Quadruplicare i controlli
Con il decreto del Consiglio dei Ministri è stata approvata la nuova formulazione del Codice degli appalti. Si sono levate alcune voci lamentando la diminuzione dei controlli. Chi le ha emesse è dotato di stoltezza perché, semmai, dovevano essere eliminati ulteriori controlli.
La questione di fondo è una: nel settore delle opere pubbliche è indispensabile combattere la corruzione con i mezzi più efficaci e rapidi. Ma questo nobile obiettivo è stato stravolto aumentando cospicuamente il numero e i livelli dei controlli. Questo perverso meccanismo fa aumentare il rischio di corruzione perché nelle pieghe della stratificazione è più facile infilarci le mazzette.
La questione non risiede nel numero di controlli, ma nella loro semplicità ed efficacia. Non solo. Risiede soprattutto nell’effettività degli stessi, cioé che non siano di carattere formale, bensì sostanziale. In altri termini, le verifiche fra i progetti e le opere eseguite vanno fatte sul campo e non in base a rapporti cartacei o digitali, che lasciano il tempo che trovano.
Vi è poi la questione del numero infinito di stazioni appaltanti, le quali di per sé costituiscono occasioni di corruzione. Esse dovevano essere ridotte alquanto e soprattutto riempite di componenti di alto profilo professionale e di alta levatura morale, in modo da assegnare gli appalti in tempi ragionevolmente brevi, respingendo l’assalto alla diligenza di tutti quei corruttori che tentano di tirare il lenzuolo dal proprio lato, danneggiando così gli altri.
La questione espressa è estremamente semplice, ma il legislatore fa finta di non vederne la semplicità perché quest’ultimo è influenzato dalle lobbies che tentano di gestire i parlamentari delle Commissioni, in modo da rendere il più farraginoso possibile il testo del Codice, secondo la logica che meno è chiaro e meno ci si raccapezza.
La semplicità, scrivevamo, dovrebbe essere la caratteristica principale del Codice degli appalti. Non possiamo dire che essa sia presente nel testo testé approvato. Tutt’altro, perché la maledetta abitudine di scrivere frasi tortuose e poco chiare è la conseguenza sia di cattiva capacità professionale, che della volontà di rendere oscuri i testi per facilitare la corruzione.
Da più parti viene ormai evocata questa parola, comprendendo che essa è il cancro principale del nostro Paese, che a sua volta genera un secondo e non meno deleterio cancro: l’evasione fiscale e contributiva.
Le istituzioni (centrali, regionali e locali) hanno dimostrato incapacità a combattere tale corruzione perché i loro rappresentanti non hanno le qualità professionali e morali necessarie, usando quelle armi eccezionali come la chiarezza e la semplicità per evitare tortuosismi e ingarbugliamenti inseriti ad hoc.
Se le norme non hanno queste caratteristiche, corrotti e corruttori ne utilizzano le pieghe per il loro tornaconto a scapito di imprese e cittadini/e. Dal che ne consegue che tutti i parlamentari che approvano testi volutamente complicati (che non vuol dire complessi) lo fanno per ignoranza, per supponenza o per disonestà.
Ecco perché i candidati, prima di essere inseriti nelle liste, per legge dovrebbero essere esaminati sia per le competenze che per la loro moralità.
La corruzione si trascina il cosiddetto “nero”, cioè quel volume d’affari che sfugge alla tassazione indiretta e diretta.
Se è vero che da una comune e plurima stima l’evasione fiscale ammonta a cento miliardi – di cui ventisei miliardi di evasione di Iva indicata dall’Unione europea – se ne può dedurre che, come abbiamo più volte scritto, il volume d’affari non tassato può essere stimato in circa trecento miliardi.
Ora, è vero che la maggiore evasione – conseguente al volume d’affari nascosto e quindi alla corruzione – si annida soprattutto nei grandi gruppi internazionali, ma è anche vero che una buona parte di essa riguarda piccoli e medi imprenditori e piccoli e medi professionisti. Dal medico che non rilascia fattura, all’idraulico, al costruttore e riparatore, che fanno lo stesso.
Una folla di cittadini/e che la mancanza di controlli non riesce ancora a identificare, segno dell’attuale nostra inciviltà.