In un periodo in cui si passa da un'emergenza all'altra, l'informazione è sempre più veloce. E con le news da fonti ufficiali, corrono anche le bufale. I dati del report Censis-Ital Communication.
Pubblicato il Secondo Rapporto annuale sulla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana, redatto dall’Osservatorio permanente Ital Communications e Censis. Il dato più evidente, purtroppo, è uno: le fake news si moltiplicano e bisogna prestare molta attenzione alla comunicazione e all’informazione sulle emergenze.
“Il Covid-19 prima, la guerra poi: la cronaca degli ultimi mesi ha dimostrato che ci dobbiamo abituare al susseguirsi di emergenze planetarie imprevedibili e inimmaginabili, in cui la comunicazione gioca un ruolo fondamentale nella rappresentazione della realtà e incide fortemente sulla formazione delle coscienze e sui comportamenti individuali”. Questo si legge nell’introduzione del report, che evidenzia da subito le difficoltà legate all’informazione corretta in questi tempi difficili.
Tra un’emergenza e l’altra, la domanda d’informazione “esplode”
Nell’era digitale, è sempre più comune volere tutto e subito. Questo vale anche e soprattutto per l’informazione. Per i giornalisti è vitale confermare le fonti e scrivere più velocemente, per i lettori avere risposte precise e possibilmente brevi alle domande.
La richiesta per il settore news, tra guerra in Ucraina ed emergenze globali, è più alta che mai. L’emergenza quotidiana ha generato una domanda di informazione inedita da cui nessuno è escluso. “Il
97,3% degli italiani nell’ultimo anno ha cercato notizie su tutte le fonti disponibili, off e online, per una media di 2,7 fonti consultate per ciascuno. L’emergenza ha dunque accelerato il percorso verso un ecosistema mediatico più digitale e più articolato, determinando cambiamenti anche nel rapporto
con i media”, si legge nel rapporto Ital Communications-Censis.
Inoltre, lo stato di perenne emergenza che tanto tormenta informatori e informati ha provocato un altro effetto: la gente non attende più che vengano divulgate le notizie, ma partecipano sempre più alla creazione di news. Nel report, questa “novità” – alimentata sicuramente dalla popolarità dei social media – si chiama “democratizzazione dei contenuti“. Ha avuto i suoi effetti positivi, contribuendo a dare voci a diversi tipi di informazione e velocizzando anche il reperimento di materiali.
Il lato “oscuro” dell’informazione: le fake news
L’altra faccia della medaglia, però, è che il web ha dato voce a tutti. Compresi coloro che diffondono notizie false. Si è visto più volte, dalle teorie complottiste contro i vaccini anti-Covid alla propaganda sulla guerra in Ucraina, dal cambiamento climatico ai commenti su tragedie di varia natura. Tanti contenuti hanno avanzato solo ipotesi e domande legittime, ma altri – dannosi – alimentano allarmismi e cospirazioni.
Il dato presentato nel rapporto Ital Communications-Censis è chiaro: “Almeno l’83,4% degli italiani si è imbattuto almeno in una fake news sulla pandemia e il 66,1% in una notizia falsa sulla guerra“. Le notizie false sono ormai la normalità e, d’altra parte, i lettori non sempre verificano l’autorevolezza delle fonti consultate.
Nel report le previsioni per il futuro non sembrano buone: “La cattiva informazione, prodotta per fini commerciali o politici, o nata spontaneamente dal basso per mancanza di fiducia nelle fonti informative ufficiali, per bisogno di semplificazione, per voglia di protagonismo o per divertimento, continuerà a circolare”.
Dove e come si informano gli italiani
Per quanto riguarda l’emergenza Covid, prevale l’informazione dei media tradizionali. Ma emerge un dato interessante: social e app di messaggistica istantanea sono diventati lo strumento ideale per rendere un contenuto virale. Un bene, se si tratta di un avviso pubblico e rilevante; un male, invece, se si parla di fake news. Proprio su WhatsApp, Messenger e social vari le bufale su Covid, guerra, cambiamento climatico ed emergenze varie hanno trovato il loro terreno fertile.
Tra i lettori, però, c’è chi non si fa ingannare e predilige un approccio più tradizionale all’informazione, facendo affidamento ai media tradizionali o almeno alle fonti più affidabili e complete (anche a costo di avere lo “scoop” del giorno un po’ dopo rispetto agli altri).
“Conservatori” VS “innovativi”
In Italia esistono 9 milioni di “conservatori”, che si sono informati sulla pandemia solo attraverso i media tradizionali. Tra loro prevalgono le donne (57,1%), gli over 65 (62,5%), persone con titoli di studio medio–bassi (il 30,8% ha la licenza elementare) o che vivono da sole (20% contro una media del 16,8%) o in coppie senza figli (44,0%). Il 37,1% di loro risiede al Sud o nelle Isole.
Al polo opposto, ci sono i 14 milioni di “innovativi”. Questi hanno scelto di andare oltre tv, quotidiani e radio, affidandosi anche a media online e prediligendo soprattutto gli strumenti che permettono una maggiore personalizzazione dei contenuti. In questo gruppo rientrano per lo più giovani (il 35,9% ha meno di 35 anni).
A prediligere un “mix” di vecchio e nuovo sono la maggior parte degli italiani: circa 32 milioni di persone in totale.
L’informazione trasformata e le sfide per il futuro
La pandemia ha modificato le abitudini degli italiani: secondo il rapporto sulla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana, “oggi l’83,5% della popolazione naviga sul web e il 70,4% è convinto che il digitale stia semplificando e migliorando la propria vita”.
In un mondo in cui il digitale prevale, però, è importante per il mondo dell’informazione costruire news verificate e garantire l’accesso a contenuti di qualità, personalizzabili e, soprattutto, senza fake news.
“Gli italiani si aspettano dalle fonti informative ufficiali accuratezza, responsabilità, terzietà e toni pacati. È questa la grande sfida dell’informazione del futuro, cui devono contribuire tutti coloro che operano nel mondo della comunicazione per fare informazione di qualità, on e offline: mantenere la propria specificità, che sta nella sobrietà, nell’imparzialità e nella qualità dei contenuti, e insieme riuscire a fare audience e a contenere i costi in un ecosistema dell’informazione sempre più orizzontale e diversificato, dove il mondo dei social avrà sempre più spazio, e in cui è necessario trovare i modi per avvicinarsi alla comunità degli utenti, che oggi coincide con la totalità degli italiani”. Questa la conclusione del report, presentato ieri nella Sala Capitolare di Palazzo della Minerva a Roma.
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