Perseguire subito la pace
Il 5 marzo 2014, il Washington Post pubblicò un corposo articolo di Henry Kissinger, ex segretario di Stato sotto la presidenza di Richard Nixon e Gerald Ford.
Il lucidissimo Kissinger, oggi novantanovenne, mise in guardia l’amministrazione statunitense dal creare i presupposti perché si scatenasse una guerra al centro dell’Europa fra Ucraina e Russia. Egli prospettava l’ipotesi che quel Paese diventasse una specie di cuscinetto (tipo svizzero) fra l’Europa e la Russia, anche come stanza di compensazione. Quindi, mai l’Ucraina sarebbe dovuta entrare nella Nato perché questo avrebbe scatenato l’ira di Putin.
In altri termini, lo statista americano palesò senza mezzi termini il rischio che un comportamento non neutrale dell’Ucraina avrebbe potuto creare i presupposti per un’invasione russa. “Non offrite un motivo gratuito a Putin perché scateni la guerra”, scrisse Kissinger.
Con le elezioni del 2019, il Governo ucraino, che aveva simpatie per la Russia, fu sostituito dal Governo a guida dell’attuale presidente Volodymyr Zelensky, il quale, ignorando l’avvertimento di Kissinger, si gettò nelle braccia dell’attuale presidente americano, Joe Biden, dimenticando che all’interno del suo Paese – seppure una maggioranza di due terzi l’avesse eletto – vi era comunque una robusta minoranza di circa un terzo che manteneva le simpatie per la Russia.
Se fosse stato una persona di buonsenso, se avesse avuto a cuore l’interesse del suo popolo – di tutto e non di una parte di esso – Zelensky avrebbe messo in atto il consiglio del vecchio Kissinger, dato con l’articolo citato di otto anni prima, e avrebbe tentato di trasformare il suo Paese in una nuova Svizzera del Nord-Europa, dal che sarebbero venuti notevoli benefici economici, culturali e finanziari per tutta quella popolazione di oltre quaranta milioni di abitanti.
Invece, stoltamente Zelensky, teleguidato da Washington, ha messo in atto tutta una serie di comportamenti che hanno creato la reazione di Putin, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
La conseguenza più evidente di cui parla poco l’informazione omologata, è che oltre venti milioni di quei poveri/e cittadini/e ha perso la casa, il lavoro e vive in condizioni tremende, come se il tempo fosse andato indietro di decine di anni.
Si stima che per la ricostruzione di quel Paese occorrano oltre mille miliardi di dollari (o di euro, fate voi).
Il tran tran della guerra, evento terribile e disumano, è passato in secondo piano, per cui anche l’informazione omologata se ne occupa sempre di meno. Non per questo il disastro in Ucraina diminuisce di intensità, anzi aumenta giorno per giorno la sofferenza di quella popolazione, con tutti i gangli fondamentali dell’energia, dei trasporti, delle reti idriche e fognarie semi distrutte.
Secondo un sito ucraino, si leva sempre di più la voce del popolo, che vorrebbe si effettuasse un referendum pro o contro Zelensky, per la pace o per la guerra. Ma da questo orecchio il “bravo” attore-comico non ci sente, mentre ascolta con “fedeltà” la Voce del Padrone.
In questo quadro, non possiamo sottovalutare gli enormi danni economici e finanziari che hanno subito gli stolti Paesi dell’Unione Europa, i quali, anch’essi come cagnolini, hanno applicato le sanzioni economiche nei confronti della Russia che stanno provocando più danni a chi le ha messe in atto che non a chi le ha subite.
La stoltezza del comportamento sta nel fatto che mai tali sanzioni avrebbero piegato un regime dittatoriale come quello di Putin, altamente colpevole per aver scatenato una guerra.
Ed infatti, il regime non si è indebolito, anche per il supporto della Chiesa ortodossa di Kirill, capo supremo, che sostiene fortemente Putin. E siccome la religione è fortemente radicata nel popolo russo, anch’esso sostiene Putin.
A questo punto, con un atto di improbabile rinsavimento, i Ventisette dovrebbero chiudere questa annosa partita, togliendo le sanzioni economiche alla Russia, pur continuando a sostenere l’Ucraina con le armi finché gli Stati Uniti non vorranno far cessare questa gravissima guerra.