Parla Massimiliano Berretta, medico oncologo e professore presso il Dipartimento di Medicina clinica del Policlinico “Gaetano Martino” dell’Università di Messina
Comunicazione istituzionale
PALERMO – Nel mese di marzo, EuropaColon Italia lancia la campagna di sensibilizzazione (European Colorectal Awareness Month – ECCAM 2022) per la prevenzione del tumore al colon retto, che in Italia e nei paesi con stile di vita occidentale rappresenta la seconda neoplasia più frequente. Nel primo anno di pandemia causata dal Covid c’è stata una riduzione del 45% degli esami di screening per questa patologia ed un calo del 12% delle nuove diagnosi, con risvolti sanitari poco piacevoli. “Oggi, più che mai, bisogna informare e sensibilizzare la popolazione sull’adesione alla campagne di screening, sul ruolo fondamentale della diagnosi precoce e sull’importanza di rivolgersi al proprio medico per riconoscere tempestivamente i sintomi di allarme” – così esordisce Massimiliano Berretta, oncologo con ventennale esperienza presso l’Istituto Tumori di Aviano e ora professore associato presso il Dipartimento di medicina clinica e sperimentale del Policlinico “G. Martino” dell’Università di Messina.
Il tumore del colon-retto è il secondo tumore più diffuso al mondo per incidenza. Il numero di diagnosi di tumore del colon-retto è diminuito drasticamente durante la pandemia, a causa dell’interruzione dei programmi di screening e del rinvio delle colonscopie non urgenti. Tutto ciò ha determinato un maggior numero di diagnosi tardive e quindi paziente con malattia in stadio più avanzato e con sintomi più gravi. Nel 2020 sono state stimate circa 44 mila nuove diagnosi nel nostro Paese, con tassi di sopravvivenza a 5 anni del 65% e con un tasso di mortalità ridottosi drasticamente (10%) nell’ultimo quinquennio.
In Sicilia sono poco più di 3.400 i nuovi casi l’anno di tumore colorettale, con una leggera prevalenza negli uomini. La sopravvivenza a 5 anni oscilla tra il 58 e il 60%, rispettivamente per il tumore del retto e del colon in entrambi i sessi. I dati disponibili sul sito dell’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia rispecchiano sostanzialmente i numeri del resto d’Italia. I progressi ottenuti nella riduzione del tasso di mortalità sono attribuibili principalmente ai programmi di screening, alla diagnosi precoce e al miglioramento delle cure.
Purtroppo in Sicilia e nel meridione, in generale, c’è una minore aderenza allo screening. “Il tumore del colon-retto lo possiamo considerare come un indicatore dello sviluppo socio-economico di un paese e una patologia della società del benessere tipica dei Paesi occidentali – ha detto Berretta -. Dal dopoguerra, e soprattutto dagli anni del boom economico, sono aumentate le diagnosi di tumore legate agli scorretti stili di vita e all’invecchiamento della popolazione. Se da una parte l’invecchiamento della popolazione (l’Italia è il 2° paese più longevo al mondo dopo il Giappone) rappresenta una conquista socio-sanitaria per il nostro Paese, dall’altra l’aumentata incidenza di quelle patologie tumorali, come la mammella, il polmone, il colon-retto, sicuramente riconducibili al nostro ‘modus vivendi’ rappresenta una grave piaga su cui riflettere eintervenire. Lo stile di vita, inteso come vita sedentaria, abbandono della dieta mediterranea a favore di una più ricca di grassi e proteine di origine animale, gioca un ruolo centrale nel favorire l’insorgenza del tumore colo-rettale. A tal proposito è bene ricordare che il tumore del colon-retto è 4 volte superiore nei Paesi sviluppati rispetto a quelli del Terzo mondo”.
“Una dieta poco sana, il fumo di sigaretta, l’obesità, la sedentarietà, alcune malattie ereditarie, una certa predisposizione familiare, la presenza di polipi intestinali e le malattie infiammatorie croniche intestinali sono tra le principali cause del tumore del colon-retto – ha aggiunto il medico -. L’eccessivo consumo di carni rosse, farine e zuccheri raffinati, l’abuso di alcol e super alcolici, il sovrappeso e una ridotta attività fisica, rappresentano dei fattori di rischio ormai scientificamente dimostrati. Anche la familiarità rappresenta un importante fattore di rischio per il tumore del colon-retto. Infatti, le persone con almeno due parenti di primo grado affetti da tumore colo-rettale sarebbero da 2 a 3 volte più a rischio di sviluppare la neoplasia, rispetto agli individui privi di anamnesi familiare positiva per tumore del colon-retto. Le due più note e importanti condizioni ereditarie, associate allo sviluppo di tumori del colon sono: la sindrome di Lynch e la poliposi adenomatosa familiare. La sindrome di Lynch si contraddistingue per essere la potenziale responsabile anche di altri tipi di tumore, come quelli dell’endometrio e dell’ovaio, dello stomaco, ecc”.
“Meritano particolare attenzione due importanti malattie cronico-infiammatorie intestinali come la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn che rappresentano un fattore di rischio per il cancro del colon-retto e per tale motivo meritano un’attenzione particolare e dei controlli ad hoc”. “Possiamo proteggerci dal tumore del colon-retto attraverso un adeguato consumo di frutta e verdura (5 porzioni al giorno) – ha sottolineato Berretta -, privilegiando il consumo di farine e zuccheri non raffinati e riducendo drasticamente il consumo di carni rosse e processate (insaccati) a favore di quelle bianche e del pesce, azzurro soprattutto. Alcune evidenze scientifiche dimostrano che anche un adeguato valore di vitamina D e di calcio possono contribuire ridurre l’incidenza del tumore del colon-retto”.
Tra i primi sintomi che vanno attenzionati e comunicati al proprio medico ricordiamo l’insorgenza di turbe dell’alvo (stipsi alternata a diarrea), il cambiamento di forma delle feci (nastriformi o caprine) e la presenza di tracce di sangue nelle feci o nella carta igienica. Con l’evolversi della malattia compariranno sintomi più evidenti come la persistenza di dolori addominali, l’anemia, il calo ponderale, la febbricola e in casi molto avanzati anche il vomito.
Oggi grazie ai programmi di screening, previsti nel nostro paese e rivolti alla popolazione con età compresa tra i 50 e i 69 anni, possiamo tempestivamente effettuare una diagnosi precoce, così da intervenire per cercare di raggiungere il migliore obiettivo auspicabile: la guarigione. Il programma di screening prevede, tramite apposito invito delle aziende sanitarie, l’esecuzione di un semplice e gratuito test per la ricerca di sangue occulto nelle feci (Sof), in grado di individuare anche piccole perdite ematiche e che spesso rappresentano il primo campanello d’allarme d’insorgenza della malattia e in una fase del tutto asintomatica. Con esito negativo, il test andrà ripetuto ogni due anni.
In presenza di test positivo verrà suggerito un esame di 2° livello che prevede l’esecuzione della colonscopia utile per confermare le cause del sangue occulto rinvenuto nelle feci. È importante sapere che l’esame colonscopico rappresenta allo stesso tempo un esame diagnostico e in molti casi può diventare anche un atto terapeutico, in grado di individuare e rimuovere allo stesso tempo polipi di natura sospetta e che potrebbero evolvere verso il tumore del colon vero e proprio. La rimozione endoscopica di un polipo sospetto evita la sua evoluzione verso il tumore e che richiederebbe approcci terapeutici più invasivi per il paziente e costosi.
“Esistono anche esami più all’avanguardia, come il Fit-Dna (test multitarget su Dna fecale) in grado di individuare specifiche alterazioni (mutazioni) del Dna possibile espressione di un’iniziale degenerazione in senso neoplastico. Altro esame che viene spesso richiesto è la cosiddetta colonscopia virtuale, una tecnica radiologica non invasiva, che consente di studiare la parete del colon simulando la colonscopia tradizionale più accettata e tollerata dall’utenza. A differenza della colonscopia tradizionale, la colonscopia virtuale viene condotta con l’introduzione di una piccola sonda rettale e quindi meno fastidiosa per il paziente. L’accuratezza diagnostica delle immagini è del tutto sovrapponibile alla colonscopia tradizionale”.
“Le percentuali di guarigione del tumore del colon-retto – ha concluso Berretta -, se diagnosticato tempestivamente, sono altissime e spesso non richiedono interventi demolitivi o trattamenti chemio/radioterapici. La prognosi cambia radicalmente nei pazienti con malattia avanzata o metastatica. Negli ultimi anni grazie a strategie chirurgiche sempre più aggressive e all’avanguardia e all’uso di farmaci a bersaglio molecolare, anche in questo setting di pazienti, i risultati terapeutici ottenuti sono ragguardevoli e ci lasciano ben sperare per ulteriori successi terapeutici futuri non solo in termini di controllo/cronicizzazione della malattia ma anche di guarigione (chirurgia epatica per il trattamento delle metastasi è solo uno degli esempi). La neoplasia colorettale è la classica malattia per la quale la migliore cura, oggi più che mai è la prevenzione, in tutti i sensi”.