Il Superbonus fa 90 e spaventa le imprese. Da rivedere ma non da distruggere - QdS

Il Superbonus fa 90 e spaventa le imprese. Da rivedere ma non da distruggere

redazione

Il Superbonus fa 90 e spaventa le imprese. Da rivedere ma non da distruggere

Gabriele D'Amico  |
venerdì 11 Novembre 2022

Governo riduce la detrazione e restringe la platea dell’incentivo che ha aiutato l’economia (circa 400 mila occupati) e l’ambiente (-1 milione di tonnellate di CO2). L’Ance insorge

Nella bozza del Dl “Aiuti Quater” arriva l’ennesima modifica al Superbonus, la misura che praticamente ormai viaggia al ritmo di una revisione ogni due mesi. Il Governo Meloni intende portare la detrazione dal 110% al 90% e non dal 2024, ma addirittura dal 2023, nonostante una precedente legge avesse dato un diverso orizzonte ai condomini. Non solo, ma vengono posti alcuni paletti non indifferenti: anzittuto l’immobile, per cui si chiede l’incentivo, dovrà essere adibito ad abitazione principale; inoltre – si legge ancora nella bozza circolata – il contribuente non dovrà avere un “reddito di riferimento” superiore ai 15 mila euro (ma qui occorrerà capire se si fa riferimento all’Isee o meno).

Una stretta che rischia di smantellare una misura che comunque ha permesso di avviare la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, riducendo le emissioni di CO2 (un milione di tonnellate in meno tra il 2019 e il 2022 secondo Nomisma).

La Decarbonizzazione si allontana

Proprio la decarbonizzazione degli edifici è un punto chiave per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050. È quanto sostenuto anche da Legambiente e Kyoto Club nel loro nuovo report “Il settore edilizio verso una nuova sfida: la decarbonizzazione delle costruzioni”. Stando a quanto riportato dalle due associazioni ambientaliste, la riqualificazione degli edifici consente di risparmiare fino al 75% di emissioni rispetto a una nuova edificazione.

Peraltro, come evidenziato anche dalla Commissione europea, il settore delle costruzioni è responsabile da solo del 40% della domanda di energia primaria nell’Ue e del 36% delle emissioni di gas serra. In Italia, nello specifico, il comparto contribuisce per il 27,9% alla domanda di energia e per il 24,2% alle emissioni climalteranti.

Questo perché è un patrimonio in gran parte vecchio: il 62,3% del patrimonio abitativo e il 37,8% di quello destinato ad altri usi, infatti, ricade in classi energetiche molto basse, F o G. Al momento il tasso annuo di ristrutturazione profonda in Italia è dello 0,85% e permette di tagliare i consumi tra i 4 e i 5,5 TWh all’anno (e le emissioni tra 0,8 e 1,1 MtonCO2 ). “Sommando questi risultati con quelli ottenibili dalle nuove costruzioni maggiormente efficienti – si legge nello Smart Building Report 2022, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano -, , al 2030 gli edifici in classe energetica A o superiore arriverebbero al 12,8% contro l’attuale 5,1%. Tuttavia, non sarebbe ancora sufficiente: per centrare gli obiettivi europei di -55% emissioni a fine decennio, il tasso di ristrutturazione profonda dovrebbe aumentare del 50%”.

La riqualificazione energetica costa

Gli effetti del Superbonus 110% hanno permesso di registrare un netto aumento delle opere di riqualificazione energetica, nel corso del 2021 rispetto all’anno precedente. È quanto risulta dal recente rapporto annuale pubblicato da Enea. L’investimento medio è stato decisamente superiore negli edifici condominiali (72%), interessando anche gli edifici unifamiliari (15%) e le unità immobiliari funzionalmente indipendenti (13%).

A confermare questo aumento di interventi volti a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici è la crescita, nel 2021, degli attestati di prestazione energetica (i cosiddetti Ape) relativi alle classi energetiche migliori (da A1 a A4). Secondo l’Ente, gli investimenti effettuati con l’agevolazione ammontano a circa 55 miliardi di euro a fine ottobre (un nuovo balzo rispetto ai 51,2 miliardi registrati a fine settembre), con detrazioni a carico dello Stato previste a fine lavori che superano i 60,5 miliardi di euro.

Continuano a crescere anche le asseverazioni, ovvero le certificazioni redatte da tecnici abilitati che attestano il rispetto dei requisiti tecnici degli interventi effettuati e che permettono di ottenere il Superbonus. Secondo l’ultimo rapporto Enea, infatti, queste certificazioni sfiorano quota 327mila, contro le 307mila di fine settembre. Nonostante le tante difficoltà sorte nell’ultimo periodo (dalle prese di posizione al mancato acquisto dei crediti da parte delle banche) i lavori conclusi ammessi a detrazione sono pari a quasi il 70% del totale: in termini economici vale a dire un investimento di 38,3 miliardi.

Truffe? Sotto l’1%

I detrattori della misura usano come principale critica quella delle frodi generate dal superbonus, a causa di prezzi gonfiati o addirittura di lavori mai effettuati. Il fenomeno esiste: l’ultimo rapporto della Guardia di finanza, relativo al mese di luglio, ha rilevato truffe per 5,6 miliardi di euro, ma va specificato che riguardano tutti i bonus edilizi esistenti (e in particolare l’agevolazione più “abusata” sarebbe stata il bonus facciate).

Rispetto al Superbonus, in particolare, gli interventi irregolari rappresenterebbero comunque una piccola parte. L’ultima fotografia “completa” è stata scattata da Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, nel corso dell’audizione presso la V commissione Bilancio del Senato, che si è tenuta lo scorso 10 febbraio. In quell’occasione ha raccontato come, facendo riferimento ai dati conosciuti fino a quel momento e dichiarati dalla Guardia di finanza, il totale delle frodi per tutti i bonus ammontava a 4,4 miliardi, di cui però solo il 3% riguarda va il superbonus: vale a dire in valore assoluto 132 milioni di euro. Fino a ieri abbiamo chiesto all’Agenzia delle Entrate dati più recenti, ma ci è stato risposto che in questo momento non possono essere resi pubblici.

Possiamo comunque ipotizzare, tenendo ferme le percentuali di febbraio, che a luglio le frodi sul superbonus siano arrivate a 168 milioni, cioè rispetto al dato degli investimenti rilevati nello stesso mese (circa 40 miliardi) solo lo 0,4% del totale. Ovviamente si tratta di un dato molto approssimativo che solo l’Agenzia delle Entrate può confermare o smentire. Va comunque detto che negli ultimi mesi sono peraltro state inasprite le regole, con l’obbligo della video-ripresa degli interventi asseverati.

Crediti incagliati

La misura, però, allo stato attuale si trova in un vicolo cieco o quasi. Dallo stop alla cessazione dei crediti ai sei miliardi bloccati perché non acquistati dalle banche. Fattori che comportano da un lato il mancato avvio di nuovi cantieri e dall’altro il sempre più vicino fallimento di oltre 50mila imprese edili i cui cantieri sono rimasti fermi. L’ultimo in ordine temporale a fermare l’acquisto dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi è Poste Italiane. Non si tratta, va detto, di un cambio di rotta improvviso, piuttosto di un allineamento ai principali istituti di credito presenti sul mercato.

Gli unici istituti che sono rimasti disponibili ad accettare nuove pratiche sono solo Intesa Sanpaolo e Bnl. In ogni caso a condizioni più onerose rispetto a quelle dell’anno scorso. Basti pensare che nel 2021 ogni 100 euro di spesa, grazie al Superbonus, si ottenevano 102 euro; oggi se ne ricavano circa 95. Riduzione dovuta principalmente dall’aumento del costo del denaro in atto. I blocchi alla cessione del credito, che di fatto si traducono nel non accettare nuove pratiche mantenendo quelle in corso, sono dovuti principalmente alla capacità fiscale ormai in esaurimento. Le banche hanno quindi quasi esaurito la possibilità di assorbire nuovi crediti.

Soluzioni. Al vaglio del Governo

“Se c’è una cosa che non è accettabile è che questa normativa cambi ogni mese e mezzo, questo non ce lo possiamo più permettere”. Sono le parole dette dal sottosegretario al ministero dell’Economia, Federico Freni, durante un’intervista a Radio 24. L’obiettivo è quello di inserire già nella prossima Legge di bilancio interventi volti a fermare le continue modifiche sul tema. “Non possiamo più accettare – ha continuato – che ci siano imprese con cassetti fiscali pieni di crediti che non riescono a scontare. Ci sarà un nuovo intervento sui crediti, qualcosa per sbloccarli in modo definitivo. Troveremo una soluzione per dare respiro a queste imprese, ma questo respiro non può essere un bagno di sangue per lo Stato”.

Secondo Federico Frattini, responsabile dell’Osservatorio e vicedirettore dell’Energy&Strategy, è giusto puntare su una via di mezzo: “Crediamo che gli incentivi siano determinanti per centrare gli obiettivi europei di decarbonizzazione, ma l’analisi che abbiamo condotto indica che dovrebbero essere strutturali, avere procedure più snelle e rendere il cittadino co-partecipe dei costi almeno per il 10-15%”.

Resta però il rischio che di fatto l’incentivo diventi impossibile da far approvare in condominio. L’ipotesi del 90%, alle condizioni attuali, finirebbe per coprire circa il 75% del valore dei lavori. Se a questo dato si aggiungono anche le spese non detraibili previste nelle riqualificazioni, un contribuente potrebbe arrivare a pagere un buon 30% di spesa. Di fatto il Superbonus andrebbe da 110 a 70.

Sindacati e associazioni costruttori sulle barricate
“Danni gravi per centinaia di famiglie e imprese”

ROMA – Le modifiche al Superbonus 110% hanno creato non poco scompiglio tra i rappresentanti del mondo delle costruzioni. Prima fra tutti l’associazione dei costruttori, l’Ance, che riunitasi in consiglio generale nella giornata di ieri ha espresso un forte grido di allarme di fronte alle modifiche della misura che secondo alcune indiscrezioni sembrerebbero entrare in vigore in tempi strettissimi mettendo in grande difficoltà famiglie e imprese.

“Impensabile cambiare le regole in corso ancora una volta e con effetto immediato, senza per giunta aver individuato una soluzione per sbloccare i crediti incagliati”, ha dichiarato la presidente Brancaccio. Secondo l’Ance senza un regime transitorio e una soluzione concreta per sbloccare i crediti incagliati, come quella individuata insieme all’Abi che prevede l’utilizzo degli F24, il superbonus si bloccherà per sempre con gravi conseguenze sia sul piano economico che su quello della transizione ecologica.

A insorgere è stata anche Federcostruzioni. “Le notizie riguardo le modifiche al Superbonus – ha dichiarato Paola Marrone, presidente di Federcostruzioni – che il Governo sarebbe in procinto di approvare, con una accelerazione del decalage della percentuale di detrazione, provocano sconforto, soprattutto perché arrivano senza un confronto con le categorie produttive”.

Secondo la presidente una modifica in corso d’opera ed effettuata in questo momento getterebbe definitivamente nel caos il mercato “con centinaia di famiglie e imprese gravemente danneggiate”. La stessa amarezza per l’assenza di confronto con le parti civili l’hanno espressa i sindacati edili. “Il superbonus – dichiarano in una nota Vito Panzarella, Enzo Pelle e Alessandro Genovesi, segretari generali dei sindacati delle costruzioni FenealUil, Filca Cisl e Fillea Cgil – può e deve essere migliorato, puntando su maggiore qualificazione delle imprese, rispetto dei contratti collettivi e delle norme su salute e sicurezza; differenziando le percentuali in proporzione al miglioramento energetico e sismico e mantenendo il 110% e la cessione del credito in particolare per condomini, case popolari e più in generale per incapienti e cittadini a basso reddito”.

“Ma – proseguono i sindacati – va migliorato con un confronto con le parti sociali, imprese e sindacati, e garantendo un periodo transitorio in modo da non fermare i cantieri in essere e quelli già contrattualizzati. Stiamo parlando di migliaia di imprese e decine di migliaia di lavoratori che rischiano di saltare. Questo non è ammissibile”.

Crescita Pil e decarbonizzazione compensano i costi per lo Stato

A fotografare l’importanza del Superbonus 110% e il valore economico che è in grado di generare è stata Nomisma. Lo ha fatto con il “Primo bilancio sociale e ambientale del superbonus 110%” pubblicato lo scorso 13 luglio. Lo studio ha rilevato che 38,7 miliardi di euro di spesa in superbonus (il totale degli investimenti statali fino a giugno di quest’anno) hanno generato 124,8 miliardi di euro composti da 56,1 miliardi di effetto diretto (la spesa aggiuntiva in superbonus genera una produzione nel settore delle costruzioni ed in tutti i settori che devono attivarsi per produrre semilavorati, prodotti intermedi e servizi necessari al processo produttivo), 25,3 miliardi come effetto indiretto e 43,4 miliardi come effetto indotto.

“Da recenti analisi pubbliche – si legge nel documento – risulta che l’effetto avanzo/disavanzo che il Superbonus produce sulle casse dello Stato è negativo rispetto all’investimento eseguito, ma che il contributo della generazione del Pil nell’intero sistema economico riesce a compensare la spesa e a generare valore aggiunto prevedendo un riassorbimento della spesa nel medio-lungo periodo”. Il Superbonus 110% oltre ad aver generato un notevole valore economico ha un’estrema importanza anche dal punto di vista ambientale. Secondo l’Istituto la misura ha già consentito di contenere in maniera significativa l’impronta ecologica del settore edilizio in Italia con la riduzione di 979mila tonnellate di CO2 (un quantitativo immagazzinabile da circa sei milioni di alberi) che è pari a circa il 50% delle emissioni originarie. Inoltre, ha dato anche un impulso alla produzione di energia rinnovabile con quasi il 50% dell’incremento di potenza di pannelli fotovoltaici installati sul parco immobiliare italiano.

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