Frutti tropicali, la Sicilia dei super food tra luci e ombre - QdS

Frutti tropicali, la Sicilia dei super food tra luci e ombre

Frutti tropicali, la Sicilia dei super food tra luci e ombre

Biagio Tinghino  |
venerdì 13 Maggio 2022

Esperti a confronto su un comparto in cui l’agricoltura isolana sta dimostrando di sapere innovare. Le coltivazioni aumentano sempre di più, ma non si può improvvisare: "Serve personale specializzato"

CATANIA – “L’evoluzione della frutticoltura tropicale e subtropicale in ambiente mediterraneo” è stato il tema dell’evento che si è tenuto presso l’Aula Magna del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania. L’evento ha visto il susseguirsi di una lunga serie di interventi di alto profilo tecnico e scientifico e di un question time prima della conclusione dei lavori. Attimi di confronto e di scambio di idee che hanno esaltato la voglia di crescere nel settore della frutticultura tropicale e subtropicale nel nostro sud Italia. Avocado e mango, made in Sicily, sono ormai una realtà consolidata.

I frutti tropicali si fanno lentamente largo in Sicilia

Le coltivazioni di frutta tropicale si fanno lentamente largo in Sicilia, o meglio in alcune aree dell’Isola.
Coltivare frutti tropicali alle nostre latitudini non è banale, dicono gli esperti, servono condizioni ben precise e coincidenti per portare avanti iniziative di successo. Dopo i saluti del direttore del Di3A dell’Unict, Agatino Russo, il primo relatore è stato Stefano Bianchi, presidente di Foragri (Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua in Agricoltura) che ha definito di fondamentale importanza la formazione di personale specializzato nella coltivazione di frutti tropicali. “In Sicilia abbiamo trovato una realtà completamente innovativa e diversa rispetto alla tradizionale agricoltura italiana – ha detto Bianchi -. Stiamo parlando di frutti tropicali innestati in una realtà siciliana che ormai ha un clima tale da poter consentirne la coltivazione. Importanti sono i finanziamenti europei per la ricerca sia nell’Università di Catania che in quella di Palermo che permettono di studiare i territori vocati alle coltivazioni tropicali e tutte le tecnologie da utilizzare per aumentare i processi di produzione, renderli più efficienti e competitivi. Abbiamo verificato, nel corso di un tour in quattro aziende siciliane, quanto sia complicato e difficile realizzare questo tipo di produzioni. Bisogna avere delle attenzioni particolari sia per quanto riguarda l’impostazione degli impianti, sia per quanto riguarda le condizioni climatiche”.

“La formazione di personale altamente specializzato – ha proseguito – è di fondamentale importanza se si vogliono creare delle aziende che siano competitive sul mercato, in grado di produrre frutti adeguati per un consumatore sempre più attento ed esigente”.

Presente all’evento anche Inaki Hormaza di Uma Csic (Malaga, Spagna), il quale ha parlato di “Esperienze di coltivazione dei fruttiferi subtropicali in Spagna”. L’esperto ha affrontato anche il tema della commercializzazione, puntando l’accento sull’esportazione dell’avocado spagnolo che può ingenerare confusione nel consumatore. “Si sta lavorando – ha detto Hormaza – sulla differenziazione in etichetta, per dare maggiore riconoscibilità al prodotto iberico”.

A seguire, l’intervento di Alberto Continella, del Di3A dell’Unict, con la relazione “La coltivazione dell’avocado: realtà e prospettive”. “L’espansione della frutticoltura tropicale e subtropicale è una realtà per la Sicilia sicuramente in espansione – ha detto dal canto suo Continella -. L’avocado è stato importato nel sud Italia negli anni ’50 dalla California. Numerose ricerche sono state condotte negli anni ’80 e ’90 dalle Università del sud Italia con l’obiettivo di testare le attitudini pedoclimatiche delle diverse varietà e per valutare la loro adattabilità ai nostri ambienti. Avocado e mango sono considerati dei super food ossia dei frutti con caratteristiche salutistiche di elevato pregio. La coltivazione di avocado è possibile nei terreni vulcanici, con buona permeabilità e ricchi di humus, tipici della zona ionica dell’Etna, che sono i più adatti ad ottenere un frutto di qualità. Anche l’acqua di irrigazione rappresenta un aspetto determinante. Spesso le caratteristiche di salinità delle acque superiore a 11 Siemens diventano limitanti nella produttività della pianta. Inoltre, per considerare la possibilità di coltivazione dell’avocado, bisogna valutare l’aspetto climatico perché le temperature al di sotto di 0 °C sono dannose e renderebbero impossibile la coltivazione. Per cui lo studio che stiamo effettuando è quello di creare una mappa di vocazionalità del territorio siciliano in maniera tale da poter dare delle indicazioni abbastanza precise all’agricoltore che vuole investire in questo settore in grande espansione”.

Il mango è stato al centro dell’intervento di Vittorio Farina, docente di Frutticoltura tropicale e subtropicale dell’Università di Palermo, che ha parlato di “luci ed ombre” quindi degli aspetti positivi, ma anche di quelli negativi della coltivazione di mango. “Il mio intervento ha un titolo volutamente provocatorio – ha precisato Farina – ‘Luci ed ombre della coltivazione del mango in clima mediterraneo’ – perché questa coltura, molto diffusa in Sicilia, pur essendo molto redditizia, ha delle caratteristiche tali che la rendono, spesso, insidiosa. Essendo una pianta tropicale, in ambiente mediterraneo, si adatta ma con una serie di limitazioni come ad esempio la temperatura. Ricordo che le basse temperature distruggono le piante giovani, spesso in parte o totalmente. Negli ultimi anni non ci siamo abbastanza soffermati sugli aspetti che possono influire negativamente sull’esito degli impianti. Occorre focalizzare la nostra attenzione sull’evoluzione delle diverse fasi fenologiche in funzione delle variabili climatiche, prima di tutte la temperatura, e questo va fatto soprattutto per le cultivar di nuova introduzione. Spesso molte piantagioni carenti di studio delle variabili pedoclimatiche, portano a importanti insuccessi e perdite economiche. Stiamo anche analizzando la crescita puntuale del frutto con strumenti innovativi (fruttometri), al fine di limitare gli input esterni permettendo interventi di precisione. Infine, continuiamo con lo studio delle curve di maturazione, per stabilire il momento ideale di raccolta, e delle tecnologie di gestione post-raccolta”.

Interessante l’intervento dell’agronomo Eristo Tripoli, che ha fornito dei dati sul consumo dei frutti tropicali e sulla potenzialità produttiva italiana. “Gran parte del risultato finale si deve a corrette applicazioni di pratiche agronomiche per un settore che è in grande crescita – ha rivelato Tripoli -. I dati ci dicono che nell’ultimo quinquennio l’Italia ha avuto un incremento di consumo del tropicale di circa il 100%, dati importanti che ci tengono lontani dalla possibilità di raggiungere l’autosufficienza per i consumi italiani. Abbiamo una potenzialità produttiva di appena il 5% sul consumo italiano. C’è una grande prospettiva di crescita per le aziende che hanno di fronte un mercato competitivo che ha già dimostrato di apprezzare il prodotto di prossimità”

Altro intervento, quello di Maria De Salvo, co-organizzatrice dell’evento e docente al Di3A dell’Unict, la quale ha parlato di “Considerazioni sul territorio e sul paesaggio”, dedicando un focus al valore del patrimonio ambientale. “Se da un lato è vero che le colture tropicali e subtropicali possono rappresentare un’opportunità importante per il Mediterraneo, in particolare per la Sicilia – ha detto De Salvo – per promuovere dei sistemi di produzione più sostenibili e resilienti, e questa è una scommessa davvero molto importante anche nella prospettiva del cambiamento climatico, è anche vero che probabilmente si possono generare degli impatti sul territorio e in particolare sul paesaggio che non possiamo trascurare. In una valutazione tra vantaggi e svantaggi legati a un eventuale aumento delle superfici destinate a queste culture in particolare, non si può prescindere da un approccio di tipo territoriale”.

Fabio Ferrari, buyer responsabile acquisti Ortofrutta Coop Italia, ha spiegato quanto Coop Italia sia attenta ed interessata allo sviluppo della filiera italiana. “Coop è molto attenta allo sviluppo della filiera italiana – ha sottolineato Ferrari -. Preferiamo proporre al consumatore un prodotto italiano e quindi siamo interessati a ciò che sta nascendo in Sicilia. Oggi la produzione è ancora molto frammentata e di difficile identificazione. Stiamo cercando dei produttori con cui sia possibile sviluppare dei volumi importanti”.

A seguire, l’intervento di Felice Cupane, che conduce un’azienda agricola ubicata a ridosso della fascia tirrenica messinese. Oltre alle produzioni tipiche regionali (olio e agrumi) ha investito in quelle subtropicali (mango, annona, avocado e lime) che commercializza attraverso una struttura cooperativa di cui è anche direttore. Da non sottovalutare la possibile cooperazione e collaborazione fra diversi produttori siciliani, per difendere e promuovere un marchio al 100% made in Sicily, che punti non tanto ai volumi bensì alla qualità del prodotto. Per far questo, bisogna coordinare al meglio le fasi di produzione, commercializzazione e divulgazione/promozione del prodotto.

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