Jacopo Coghe, portavoce Associazione Pro vita e famiglia - QdS

Jacopo Coghe, portavoce Associazione Pro vita e famiglia

Jacopo Coghe, portavoce Associazione Pro vita e famiglia

Chiara Borzì, Gabriele D’Amico, Patrizia Penna  |
sabato 28 Maggio 2022

“Casi limite usati per condizionare l’opinione pubblica”

“Rischio abusi su persone più fragili e indifese”

“Per la tutela della vita dal suo concepimento fino alla morte naturale”. È questa la chiara posizione del portavoce nazionale dell’associazione Pro vita e famiglia Onlus, Jacopo Coghe. Si tratta di una delle realtà protagoniste della manifestazione nazionale “Scegliamo la vita” che si è tenuta lo scorso 21 maggio a Roma e che ha portato in piazza circa 40mila persone a manifestare contro eutanasia e aborto.

Cosa pensate della possibilità che il suicidio assistito diventi legale in Italia?
“Siamo contrari a proposte di legge come quelle su suicidio assistito ed eutanasia. Le motivazioni sono svariate. Lo Stato dovrebbe alleviare le sofferenze dei malati e non eliminare il sofferente. La sofferenza fa paura e molte volte c’è la tentazione, da parte dei malati, di considerare la morte come unica soluzione. Ma la risposta delle istituzioni a questo grido d’aiuto non può essere quella della morte, perché l’eutanasia infrange un imperativo morale che è alla base della convivenza sociale: quello di non uccidere. In nessuna circostanza lo Stato può rendere lecito l’omicidio di un suo cittadino. Una volta abbattuto questo muro potrebbero perpetrarsi abusi soprattutto nei confronti delle persone più fragili ed indifese”.

Il tema è molto divisivo. Cosa ne pensano i cittadini?
“È un tema che dovrebbe trovare ampio dibattito sui media. Cosa che attualmente non c’è. Anzi, vengono sfruttati i casi limite, come quello di Dj Fabo, per tentare di orientare l’opinione pubblica. I casi di risveglio dal coma o di attuazione delle cure palliative (a cui purtroppo possono accedere solo una piccola percentuale di malati in Italia a causa dei pochi fondi dedicati) non vengono citati. Per quanto riguarda la Sicilia, avendo il polso della situazione dagli attivisti sul territorio, confermo la disinformazione che esiste anche a livello nazionale. Tuttavia, una volta informate, le persone acquisiscono una nuova consapevolezza e non tutti sono favorevoli al suicidio assistito. Soprattutto per quella serie di paure e di rischi verso cui si andrebbe se si legalizzasse questa pratica”.

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