La Corte dei Conti ha sospeso il giudizio di parifica e sollevato il conflitto al livello più alto, davanti la Corte Costituzionale.
Purtroppo non è il limbo rock di Chubby Cheker, quello era scanzonato e faceva ballare le persone, qua invece ballano i conti della Regione Siciliana. La Corte dei Conti ha sospeso il giudizio di parifica e sollevato il conflitto al livello più alto, davanti la Corte Costituzionale. Tra ninnoli e nannoli ballano quasi un miliardo, nelle 850 pagine di pelo e contropelo sui conti della Regione.
L’assessore Falcone si dice sereno, che il giudizio della Suprema Corte sarà evitato da una norma interpretativa del governo amico presieduto dalla Meloni. Governo al quale abbiamo appena richiesto altri 600 milioni di disavanzo fresco che però non sembra che siano stati ancora concessi. Certamente il governo Schifani inizia in totale stallo a governare. Non può approvare il rendiconto finanziario, non avendo la parifica del bilancio precedente, e pertanto una serie di spese non le potrà fare. Soprattutto non può ad oggi assumere esterni, tanto che lo stesso Schifani ha dovuto richiamare in servizio un dirigente in pensione di vaglia, l’ex Ragioniere Generale Totò Sammartano, per supportare il suo gabinetto.
Di fatto senza poter contrattualizzare truppe fresche, la politica sarà costretta a richiamare, gratuitamente, frotte di pensionati volenterosi. Magari quelli che odiano i giardinetti, ed hanno una moglie, o un marito, petulante a casa, e lavorerebbero gratis, pur di non stare tra le mura domestiche. Come soluzione amministrativa sembra alquanto infeltrita, non se l’abbiano a male i pur valenti pensionati.
Fare una finanziaria a dicembre si capisce non c’è alcuna possibilità, pertanto invece di approvare inutili variazioni di bilancio, che saprebbero di marchette prenatalizie, bisognerebbe già chiedere l’esercizio provvisorio e cominciare a fare una seria operazione verità sui conti regionali. Con l’approvazione del 118, la norma che regola la contabilità pubblica, era finita l’era della polvere da mandare sotto il tappeto, ma pare che alla Regione non se ne siano accorti. Ma i nodi vengono prima o poi al pettine, e questo sa molto di nodo scorsoio. Senza bilancio la Regione dovrà cercare di barcamenarsi in dodicesimi scarni e scarsi, fino a quando o la Corte Costituzionale non deciderà in merito, oppure se e quando il governo non tirerà fuori una norma interpretativa che salvi la Sicilia, e non scassi altri conti dello Stato, visto che altre Regioni o Comuni potrebbero utilizzarla. La qualcosa non penso faccia felice il MEF e Giorgetti, che comincerà a guardare la Sicilia con gli occhi padani antichi.
Cantare messa senza vino è da sempre difficile, e il profetico De Luca lo aveva preannunciato in Sala d’Ercole il giorno delle dichiarazioni programmatiche di Schifani. Il rischio è che le stesse si risolvano in una vuota liturgia della parola, senza un bilancio che supporti le buone intenzioni, di cui ci ricordiamo che sono lastricate le vie dell’inferno. Anni di finanza creativa ci hanno ridotto a questo bilancio non parificato, cioè non conforme. Una società privata rischierebbe la liquidazione o il default, ma la politica siciliana sembra sorda e ragionieristicamente ignorante. Rimane agli atti, quando è stato eccepito un problema analogo al Comune di Palermo, la frase emblematica di Leoluca Orlando, “non son mica un ragioniere io”. Come se la politica fosse un qualcosa di metafisico, che può prescindere dal volgare far di conto. Le abitudini di fare consenso son dure a morire. Ma la matematica non sempre è un’opinione, soprattutto quando la coperta è corta e mette in difficoltà poteri superiori.
Già in Parlamento c’era una maggioranza fantasma, ora senza soldi per i deputati, per i loro accoliti, diventa difficile tenere un mosaico senza colla. Chiedere ai maestri che hanno realizzato quel capolavoro da ottava meraviglia che è la Cappella Palatina.
Così è se vi pare.