Ispettori del lavoro, in Sicilia sono come i panda - QdS

Ispettori del lavoro, in Sicilia sono come i panda

Ispettori del lavoro, in Sicilia sono come i panda

martedì 15 Febbraio 2022

Solo 83 (+45 unità di carabinieri) a controllare le oltre 476mila imprese attive nell’Isola. 309, invece, gli amministrativi dietro le scrivanie

Una manciata di ispettori per la Sicilia, dove il lavoro sommerso, intanto, la fa da padrone. Una totale contraddizione che porta soltanto frustrazione e inefficienza, ma a cui il governo regionale non sembra riuscire a trovare rimedio.
I numeri raccolti dalla Uil Sicilia sono desolanti: solo due due ispettori regionali a Palermo che materialmente vanno ad ispezionare le aziende, addirittura nessuno a Ragusa.
Sono i due estremi che rappresentano il quadro del disastro.

Appena 83 in totale, gli ispettori su tutto il territorio regionale; sono invece ben 309, tra istruttori, collaboratori e operatori secondo la pianta organica pubblicata in ogni ispettorato provinciale, gli amministrativi regionali che li collaborano, un numero quadruplicato rispetto ai ben più necessari, ma mancanti, operatori sul campo, che vadano per le aziende a verificare effettivamente come procede il lavoro. Unico vero sostegno, appena 45 ispettori carabinieri, distribuiti variamente sul territorio. In percentuale, rispetto al personale amministrativo, gli ispettori sono il 37% in provincia di Agrigento, il 32% a Catania, il 23% a Trapani, per scendere addirittura al 10% ad Enna e al 6% a Palermo.
Un esercito sparuto, che poco può fare contro il sommerso dilagante su tutto il territorio. L’Istat ha stimato che sono quasi 300 mila i lavoratori “in nero” in Sicilia, con un tasso di irregolarità di quasi il 20%. Numeri che si trasformano in cifre a molti zeri se li si traduce in moneta sonante: il lavoro irregolare in Sicilia produce 6,235 miliardi di euro che, incide, in termini percentuali, sul valore totale del lavoro nella regione, per ben il 7,8%.

A livello nazionale, all’inizio del 2019 l’Istat stimava in poco più di 3,2 milioni di persone che quotidianamente per qualche ora o per l’intera giornata si recavano nei campi, nelle aziende, nei cantieri edili o nelle abitazioni degli italiani per esercitare un’attività lavorativa irregolare. La situazione più critica si registra nel Mezzogiorno, in cui il fenomeno presenta radici molto più profonde e difficili da sradicare. In Calabria, ad esempio, e in Campania, la condizione del mondo del lavoro si avvicina molto a quella della Sicilia, che vive la stessa difficoltà anche culturale a superare il fenomeno.

Il governo regionale sembra voler intervenire, ma negli anni poco o nulla è cambiato, dopo aver promesso di portare il personale preposto alle ispezioni sul campo ad almeno 250 unità, formati e pronti per affrontare un lavoro che implica grande attenzione, scrupolosità e anche sangue freddo, nell’affrontare situazioni che possono diventare potenzialmente pericolose. Questo numero era stato messo nero su bianco nella deliberazione della giunta regionale, la numero 361 del 10 ottobre 2019 in cui si parlava di “Piano triennale del fabbisogno di personale per il rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro”. Un ruolo, quello da ispettore, non da tutti ma che è necessario per riuscire a riportare nel mondo del lavoro un po’ di ordine, ulteriormente stravolto da ormai due anni di crisi economica dovuta all’emergenza sanitaria. Già un paio di anni fa il presidente della Regione volle incontrare a Palazzo d’Orleans gli ispettori del lavoro, e in quella occasione si parlò della necessità del potenziamento delle attività.
È stato anche attivato un tavolo permanente, presieduto dal dirigente generale del dipartimento del Lavoro Giovanni Bologna, affinché venissero esaminate, condivise e risolte le criticità esistenti. Da allora in realtà nulla è cambiato. Si consuma poi un enorme paradosso tutto siciliano.

Sono infatti un centinaio i siciliani vincitori o idonei del concorso pubblico nazionale per Ispettori del lavoro ma paradossalmente non possono ad oggi essere assegnati in Sicilia perché la Regione, che ha competenza esclusiva in materia, non ha recepito il decreto istitutivo dell’Inl, l’Ispettorato nazionale del lavoro, da cui dovrebbero discendere gli ispettorati territoriali.

“Si rischia peraltro – commentano il segretario generale Gaetano Agliozzo e la componente di segreteria Monica Genovese della Cgil funzione pubblica – nell’attuale condizione di non potere partecipare al piano di lotta al sommerso del Pnrr, che prevede un finanziamento globale di 600 milioni”.

antonio scavone
Antonio Scavone

L’assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone, risponde alle domande del Qds

Assessore, ma davvero non si può far nulla per infoltire gli ispettorati del lavoro di personale che faccia gli accessi nelle aziende?
“Non vi è dubbio che ci sia una carenza cronica, e tutto questo devo dire che è inaccettabile. Come governo regionale abbiamo posto il problema muovendoci su un doppio binario. Il primo è quello già posto più volte alla funzione pubblica di poter indire dei concorsi che ci permettano di assumere, seppur nei limiti di legge che tutti conosciamo. Ma ci stiamo muovendo anche nella direzione di chiedere di attingere ad una graduatoria stilata a livello nazionale dal Nil. Oltretutto sappiamo che in graduatoria ci sono molti siciliani. Purtroppo per una vecchia norma non ci è consentito di poter avere accesso a questa graduatoria. Stiamo dialogando con il ministero nella speranza di poter avere questa possibilità”.

Ovviamente lei ha ereditato questa condizione, anche perché da anni gli ispettorati regionali sono in queste condizioni. A risaltare all’occhio questa enorme differenza tra il numero di ispettori e gli amministrativi che lavorano negli ispettorati e che sono in rapporto tre volte di più. Ma come è possibile? Cosa dovrebbero elaborare questi impiegati se le ispezioni sono ovviamente ridotte per via del basso numero di ispettori in servizio?
“Attenzione, stiamo parlando di due profili professionali diversi. L’ispettore ha determinate mansioni e delle specifiche professionalità acquisite, l’amministrativo ne ha altre. Poi quest’ultimo non svolge solo le elaborazioni delle ispezioni nei cantieri ma ha anche altri compiti”.

Insomma assessore, ma concretamente che possibilità ci sono di poter rinfoltire questi ispettorati in tempi brevi?
“Guardi, le dico soltanto che io mi sono insediato alla guida di questo assessorato due anni fa e una delle mie prime richieste fu proprio quella di andare a potenziare gli ispettorati. Spero di disarticolare questa impasse ma chiaramente io più di sollecitare e dare i necessari indirizzi non posso fare. Devo dire che l’aiuto degli ispettori dell’Arma dei carabinieri è certamente molto importante, ciò non toglie che comunque la Regione deve fare la sua parte e deve garantire un numero adeguato di funzionari. Anche perché è un delitto quel che si sta perpetrando sino ad oggi. Gli ispettori si pagherebbero da soli lo stipendio, lo farebbero chiaramente con gli accessi ispettivi alle aziende e con le varie sanzioni amministrative che vengono elevate”.

L’allarme lanciato da Giuseppe Raimondi (Uil Sicilia)

I sindacati esprimono preoccupazione rispetto alla carenza di figure preposte ai controlli. In prima linea la segreteria regionale della Uil Sicilia che da tempo prova ad interloquire con il governo regionale senza però trovare risposte concrete.

Giuseppe-Raimondi
Giuseppe Raimondi

Secondo Giuseppe Raimondi delle segreteria regionale Uil con delega al mercato del lavoro sarebbe un problema culturale della classe politica: “Si registra una bassa tensione nella lotta a fenomeni che, qualora opportunamente contrastati, da un adeguato servizio ispettivo, potrebbero generare fiducia nei lavoratori e nelle imprese oltre a far aumentare le entrate di bilancio”.

Già due anni fa vi fu un primo confronto tra le organizzazioni di categoria ma la situazione non è mai cambiata, anzi è peggiorata: “Le 83 unità – afferma Raimondi – dovrebbero controllare 475.736 imprese attive in Sicilia e l’evasione fiscale che raggiunge picchi doppi rispetto al dato nazionale. L’auspicata ripresa economica post pandemia sostenuta dalle risorse del Pnrr, se non adeguatamente accompagnata da un sistema di regole e controlli, a partire dal sistema degli appalti, potrebbe generare la diffusione di realtà economiche illecite e la crescita del lavoro nero. Inoltre, com’è noto, l’assenza a livello regionale dell’Inl, l’Ispettorato nazionale del lavoro, a causa del mancato recepimento del decreto istitutivo, escluderà la Sicilia dalle misure previste dal Pnrr sulla lotta al lavoro sommerso e dall’assunzione di duemila ispettori che, a livello nazionale, saranno ulteriormente incrementati del 20% a fine 2024”.

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