storia è oggi quasi sconosciuta, caduta nell’oblio. Ecco cosa successe dopo. CONTINUA LA LETTURA

Una storia dimenticata (o insabbiata)

Questa storia purtroppo viene nascosta ancora oggi. La sala da ballo è oggi un centro scommesse. Sul muro appena dietro l’albero grosso era stata apposta una targa dall’associazione Open mind per ricordare questi uomini, ma gli eredi di Molina la fecero rimuovere. Esattamente 83 anni fa per questi uomini iniziava l’inizio di un lungo calvario, di umiliazioni e privazioni che ne sconvolsero le vite, colpevoli solo di amare altri uomini. 

La storia dei “arrusi” in fotografia

Una fotografa di Piacenza, Luana Rigolli, ha portato il tema e il ricordo dei 45 omosessuali catanesi dell’epoca fascista anche sul National Geografic olandese (articolo pubblicato nel luglio del 2021). Con i materiali fotografici raccolti dalla Rigolli è stata realizzata anche una mostra che è stata portata in giro per l’Italia facendo tappa anche a Catania (inserita nel circuito della via dei Tesori) e al museo Mandralisca di Cefalù.

L’itinerario dei “arrusi” e gli altri di Lab5

Cono Cinquemani, ogni giorno su appuntamento organizza il tour degli “arrusi”. Oltre a questo la sua associazione organizza altri due giri culturali. Il primo è l’itinerario letterario su Paolo Ciulla. Una passeggiata nel centro storico catanese per raccontare la storia del falsario Paolo Ciulla e della primavera del 1920, quando le case dei bisognosi i Catania si riempirono di banconote di 500 lire. Il secondo itinerario è chiamato “Sulle orme dei Galatola, i primi editori catanesi”. Una passeggiata nel centro storico per raccontare 160 anni di storia dell’editoria catanese.

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