L'intervista del Quotidiano di Sicilia a Paolo Capone, segretario generale Ugl
Numeri che ci fanno arrossire ma soprattutto arrabbiare: sono quelli che vengono fuori dalle statistiche Eurostat sull’occupazione nel 2021 e che fotografano l’ennesimo record negativo per la Sicilia.
Anche stavolta la figuraccia non è “nazionale” ma di proporzioni ben più ampie: l’Isola, infatti, registra un tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni del 41,1%: il dato peggiore di tutta l’Unione europea (ad essere prese in esame sono state 229 regioni, ndr). La Sicilia sprofonda così negli abissi delle classifiche europee e con essa tutto il Sud Italia. Il Quotidiano di Sicilia ha chiesto a Paolo Capone, segretario generale Ugl un commento su questo quadro drammatico.
Segretario Capone, qualche giorno fa Catania ha ospitato la quarta tappa del tour nazionale dell’Ugl “Futuro al lavoro”. La tappa etnea è stata dedicata al patto tra capitale e lavoro: cosa si intende e come si declina il patto?
“Occorre ripensare in particolare la contrattazione di secondo livello, poiché soltanto partendo dalle singole realtà aziendali, sarà possibile prevedere forme sempre più avanzate di collaborazione dei lavoratori alla gestione delle imprese fino alla partecipazione agli utili, da intendere non soltanto come remunerazione del capitale ma anche del lavoro. Lo sancisce l’articolo 46 della Costituzione fino ad ora mai attuato”.
In Sicilia quella del lavoro è forse una tra le emergenze più gravi: si intravede una soluzione per la vertenza Pfizer ma tanti i tavoli di crisi ancora aperti: da Blutec ai 534 lavotori dei call center ex Alitalia. Come vi state muovendo rispetto a queste vertenze?
“La quarta tappa del tour nazionale dell’Ugl si è svolta in Sicilia proprio allo scopo di stimolare un dibattito politico e sindacale sui numerosi tavoli di crisi aperti e su temi di interesse regionale, definendo le linee programmatiche dell’azione sindacale. In merito alle vertenze in corso abbiamo chiesto al Governo di convocare un incontro fra parti sociali ed enti locali per discutere delle misure da adottare con urgenza per far fronte al rischio desertificazione industriale del Paese”.
Navigator: quattro mesi di tempo per discutere del futuro di 1.900 lavoratori. Quali soluzioni proporrete?
“Come sindacato Ugl riteniamo prioritario garantire la continuità lavorativa all’interno di una riforma complessiva dei Centri per l’impiego. Tale vicenda ha assunto ormai i tratti del paradosso dimostrando, peraltro, l’inconsistenza delle politiche attive del lavoro che avrebbero dovuto accompagnare una misura fallimentare quale il reddito di cittadinanza”.
Centri per l’impiego: al via i concorsi per le nuove assunzioni ma a che punto siamo sotto il profilo della loro “funzionalità”? Il problema non è mai stato solo la carenza di personale ma anche uno scollegamento con il mercato del lavoro e una dotazione informatica insufficiente: su questi due fronti ci sono stati passi in avanti?
“Al momento la situazione non sembra essere migliorata. Servono maggiori risorse a sostegno di percorsi comuni di specifico apprendimento, nell’ottica di accompagnare il fenomeno della transizione energetica e digitale in atto, anche attraverso il rifinanziamento del Fondo nuove competenze. In un quadro di profonda e radicale trasformazione del mondo del lavoro, l’aspetto formativo assume un ruolo essenziale che va legato, tuttavia, ad una specifica domanda, al fine di rispondere in maniera efficace alle esigenze di nuove professionalità”.
Come secondo lei la pandemia e la crisi che ne è derivata hanno cambiato il rapporto tra cittadini e sindacati? Come è cambiata la vostra lotta a favore i diritti dei lavoratori?
“Indubbiamente la pandemia ha accentuato precarietà e polarizzazione del mercato del lavoro. La sfida più importante per il sindacato è quella di ricercare nuovi fattori di aggregazione per uscire dalla progressiva individualizzazione e ‘svalorizzazione’ del lavoro. Con il Rapporto Cenis-Ugl presentato in occasione della Festa dei Lavoratori, abbiamo voluto sottolineare non solo le trasformazioni in atto, ma soprattutto le condizioni dei lavoratori, in molti casi sottopagati, bisognosi di più formazione professionale, con scarse tutele. Occorre, quindi, invertire al più presto la rotta. Il lavoro deve tornare a svolgere il suo ruolo di realizzazione personale e sociale e, soprattutto nei momenti di crisi, sostenuto con un welfare dignitoso”.